30 marzo 2013

ESCLUSIVA: DENUNCIATA PAGINA E PROFILO DI PEDOPORNOGRAFIA SU FACEBOOK

ESCLUSIVA: DENUNCIATA PAGINA E PROFILO DI PEDOPORNOGRAFIA SU FACEBOOK

 

30.03.2013

Purtroppo la giornata di oggi che precede la "santa Paqua" , è stata caratterizzata da un episodio a dir poco increscioso e terrificante..



 Ho ricevuto una notifica sullo smartphone  da amici su Twitter che mi hanno segnalato un link, non capivo cosa fosse successo e mi sono prontamente prodigato ad accendere il computer per accertare l'entità dell'accaduto... e cosa mi trovo davanti? un link che portava al profilo di una pagina "facebook" ove era esplicitamente pubblicata una fotografia caricata la scorsa notte, contenente un'immagine a dir poco strenuante... una bambina neonata seviziata in modo palese da un uomo adulto...
A questo punto rimasto allibito, mi sono fermato ed ho prontamente chiamato le forze di Polizia, ove ho esposto l'accaduto.. dopo aver parlato con le A.G. competenti, ho avuto una grande disponibilità ad aiutarmi in merito al "grave reato che avevo rinvenuto", una pattuglia della Polizia di Stato è subito intervenuta in loco, ove assieme agli agenti di P.G. abbiamo ravvisato il tutto e verbalizzato l'evento "orribile", salvando ogni tipo di prova atta all' avvio delle procedure giudiziarie in merito al reato di "pedopornografia infantile".


La denuncia e l'esposizione dei fatti è già stata fatta in ogni sua forma e peraltro invito tutti a non intasare le Forze di Polizia in quanto come già detto sopra, sono state avviate tutte le procedure d'urgenza del caso e quindi avviata la denuncia alle A.G. competenti.
Spero che questi episodi possano essere combattuti ed eliminati, collaborando con le Forze dell'ordine per aiutare e prevenire tali "atrocità" che purtroppo sono diventate una piaga sociale nella società moderna.
I bambini non si toccano, potrà sembrare solo un motto , ma è la ragione per cui lotto ogni giorno e lottiamo assieme per rendere un mondo migliore.

Paolo Colleoni

RIPRODUZIONE RISERVATA © Associazione Children Protection World

29 marzo 2013

ESCLUSIVA:BIMBO DI 5 ANNI DIVENTA UNA BAMBINA

Bimbo di cinque anni diventa una bambina 

 

 

Un bambino inglese di 5 anni si sente una bambina e gli viene diagnosticato un disturbo mentale, proprio nella libertina e "disillusa" Inghilterra. La PROVA сhe l'omosesualita' e' un DISTURBO MENTALE e che non e' una libera scelta cosciente dell'individuo? Alcuni medici propongono un cambiamento del sesso attraverso gli ormoni perche' non si sa neppure come risolvere questo problema, in deciso aumento (sara' l'inquinamento da metalli pesanti, come sospettato per l'autismo minorile?)




Questa è la storia di un bimbo inglese, di nome Zach Avery, che non riusciva proprio a vivere tra macchinine, robottini e pistole giocattolo. Fin da piccolissimo — i genitori sostengono fin dall'età di 3 anni- Zach sognava di essere una bambina. Di indossare il tutù rosa, di giocare con Dora l'Esploratrice, di pettinare le bambole. Zach Avery, che oggi ha 5 anni, è il più giovane paziente inglese cui sia stata diagnosticata la GID, ovvero il disturbo da identità di genere (Gender Identity Disorder), in seguito ad approfonditi colloqui con psicolog

Di che cosa si tratta e, soprattutto, è possibile che un bambino così

piccolo possa soffrire di questa patologia? Gli studiosi inglesi

hanno risposto sì alla seconda domanda dimostrando, test alla

mano, che il piccolo Zach soffre di quel disturbo che crea un feroce

conflitto tra l'appartenenza fisica all'uno o all'altro sesso e ciò

in cui ci si identifica. È come se Zach si sentisse, già così piccolino,

una femminuccia intrappolata in un corpicino da maschietto.


Le evidenze di questo disturbo sono comparse all'età di 3 anni: dai racconti della madre, si sa che Zach ha cominciato a fissarsi con giocattoli da bambina, poi a chiedere vestiti da femmina e a rifiutare qualsiasi cosa fosse tipicamente maschile. 'È come se il suo cervello gli dicesse che è una femmina, nonostante il suo corpo', spiegano gli specialisti alla madre diagnosticando la GID al bambino.
Zach è ancora oggi il bambino inglese più giovane a soffrire di questo disturbo (su 167 bambini diagnosticati in Inghilterra, solo 7 avevano meno di 5 anni) ma ora la sua vita è cambiata: da un anno si veste e gioca come preferisce, a scuola i compagni lo trattano come una bambina e da quando anche i familiari e gli educatori lo considerano una femminuccia, Zach è molto più sereno.
La storia di Zach e di bambini come lui ha sollevato molti interrogativi. Come ha sottolineato una recente inchiesta della rivista medica 'Pediatrics', è in crescita il numero di ragazzini e di bambini che pensa di essere nato in un corpo sbagliato. E sempre più genitori e dottori sono convinti che questi bambini debbano essere orientati, anche attraverso terapie farmacologiche e ormonali, al cambiamento di sesso. A Boston si sta studiando a fondo il fenomeno ed è nato il primo ambulatorio americano di identificazione sessuale all'interno di un ospedale per bambini, il Children's Hospital Boston. Qui opera il dottor Norman Spack: 'I pediatri devono sapere che questo genere di bambini esiste, e va supportato', ha detto il medico rispondendo ad alcune domande della Associated Press.


