Genitori in procura per vedere le immagini delle violenza. L'udienza di convalida, il giudice si riserva di decidere
Un bambino colpito con schiaffi sulla testa, una bambina tirata dai
capelli e costretta a ingurgitare la pappa e poi picchiata con un
giocattolo (un camioncino dei pompieri). E ancora: un bimbo piange
seduto su una sedia, la maestra lo prende per il polso, lo solleva da
terra e lo picchia. È la violenza in presa diretta, con le sequenze
registrate dalle telecamere nascoste prima del blitz della squadra
mobile all’asilo nido «Cip Ciop» di Pistoia. Il
giudice per le indagini preliminari del tribunale di Pistoia, Buzzevoli,
al termine dell’udienza di convalida dell’arresto di Anna Laura Scuderi
e Elena Pesce, nel carcere di Sollicciano, si è riservato ogni
decisione. Secondo quanto appreso, il pubblico ministero ha chiesto la
custodia cautelare in carcere per entrambe le indagate.
GLI AVVOCATI DELLA DIFESA - Anna
Laura Scuderi «ha risposto alle domande del gip. Sulle sue parole
davanti al video non posso dire nulla». Lo ha detto l’avvocato Stefano
Panconi al termine dell’udienza di convalida tenuta nel carcere di
Sollicciano dove Scuderi e la sua collaboratrice Elena Pesce si trovano
da tre giorni con l’accusa di maltrattamenti su fanciulli. L’avvocato
della Pesce, Giacomo Dini, ha invece stigmatizzato la diffusione dei
video registrati dalla polizia all’interno dell’asilo Cip e Ciop. «È
stato un atto censurabile. Ma posso dire che da quelle immagini non ho
davvero l’impressione di trovarmi davanti a un asilo-lager come è stato
scritto».
DETENUTE NELLA STESSA CELLA, GUARDATE A VISTA -
Le due donne sono insieme, in una cella per due persone, sono in
isolamento e vengono guardate a vista per evitare ritorsioni all’interno
del carcere da parte di altre detenute. Il tipo di reato contestato,
infatti, e la diffusione in tv del video che ritrae la Scuderi mentre
afferra per i capelli una bambina e la ingozza col cibo, potrebbe
generare problemi con le altre detenute.
LE IMMAGINI - Dopo la sorpresa
per l’arresto delle due insegnanti, ieri è stato il giorno della rabbia
e delle lacrime. Sono pugni allo stomaco quelle immagini che i
magistrati fanno vedere ai genitori dei piccoli. È furioso Manuel, 21
anni, si dispera Sara, 20 anni appena e il viso di una bambina. Il
piccolo Cristian, dieci mesi, dorme in braccio alla mamma senza sapere
di essere uno dei protagonisti del film da incubo che sta andando in
onda a Pistoia. «O fanno giustizia o ce la facciamo da soli», grida
Manuel mentre esce dalla procura.
«Hanno preso mio figlio a schiaffi
sulla testa perché non voleva mangiare. L’hanno sollevato di peso per
picchiarlo. Vi rendete conto cosa hanno fatto a quel bambino che amo
più della mia stessa vita? Sono immagini schifose, non avrei mai
immaginato che una cosa simile potesse avvenire nella mia città». Manuel
e Sara sono due operai.
«Per mandare il bambino in quella scuola
abbiamo fatto sacrifici, spendendo 250 euro al mese». E adesso si
sentono in colpa per non aver capito prima quei piccoli segnali: «Da un
po’ di tempo a questa parte è cambiato — raccontano — spesso si prende a
schiaffi da solo e non dorme più come prima, si sveglia agitato». Il
video è un pugno allo stomaco che diventa lacrime e rabbia anche per
Angela e Daniele, altra coppia di operai trentenni.
«NON ERA UN ASILO, ERA UN LAGER» -
«Quello non era un asilo, era un lager», singhiozza senza freni
Angela. Il filmato nitido restituisce le immagini di sua figlia Alice
di 14 mesi mentre viene afferrata per i capelli con una tale violenza
che il seggiolone si solleva. Con la testa reclinata all’indietro la
direttrice della scuola Laura Scuderi la ingozza di cibo premendo poi
il bavaglino sul viso per non farla sputare. «Quella donna è una bestia —
ripete come una litania — e alle mamme che pensano che la polizia
abbia fatto un errore dico che prima di parlare devono guardare le
immagini. Quella è violenza pura, altro che scossoni o scappellotti». I
bambini, racconta, venivano costretti a pranzare alle dieci del
mattino. Se la piccola si ribellava erano schiaffi. E nel resto della
giornata nè cibo, nè acqua. «Solo adesso riesco a spiegarmi perché mia
figlia è terrorizzata tutte le volte che vede un cucchiaino e provo a
darle da mangiare».
Quando la bambina arrivava a casa era affamata e
assetata ma «come potevo immaginare tutto questo?». Adesso a quelle due
donne augura tutto il male del mondo, «tutto quello che hanno fatto
patire ai piccoli che non potevano difendersi». Alice frequentava
quella scuola dal costo di 300 euro al mese, da meno di un anno. Di
giochi e altre attività, nell’asilo che ha solo il nome a misura di
bambino, nessuna traccia. «Si vede benissimo dai filmati — racconta
Angela — I bambini venivano lasciati inermi, abbandonati a loro stessi o
terrorizzati». Adesso i genitori di Alice chiederanno al Comune di
farsi carico del sostegno psicologico di cui la bambina, ma anche
loro, avranno bisogno per uscire da questo inferno.