Se è vero che è molto comune tra i bambini cambiarsi 'i connotati', giocare con la fantasia a impersonare i personaggi più svariati, anche di sesso diverso, i bambini che si dicono certi di essere nati con un corpo sbagliato vanno presi molto sul serio. Secondo Spack non si tratta nemmeno di casi di GID, ma di un diverso funzionamento del cervello, che si manifesta fin dalla tenera età e che risulta più simile a quello del sesso opposto.
I numeri? Si stima che un bambino su 10mila soffra di questa condizione. Intervenire con delle terapie è un affare molto delicato. La comunità scientifica è divisa: c'è chi sostiene che le terapie ormonali sono inadatte a bambini e adolescenti che ancora devono svilupparsi pienamente e chi, come il dottor Spack, invece pensa che siano il male minore e che prima vengano fatte, meglio è per il bambino.
Purtroppo molti ragazzini che soffrono di GID arrivano a mutilarsi e a tentare di cambiare con violenza il proprio corpo: sono bambini spesso vittima di episodi di bullismo a scuola e soffrono più degli altri di depressione (con tentativi di suicidio).
Il dibattito su questo tema in America è ancora aperto, nonostante la Endocrine Society, l'Associazione degli endocrinologi, abbia sostenuto pubblicamente la validità del trattamento ormonale anche su minori (ma solo dopo la pubertà, intorno ai 16 anni) con delle linee guida pubblicate anche su You Tube.
Nel frattempo, e su questo psicologi, psichiatri e pediatri ancora si interrogano, i casi di bambini con GID sono aumentati notevolmente negli ultimi anni (un centinaio nell'ultimo decennio) così come le segnalazioni dei genitori nei vari centri specializzati: capire come intervenire, quali terapie applicare e come gestire la socializzazione di questi bambini transgender è una sfida ancora aperta.

LETTERA A MIO FIGLIO

Lettera a mio figlio 

 

 

"Oggi è il tuo sedicesimo compleanno. Vorrei farti i migliori auguri possibili. Cerco di abbracciarti, ma come al solito non ti piacciono gli abbracci delle persone, solo quelli che fai tu. Mi stringi di dietro, afferri i miei capelli con i tuoi denti e tiri. Un attimo ti lascio fare, non ti voglio respingere. Poi sento il bagnato sul collo, mi giro e cerco di liberarmi. La tua festa oggi sarà diversa dai compleanni di altri ragazzi della tua età. Non mi dici cosa vorresti come regalo. Non hai amici che possiamo invitare.
Quando stasera mangeremo la pizza insieme con le persone che si prendono cura di te, forse sarai già a letto. Per te sarà un giorno come qualsiasi altro. Avevo delle idee diverse sul percorso della tua vita. Certo, non ne ero cosciente, ma avevo un piano ben preciso per te: Dovevi avere due mani e saperle usare, due piedi che ti portavano ad esplorare le vie vicine e lontane, due occhi per vedere il mondo e una testa per capirlo e trovare la tua strada. 16 anni fa ti hanno messo sulla mia pancia appena nato,e tu hai preso il mio latte. Eri così calmo, anche quando ti hanno portato da me e ti ho infilato accanto nel letto dove dormivi finché le infermiere non sono venute a cercati. Però in quel primi giorni è rimasto poco tempo per stare insieme e conoscerci.
Potevo solo guardare quando ti hanno portato via in un altro ospedale, in quella culla di vetro, con un ago nella testa. C’è voluta mezz’ora per poterti trovare in quell’altro ospedale, e solo per vederti da dietro il vetro, nudo sotto una lampada, con le mani legate per non farti del male, un filo di qua e di là. “Signora, non le posso dire niente per ora, Lei può anche tornare a casa. Ci vorranno diversi giorni per tutti gli esami. No, non può allattare, il latte lo diamo noi, no, alle mamme qui non è permesso entrare”. Sono rimasta. Mi sono tirata il latte per farlo dare a te e per non perderlo. Non sono mai stata così male come in quella settimana. Non mi illudo che la mia pena fosse per te. Tu eri ancora una parte di me. Il mio dolore era per quello che stava succedendo a me.


Poi ti ho portato a casa come sano, senza nessuna diagnosi. Chi sa se nel fondo del mio cuore sapevo che non era vero. Volevo credere a quello che mi dicevano. E loro, quando finalmente è arrivato il risultato dell’esame genetico, non mi hanno detto niente. Lo hanno semplicemente perso per la strada. La persona che finalmente mi ha costretta ad aprire gli occhi era quasi una sconosciuta per noi. Grazie a lei ti abbiamo portato da altri specialisti, e grazie a loro hai iniziato il tuo percorso dell’ abilitazione così presto. Infatti, loro sapevano già fare una diagnosi, senza tanti esami, solo osservandoti: “Questo bambino ha dei problemi gravi nel funzionamento del cervello.” La tua nonna tedesca era tutta pazza di te. Mi faceva una rabbia quando diceva: “Vedrai, non è niente, è solo un po’ più lento, ci sono bambini così. Goditelo, finché è così piccolo e indifeso.” La paura che ci fosse qualcosa di grave in te l’ha fatta diventare cieca davanti all’ evidenza. In genere, quando i figli crescono, i genitori hanno il tempo per staccarsi lentamente dalle loro aspettative. Volevano uno che facesse il dottore, invece ha smesso la scuola superiore e ora lavora come giardiniere. Volevano una ragazza sportiva, invece è diventata sovrappeso e non c’è verso di farla mangiare meno. Volevano uno che fa carriera, invece ha avuto un bambino a 17 anni e ora deve lavorare per tirare avanti. Qualunque fosse stato il mio progetto per te, quando avevi 6 mesi l’ho messo da parte per sempre e ho cercato di camminare verso nuove mete.


Mete molto più piccole, ma nello stesso tempo grandi come le montagne. Farti sedere senza aiuto. Farti girare la testa quando sentivi chiamare il tuo nome. Farti guardare nei miei occhi. Staccarsi dal mio progetto sulla tua vita è stata molto doloroso. Ma lo dovevo fare per vederti come sei. Non avrei potuto aiutarti nel tuo cammino senza accettarti per quello che sei. Se rimanevo attaccata alla mia immagine del bambino perfetto non avrei potuto accompagnarti su questa tua strada. Il dolore però era il mio, ed è rimasto mio. Tu eri e sei tranquillo e felice come sei. Non ti sei mai chiesto come sarebbe se fossi diverso. Non ti misuri con gli altri. Ti sei accettato fin dall’ inizio per quello che sei. In questo sei molto più bravo di me. Infatti, mi chiedo, se non sono io quella che soffre di più in tutto questo. Che vedo quello in cui non riesci. Che ho paura pensando a cosa ne sarà di te quando non ci saremo più noi. Fin da piccolo hai sempre voluto arrivare in alto. Non gattonavi, ma ti tiravi su al radiatore per dondolare in piedi. Appena ti sentivi più sicuro cominciavi a buttare giù le seggiole. Che rumore forte riuscivi a produrre così! Ridevi di contentezza e non ti importavano le nostre grida. Chissà se per te era una specie di applauso – in ogni caso cercavi subito il prossimo oggetto da buttare.


Poi scoprivi il tavolo. Quando avevi imparato a starci sopra battevi i piedi e – terrorizzando gli eventuali spettatori inesperti – ti giravi come una trottola. Non siamo mai riusciti a farti smettere di andare sopra il tavolo, era troppo divertente per te. Ora forse è diventato un po’ noioso, allora ti limiti a starci in piedi sopra e fare impronte con le mani sul soffitto.. Se trovavi una scala la dovevi salire in tutti modi. Forse avevi un programma di allenamento segreto che seguivi con così tanta ostinazione: Lo facevi su quattro zampe, da seduto, camminando indietro; e poi la dovevi scendere, anche questo in tutti modi possibili, fino a metterti sdraiato con la pancia in giù come fossi una slitta. Il colmo era quando ti sei messo in cima alla scala, sul cavallo a dondolo, e sei scivolato giù. Ma c’erano anche altre cime da scalare: ti ricordi quando ti sei messo in piedi sopra la televisione e poi siete cascati tutti e tre: tu, la televisione e il tavolo sotto? Non ti è successo niente per miracolo, la tv spaccata e la spina ancora nella presa. Invece, quando per la seconda volta hai cavalcato la ringhiera della scala in sala, sei scivolato e, cascando praticamente un piano più in giù, ti sei rotto un osso del piede. Ora il punto più alto dove arrivi è il bordo del focolare.
E’ un punto strategico per te: Da lì arrivi alla tenda, riesci a staccare un quadro e puoi manipolare il portalampada, staccando il vetro, piegando i suoi bracci o svitando le lampadine. Mi chiedo cosa farai, come passerai le tue giornate, quando non troverai più niente da scalare e da disfare. Ti devo confessare che nei momenti più neri mi sono immaginata che la mattina quando apro la tua porta te ne sei andato per sempre. Mi ricordo che una volta dormivi così profondo che per un attimo la mia immaginazione sembrava essere diventata vera. Che spavento ho provato, e che senso di colpa! So bene che non volevo assolutamente perderti. Volevo solo avere un po’ più respiro, una vita quotidiana meno pesa.


Ma se ti dovesse succedere qualcosa, sicuramente mi sentirei responsabile a causa di queste fantasie. Tante volte mi hanno accompagnata sensi di colpa. Faccio abbastanza per te? Faccio le cose giuste? Nel momento giusto? Alla fine siamo noi genitori che dobbiamo decidere. Anche se un medico ci dice cosa fare, siamo noi che lo facciamo o cerchiamo un altro consiglio. Sicuramente ho fatto delle scelte sbagliate con te. Con il Valium che prendevi hai dormito anni interi. Mi hanno detto solo dopo in un altro ospedale che la cura era completamente fuori posto.
Tu invece sei senza colpe. Sei una persona vicino a Dio, come dicono in Irlanda. Tu vivi in un'altra dimensione. La tua piccola anima è pura come quella di un bambino appena nato. Nessuno ti darebbe mai colpe, anche se delle volte qualcuno alza la voce con te per un momento, quando lecchi il muro o tiri capelli o butti il piatto in terra. Tu non conosci il male. Tu eri ancora piccolo, quando tuo fratello festeggiava il suo quinto compleanno. Guardava con degli amici la nuova cassetta dei Power Ranger, mentre tu giravi intorno con un trenino di legno in mano. Colpisti tuo fratello sulla testa, quello si girò arrabbiato per difendersi, poi vide che eri tu e si fermò nel movimento. Questo ho visto solo dopo nel video che ho ripreso. Nessuna ripicca era possibile contro il fratellino malato. C’erano dei momenti in cui desideravo essere io la persona malata. Per non avere più la responsabilità per quello che ti succede e che fai. Infatti, quando mi sono ricoverata per l’intervento al ginocchio ero sicuramente la più allegra paziente di tutto l’ospedale.


Però era solo un’ illusione. A casa, senza possibilità di starti dietro, e vedere gli altri che cercavano di gestire la situazione come potevano, la situazione era ancora più stressante. In tutti questi anni ho cercato di proteggerti dal mondo, da un mondo dove contano solo le persone che rendono. E le persone potenti, che definiscono cosa rende. In quella scala di valori non esiste quello che puoi dare tu. Quello che ho imparato da te e che mi ha fatto così tanto più ricca: capire cosa è veramente importante nella vita, vivere momento per momento, senza prendere per scontato quello che abbiamo. Ma ho dovuto anche proteggere il mondo da te, che sei diventato così veloce e forte, con le mani dappertutto, con i tuoi urli insopportabili, con la tua forza che non reggo più. Per alleggerire la fatica ti abbiamo dato tanti soprannomi: tempesta, Fabio il terribile, terremoto, persino terrorista. Non prendertela con noi per questo. L’abbiamo fatto con un occhio che piange e uno che ride. Poi ho dovuto anche imparare a difendermi da te, dalle tue carezze così violente da aggiungere al dolore nel mio cuore anche quello fisico, e dalle tue aspettative infinite verso di me, che sono la mamma infinita per te. Non sono infinita. Per dire la verità, dopo questi 16 anni sono abbastanza finita…
Ora succede che qualche mattina mi giro ancora nel letto, e anche se ti ho già sentito trafficare nella tua stanza, invece di correre da te, vado prima a prendere un sorso di caffè che il tuo babbo nel suo infinito amore mi prepara tutte le mattine. Sto per tagliare il secondo cordone ombelicale, quello invisibile, che crea quel legame particolare fra le mamme e i figli come te. Questo non vuol dire che non ti voglio più bene. Per te, ci sarà sempre un posto speciale nel mio cuore, e questo tu lo sai. Ma sento ora, dopo 16 anni, che non sei più una parte di me. Fai le tue esperienze, a modo tuo. Certo, ti ci vorrà sempre una mano che ti guida e ti aiuta, ma non sempre sarà la mia. Devi essere protetto, perché non ti puoi proteggere da solo, ma non sarà solo mio il compito di farlo. Avrai la tua vita con le tue gioie e i tuoi dolori, come tutte le persone di questo mondo, e io non li potrò dividere tutti con te."

IL BAMBINO INDACO: STORIA DI UNA MATERNITA' MALATA

Il bambino indaco

 Storia di una maternità malata

 

Quella dei “bambini indaco” è una teoria pseudoscientifica che si è fatta largo nell’ambito del pensiero  new age, secondo cui esisterebbero dei bambini, caratterizzati da un’aura color indaco, che si possono definire davvero “molto speciali”. Alcuni sostengono che abbiano semplicemente spiccate doti caratteriali come empatia e intelligenza emotiva molto sviluppate, ma secondo altri sarebbero addirittura dotati di poteri paranormali e arriverebbero persino a vedere gli angeli. Secondo alcuni scienziati questa convinzione ha preso piede come un tentativo di opporsi alle molteplici diagnosi di sindrome da deficit di attenzione e dal conseguente uso e abuso del Ritalin, un farmaco al centro di varie polemiche mediche, prima in America e poi nel resto del mondo: i genitori preferirebbero pensare che il proprio bambino abbia poteri speciali piuttosto che vederlo come vittima di un disturbo psicologico.


Da queste teorie prende spunto “Il bambino indaco” di Marco Franzoso (Einaudi 2012). Il libro si apre sulla scena di un dramma: Isabel, la moglie di Carlo, è morta e Pietro, il loro bambino, è salvo.
E parte il flashback, che li vede prima fidanzati, poi conviventi e infine genitori. Si erano incontrati a un appuntamento al buio, orchestrato dalla classica amica che li reputava perfetti insieme, e il buio diventa il filo conduttore della loro storia, perché Isabel con la gravidanza cade in un baratro ossessivo: una chiropratica la convince che il suo bambino sarà speciale, perché è un bambino indaco, e quindi lei ha il compito di preservarne la purezza. Questo vuol dire, tra le altre cose, una dieta ferrea, sia per lei che per Pietro. Il cadavere di Isabel pesa 38 kg. Non è anoressica, tecnicamente è ortoressica: ha un’ossessione per le regole alimentari e pensa che ogni cibo solido possa attentare alla purezza sua e di suo figlio. A nulla valgono i tentativi di farla ragionare, e alla fine Carlo decide di rapire il suo stesso figlio per sottrarlo al controllo della madre malata. E qui si scontra con l’incapacità di istituzioni che dovrebbero difendere i deboli e invece non riescono a farsi carico della complessità del reale, difficilmente incasellabile nelle ferree strutture che un regolamento richiede. La situazione si trascina così fino alle estreme conseguenze da cui il romanzo aveva preso avvio.


”Il bambino indaco” mette in campo moltissime questioni che è impossibile indagare in un’ora. C’è il rifiuto del cibo che è visto come un veleno e si ricollega al rifiuto del mondo esterno, inconsciamente colto come altrettanto pericoloso per il bisogno di purificazione che tormenta Isabel; ma tutto ciò rimanda anche al rifiuto della maternità, più volte argomento delle interviste svolte dall’autore, che da molti anni voleva scrivere questo libro: “Scriverlo è stato molto facile” dice. “Il difficile, più che altro, è stato iniziarlo”.
L’idea da cui Franzoso è partito è quella di un romanzo di formazione in cui la personalità del protagonista si sviluppa attraverso l’amore. L’amore per la compagna, prima,  e quello per un figlio in pericolo poi. Carlo nel libro non ha gli strumenti per affrontare la prova che la vita gli ha messo davanti e si chiede più volte se mutando un dettaglio o una parola avrebbe potuto evitare che la situazione precipitasse. È un adulto rimasto adolescente: cerca aiuto nelle istituzioni e rimane  annichilito dalla loro incapacità di tutelare i più deboli. I nemici perdono i loro volti: in breve, non sta più lottando contro una moglie malata, ma contro un’istituzione che non riesce a rendersi conto che c’è un bambino che soffre, che non riesce più a camminare, che subisce una vertiginosa involuzione perché nessuno è in grado di aiutarlo, nemmeno il suo stesso padre che finisce per chiedere tacitamente aiuto a sua madre, la nonna del piccolo Pietro.


Alla fine Marco Franzoso spende due parole sul finale del libro, che porta un messaggio di speranza, pur nell’ambivalenza della tragicità: è il bambino che si è salvato che prende per mano il padre, che si prende cura di lui; Carlo ha capito che a volte bisogna accettare i propri limiti, e non è importante sapere se l’adulto è cresciuto davvero, l’unica cosa che conta è quel bambino e la sua mano che lo stringe, perché quel bambino è sopravvissuto nonostante tutto e perché quel bambino è suo figlio.


28 marzo 2013

RIFLESSIONI SULLA NOSTRA ESISTENZA

Riflettamo sulla nostra esistenza e coscienza





Quanti si sono mai chiesti cosa ci facciamo qui, fin dalla nascita in questo mondo, a volte piacevole ma spesso molto ostile ed avverso nei nostri confronti?

 

Ebbene si, questo credo sia un quesito molto frequente nella civiltà odierna e per quanto sia è rimanga un quesito, dobbiamo soffermarci a riflettere.. Il nostro mondo non è come un oggetto che si può modellare a nostro solo piacimento, è il luogo comune di intere civiltà, razze di ogni genere e colore... Luogo ove noi dobbiamo imparare a vivere nel rispetto reciproco, attenerci a diritti ma anche ai doveri..
Questo stato di coscienza dovrebbe rientrare a far parte della coscienza di ognuno di noi, dovrebbe far parte della nostra intera esistenza... Ed è qui che viene fuori il concetto di conflittualità, sia per interesse economico che personale... La trasformazione di tutto ciò ci renderebbe liberi, spensierati e felici.. Ma questo è divenuto un concetto astratto e di solo pensiero personale... "Ognuno fa quello che vuole" ... E la solidarietà umana dove viene riposta? 
Questo pensiero ne ho la convinzione che chiunque di noi lo abbia fatto anche se per una sola volta nella vita ...  Resta inteso che non ci rendiamo abbastanza partecipi per poter nel nostro piccolo operare dei cambiamenti, di intraprendere il cammino verso la libertà e la felicità .. Restiamo li a guardare la vita che scorre innanzi a noi e non ci promulghiamo a fare qualcosa per cambiarla...
Ricordiamo sempre che la vita è una e sola e che ci è stato dato il privilegio di scegliere come condurla e viverla..sta a noi la decisione! 
 Paolo Colleoni 

27 marzo 2013

LETTERA DI UN RAGAZZO VITTIMA DI ABUSI E VIOLENZE

LETTERA DI UN RAGAZZO VITTIMA DI ABUSI E VIOLENZE

Abbiamo voluto pubblicare questa breve ma intensa lettera ricostruita,  anche per capire fino in fondo il tono di Marco, la serietà di questo ragazzo e la drammatica lettera che ci ha scritto.
Ancor prima dell'abuso, il dolore e la sofferenza, è stato è stato quello di non essere ascoltato, non essere stato creduto, di non essere stato difeso e scoprire che altri ragazzi sono stati abusati... Denunciate questi "pedofili" questi esseri ignobili non degni di avere il potere di rovinare l'esistenza di una vita intera di ragazzi innocenti e indifesi! L'esempio di Marco ne è una prova tangibile...

Paolo Colleoni 


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" Ciao,

sono un ragazzo come te che ha subito violenze sessuali quanto ero molto piccolo.

Sai benissimo il dolore che si prova nell’anima quando ti capitano certe cose, sicuramente non sono io a dovertelo spiegare.

Con questo scritto voglio dirti di reagire, di non pensare mai di chiudere con la vita facendo cretinate!!

La vita è una e va vissuta e non sprecata; sappi che io mi sono fatto aiutare da psicologi, amici, famigliari e anche tu devi farlo.

Non tenere il dolore per te, siamo in tanti sai, fratelli e sorelle virtuali che abbiamo subito un brutto passato.

Ma non avere paura di parlare, tu non hai colpa!! Non pensare che gli psicologi siano dottori per i pazzi, anzi!!! 

E  se non te la senti di rivolgerti a loro prova ad aprirti in famiglia, con un amico/a e se proprio non ce la fai fallo con me.  Scrivi un e-mail all’associazione e sicuramente avrò modo e temo di ascoltarti.

Ti ripeto, non pensare al suicidio, la tua vita benché segnata non è del tutto rovinata e soprattutto è unica.

Aiutati, te lo dico con il cuore, ti ripeto che anche io ci sono passato ed avevo solo 4 anni.

Fai cadere il muro di omertà almeno con te stesso: SE NON ORA, QUANDO!!!!!

Se hai bisogno io ci sono, ti abbraccio forte.



Marco "


23 marzo 2013

AVVISO: SOSPENSIONE TEMPORANEA

AVVISO: SOSPENSIONE TEMPORANEA


Il Blog per motivi di "operatività" resterà inattivo, vi terremo aggiornati al più presto... ma ricordiamoci sempre che non molleremo mai... I nostri mezzi scendono in campo e le nostre risorse dovremo volgerle nei confronti di tutte le situazioni e progetti che ci siamo prefissati e che stiamo proprio mettendo in atto. 

Children Protection World

22 marzo 2013

LETTERA DEI BAMBINI AI POTENTI DELLA TERRA

"Potenti della Terra: ascoltateci!"  

I bambini esprimono i loro desideri per un futuro di fratellanza. Il ruolo della scuola per "dare voce" ai più piccoli della società. 



Può un bambino di dieci anni rivolgersi ai potenti della Terra? E perché?

La risposta è semplice: i bambini sono molto più convincenti degli adulti. La loro logica, schiettezza e sincerità è disarmante e non lascia scampo. Non dà spazio per risposte complicate e contorte ispirate da ragioni politiche ed economiche di difficile comprensione (e di dubbia validità).

Con alcuni miei bambini di due quarte classi di una scuola elementare ho voluto che fosse loro data la possibilità di lanciare un appello, affinché le persone che hanno spazio nella società ascoltino la voce di chi - pur non contando nulla oggi nelle decisioni cruciali - eppure costituirà l'uomo o la donna della prossima futura società. Dare ai bambini questa consapevolezza e mettere loro a disposizione gli strumenti informativi di cui si dispone è dare ad esseri umani dotati dei loro diritti la possibilità di far sentire la propria voce e di far circolare la propria opinione. Forse sarò un'insegnante utopista ed illusa, che crede ancora che il "fare scuola" consista in un impegno anche civile e morale, che cerca di tener duro di fronte ai suoi ostacoli burocratici. Vorrei citare Douglas Mallok, il cui pensiero viene ripreso da un grande profeta contemporaneo di pace, Martin Luther King:
"Se non potete essere un pino sul monte,
siate una piccola pianta nella valle.
Siate un cespuglio se non potete essere un albero.
Se non potete essere una via maestra,
siate un sentiero.
Non con la mole vincete o fallite.
Siate il meglio di qualunque cosa voi siate".
Questo bellissimo testo incoraggia e sprona a continuare a lavorare con i bambini per ciò in cui vale la pena credere.
I bambini possono insegnare molte cose a noi adulti: anche l'umiltà degli animi semplici. Nel Vangelo di Matteo (18,2-5) si legge: "Gesù chiamò un bambino, lo mise in mezzo a loro e disse: "Vi assicuro che se non cambiate e non diventate come bambini, non entrerete nel regno di Dio. Chi si fa piccolo come questo bambino, quello è il più grande nel regno di Dio. E chi, per amor mio, accoglie un bambino come questo, accoglie me".
Siano le parole dei bambini un monito ai "potenti della Terra".



MESSAGGI AI POTENTI DELLA TERRA

"Noi bambini di Milano vi chiediamo di ascoltarci perché è una cosa molto importante: "Di non vantarsi molto perché i bambini poveri sono senza soldi, io ai potenti della Terra non sto chiedendo di dare un po' di oro ma di offrire un po' di soldi ai poveri e a tutti quelli che sono senza soldi. Io vi sto dicendo così perché i bambini poveri possono andare a scuola e possono possono imparare qualcosa migliore. Voi, andate nel passato e cercate di ricordare come eravate prima, e se eravate buoni fatelo anche ora, non fa niente che siete grandi. Fate circolare la pace."
Angelo

"Noi bambini di Venezia chiediamo gentilmente a tutti i potenti della Terra di ascoltarci: cercate di ritornare un po' come noi, perché non badiamo alla pelle di colore diversa, ma badiamo alla BONTA' e all'AMICIZIA. Siamo tutti fratelli, è vero che noi bambini siamo il "Futuro del mondo" e tutti noi vogliamo un mondo MIGLIORE!".
Claudia

"Noi bambini di Bergamo chiediamo ai potenti della Terra gentilmente, di avere bontà nel cuore e di non essere egoisti. Ci sono bambini che non possono nemmeno andare a scuola, ma loro vorrebbero andarci. Quindi diamo una possibilità ai bambini bisognosi. Secondo me noi dovremmo distribuire l'amicizia, così possiamo migliorare il mondo."
Walter

"Noi bambini di Verona chiediamo gentilmente a tutti i potenti della Terra e le persone ricche di ascoltarci. Noi chiediamo la pace nel vostro cuore, e di aiutare i bimbi poveri. Se avete troppi soldi e volete sbarazzarvi degli altri non fatelo. Se andate indietro nel passato vi auguriamo di pensare a quando eravate piccoli, della nostra età. Spero che sono stata convincente. VIVA LA PACE!"
Daniela

"Noi bambini di Torino chiediamo ai potenti della Terra, gentilmente, di ascoltarci per una cosa molto importante. Come noi sappiamo, in tutto il mondo ci sono bambini poveri, o di colore, che stanno passando una brutta infanzia, ma non deve essere così! Tutti i bambini hanno diritto ad una infanzia bella, e vi chiediamo di rinunciare a qualcosa di vostro per darlo agli altri. Chiediamo di tornare un po' bambini tutti, e di essere generosi con tutti, perché il futuro siamo noi!! GRAZIE!!"
Carmela

"Noi bambini di Napoli chiediamo gentilmente a tutti i potenti della Terra di ascoltarci. Se al mondo ci fosse un po' più rispetto e soprattutto comprensione, il mondo cambierebbe. Anche noi bambini dobbiamo cercare di andare con tutti, i ricchi, i poveri o di colore perché anche loro sono esseri umani. Se il mondo cambierà questo dipende solo da noi perché noi siamo il futuro."
Mina


"Noi bambini di Pescara diciamo gentilmente a tutti i potenti della Terra: carissimi signori vi chiediamo con rispetto di migliorare il mondo, di capire che tutti, i grandi e i piccoli siamo un'unica famiglia. A volte, per favore, vi chiediamo di ritornare un po' bambini, un po' più generosi, pieni di dolcezza e bontà, come se vi foste mangiati una gustosa marmellata di bontà. Noi bambini siamo il futuro, perché se noi abbiamo un buon esempio e lo trasmettiamo agli altri, magari un domani avremo un mondo migliore. Noi, tutte le persone del mondo, siamo come un grande girotondo di persone gialle, nere, rosse, bianche che ruotiamo intorno al mondo. A volte le persone più mandate via, più detestate sono anche le più simpatiche.
Grazie di avermi ascoltato."
Flavia

"Noi bambini di  Salerno, sapendo di essere il futuro del mondo, chiediamo gentilmente ai ricchi del mondo di essere molto gentili, di avere gioia nel cuore e di aiutare il prossimo.
Auguri e fate circolare la pace nel mondo!"
Valentina

"Noi bambini di Taranto chiediamo gentilmente a tutti i potenti della Terra di ascoltarci. Cercate di essere più buoni e date un po' di soldi ai poveri.
Anche noi amiamo, anche gli adulti devono diventare bimbi e amarci sempre.
Tra popoli è difficile a volte far pace.
Per migliorare le cose ci vuole solo buona volontà.
Imparando a rispettare gli altri e a capire gli altri.
Grazie di averci ascoltato."



Si può fare di più?

Gaudium et spes

"Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo." (Gaudium ed Spes 1)

Basterebbe poco

Basterebbe un piccolo gesto di generosità da parte di ognuno per evitare malattie gravi e persino la morte di tanti bambini dei paesi più poveri.

BASTA BOTTE IN FAMIGLIA FACCIAMO UN INDAGINE


Botte in famiglia?

"Facciamo un'indagine

a scuola..."

Quando i genitori picchiano duro 

La violenza, anche se finalizzata a scopi educativi, "non può considerarsi lecita", ha stabilito la Corte di cassazione (16 maggio 1996): un passo verso la civiltà.   
Luca è gonfio, il viso pieno di segni... Forse è stato picchiato a casa!

Così si pensava tra noi insegnanti quando vedemmo Luca, 9 anni, una mattina a scuola. Da questo episodio - segnale di una realtà sommersa ma purtroppo diffusa - è nata l'esigenza per me, che insegno in una scuola elementare di Taranto, di avviare un lavoro sulle punizioni in famiglia, consistente in un questionario anonimo sulle botte date dai genitori. Già si stava affrontando con gli alunni il problema del litigio e del conflitto, nell'ambito dell'educazione alla pace e ai rapporti; l'episodio di Luca mi è servito ad indagare su come sono impostati i rapporti genitori-figli.
La violenza, anche se finalizzata a scopi educativi, "non può considerarsi lecita", ha recentemente stabilito la Corte di cassazione (16 maggio 1996) rigettando il ricorso di un padre condannato dalla Corte d'appello di Milano per maltrattamenti alla figlia di dieci anni. La sentenza bandisce l'uso di botte e percosse nei rapporti familiari. Ma per tanti bambini la realtà è ancora molto diversa. "Verrà il giorno in cui l'educazione varrà quanto cento ministeri degli esteri", disse Thomas Eliot, poeta inglese, premio Nobel per la letteratura.

IO E I MIEI GENITORI - risultati del questionario

1) Come sono i rapporti con i miei genitori?
molto buoni 45%
buoni 31%
non sempre facili 17%
a volte difficili 7%


2) Quando commetto qualche mancanza mi picchiano?
spesso 17%
qualche volta 66%
mai 17%

3) Dopo aver commesso una mancanza che cosa sono disposto ad accettare?
una sberla 12%
una proibizione 16%
un rimprovero 47%
una discussione 25%

4) Chi mi picchia?
mio padre 41%
mia madre 47%
altri 12%

5) Come mi picchiano?
con qualche sculaccione 17%
con una pedata 11%
con una sberla 51%
con un bastone 9%
con la cintura 6%
con... (altro) 6%

6) Per quali ragioni mi picchiano?
perché sono stato cattivo/a 39%
perché ho rotto un oggetto 11%
perché voglio mettermi un vestito particolare 3%
perché litigo con mio fratello (o sorella) 11%
per niente, perché sono nervosi 3%
perché rispondo male 18%
perché non sono bravo/a a scuola 6%
perché non ubbidisco, non sono disponibile 9%

7) Se non mi picchiano, in quale modo mi puniscono?
non mi danno la mancia 15%
mi chiudono in una stanza al buio 12%
mi mandano a letto senza cena 15%
mi impediscono di vedere la televisione 3%
non mi parlano per un certo periodo di tempo 24%
non mi permettono di uscire di casa 24%
altro... 7%

8) Dopo essere stato punito/a...
non se ne parla più 3%
sono io che cerco di fare la pace 46%
mio/a padre/madre mi rivolge la
parola per primo/a 20%
mio/a padre/madre cerca di spiegarmi
le ragioni della punizione 31%


L'indagine è stata realizzata con questionari anonimi in due quarte elementari di Taranto, la 4C (15 bambini) e la 4D (15 bambini), 30 bambini in tutto.
Tra parentesi sono riportati i valori assoluti della 4C e poi quelli della 4D, seguiti dai valori percentuali. Ad alcune domande i bambini hanno fornito risposte multiple, ad altre non hanno fornito alcuna risposta (da ciò consegue il totale non sempre identico).
L'impostazione del questionario è tratta dal libro "Il litigio - materiali per l'attività didattica e l'animazione" (edizioni EMI, Bologna) a cura di Francesco Beretta, Anna Martinelli e Daniele Novara.



"Quando e come mi hanno punito l'ultima volta? "

Mini-storie scritte dai bambini

"L'ultima volta che mi hanno punito è stato perché siccome l'orologio di mio padre era senza batteria gli ho dato una martellata ed è stato arrabbiato con me tre settimane e se lo guardavo lui mi dava la cinta sui piedi."

"Un giorno ho fatto cadere un vaso e mia madre non c'era e neanche mio padre. Io tenevo la colla ma non si aggiustava. Poi era arrivata mai madre con mio padre e mi hanno dato una sberla e mi hanno rimproverato e poi abbiamo discusso e io ho detto "non lo faccio più"".

"L'ultima volta che mi punirono è stata quando feci a scuola la pipì fuori dal water. La maestra lo disse a mia madre e mia madre non mi fece vedere per un giorno intero la televisione".

"Io un giorno sono stato a biliardo e ho fatto il cattivo. Poi, quando siamo andati a casa, la mamma mi ha dato mazzate e non mi ha fatto mangiare e non mi ha fatto guardare la TV."

"L'ultima volta che mi hanno punito è che ho rotto un bicchiere, perché mi è scivolato dalle mani. Allora mia madre mi ha punito."

"L'ultima volta che mi hanno picchiato è stato per un bicchiere e per una tazza. Mio padre e mia sorella stavano discutendo per andare alla palestra di basket. Mentre discutevano, io sono andata a bere l'acqua. In quel momento stavo prendendo un bicchiere per bere e mi è scivolato e mi hanno picchiato. Lo stesso è successo per una tazza perché volevo prendere un po' di caffè per svegliarmi. E allora mi hanno picchiato."

"L'ultima volta che sono stato picchiato era quando ho rotto un oggetto di vetro a forma di caramella".

"Un giorno eravamo io, i miei genitori e le mie sorelle tutti riuniti a tavola. Stavamo cenando. Quella sera sono stata punita perché non ho mangiato quasi nulla. Io e i miei genitori insistevano, ma io arrabbiata gridai: "Non ho fame!" Mio padre allora mi impedì di vedere un programma molto bello che trasmettevano alla TV. Da quel giorno fino ad ora sto mangiando sempre."

"L'ultima volta che mio padre mi punì è stato quando, di pomeriggio, dovevamo mangiare. Io non volevo mangiare pasta e lenticchie. Allora mio padre si arrabbiò e mi prese, mi alzò in aria e mi fece girare, poi mi buttò contro la poltrona e mi costrinse a mangiare pasta e lenticchie."

"Ieri volevo giocare, però era tardi e allora mia madre mi ha dato una sberla."

"Un giorno mio padre aveva molti servizi da fare e io dovevo andare in palestra. Ho insistito molto per andare in palestra, mio padre si è arrabbiato e mi ha dato una sberla. Io giustamente mi sono offesa. Dopo un po' abbiamo fatto pace, abbiamo fatto i suoi servizi e siamo andati in palestra."

"Quando litigo sempre con mio fratello mia madre mi punisce con una sberla e certe volte con delle sculacciate perché vado male a scuola."

"Mi hanno dato una sberla perché non avevo ubbidito..."

"Mi hanno punito con un rimprovero quando non ho ubbidito alla mamma."

"Mi hanno picchiato con delle sberle. Mi sono seduto su una sedia a riflettere. Poi sono andato a chiedere scusa."

"Mi hanno picchiato perché avevo rotto una tazza, non mi hanno parlato per una giornata."

"L'ultima volta che mi hanno punito avevo sette anni." !!!!!