IL RACCONTO DEL PADRE CHE HA SPORTO DENUNCIA - Un padre, rappresentante
delle forze dell’ordine, e una madre che lavora nell’ambito della
sanità, sono stati i primi a farsi delle domande di fronte al figlio
che, dopo l’ingresso al nido, si era come trasformato. Il piccolo, che
oggi ha 4 anni, fino alla scorsa estate era un alunno di quella scuola.
Era arrivato a soli sei mesi, è rimasto lì fino a settembre, quando ha
fatto il salto nella scuola dei più grandi, la materna. «Qualcuno —
racconta oggi il padre — mi ha anche detto che ero pazzo a mandare mio
figlio lì, con tutto quello che si diceva in giro. Ma io non volevo
credere a quelle che mi sembravano solo voci infondate». Dopo il primo
anno però qualcosa è cambiato. «Il bambino non era più lo stesso»,
racconta la madre. «Che qualcosa non andasse per il verso giusto ce ne
siamo accorti dopo. A sei mesi il bambino è troppo piccolo per parlare
ma a un anno e mezzo riesce a farsi capire meglio».
Il suo disagio si
esprime con la rabbia e la paura: «Non ne voleva sapere di andare in
quella scuola e quando si trovava di fronte soprattutto alcune
insegnanti era ancora più nervoso del solito, come impaurito». La
maestra Laura, dice ora il padre, aveva un atteggiamento sempre un po’
aggressivo verso i piccoli «ma pensavo si trattasse solo di un fatto
caratteriale, non ho mai pensato ci potesse essere qualcosa di più». Il
piccolo diventa sempre più irascibile. «Quando tornava a casa era
aggressivo — continua la madre — sembrava avere pochissimi stimoli e io
avevo la netta impressione che da quando andava a scuola avesse fatto
più passi indietro che avanti». Per qualche tempo la madre si è posta
il problema che quell’atteggiamento dipendesse dal fatto che il piccolo
non frequentasse assiduamente la scuola. «Utilizzavo il nido più che
altro come un baby parking. Lo portavo a giorni alterni e non sempre
rimaneva a pranzo. Avevo anche chiesto alle insegnanti se ci fossero
problemi ma loro hanno sempre negato».
VOCI SEMPRE PIU' INSISTENTI -
Qualcuno racconta anche che in quell’asilo era vietato giocare, che i
bambini non potevano avvicinarsi ai giochi perché altrimenti li
sporcavano. Voci certo, ma sempre più insistenti. Come quelle che
raccontano di maltrattamenti. Una madre che va a prendere il figlio e lo
trova da solo, tutto sporco in un angolo del giardino. Nessuno le ha
saputo spiegare perché fosse lì, ha detto alla polizia. E poi il bambino
con la spalla lussata, quello che torna a casa con i lividi. «Certe
notizie facevano in un attimo il giro della città, Pistoia è piccola
». Le risposte delle maestre erano sempre le stesse: si sono fatti male
giocando, si sa i bambini.... Una, due, troppe volte. Quando un medico
al pronto soccorso dice che una lussazione può essere stata provocata
solo da un adulto, non da un bambino, i dubbi diventano sospetti.
Troppi gli indizi e tutti nella stessa direzione. Il tarlo comincia a
rodere la mente di quel genitore che vede il figlio chiudersi sempre più
in se stesso. Alla fine di agosto l’uomo fa una prima segnalazione
alla questura.
RICOSTRUIRE IL PUZZLE - La sezione minori della squadra mobile inizia a
mettere insieme i puzzle di questa terribile storia. Gli investigatori
iniziano a cercare i genitori dei bambini, soprattutto quelli che
avevano abbandonato la scuola. Ci sono anche quattro ex insegnanti tra i
testimoni che puntano il dito contro la titolare della scuola. Sono
loro a raccontare di aver abbandonato il campo perché in disaccordo
con i metodi educativi. Si va a ritroso nel tempo. Alcuni genitori
raccontano di bambini che smettono di mangiare e dormire. Bambini che
troppe volte tornano a casa con arrossamenti e lividi. Qualcuno torna a
casa e racconta che «la maestra ha picchiato un bambino» o che la
maestra li ha lasciati al buio. Non è stato facile capire che c’era
qualcosa di più dietro quei capricci per non andare a scuola, spiega il
padre che ha denunciato. Con i bambini un insetto si può trasformare
in un gigante. Ma nessuno poteva neppure lontanamente immaginare quel
film dell’orrore. Dieci giorni fa la procura fa piazzare le telecamere,
solo video, nessuna voce. Per questo tipo di reato non sono consentite
le intercettazioni. Le maestre non sanno che finiscono «in diretta»
negli uffici della squadra mobile con le violenze e i toni bruschi che
fanno a pugni con i sorrisi e i pianti dei bambini. I genitori che hanno
fatto la prima segnalazione adesso si sentono sollevati, anche se il
loro piccolo è ormai lontano. «Speriamo che queste cose non accadano più
— dicono adesso — speriamo che la nostra denuncia serva ad aiutare
altri». Per gli altri genitori solo pochi consigli: «Controllate
sempre i bambini, parlate con loro, anche se sono piccoli. E quando li
affidate a qualcuno ogni tanto non dimenticate un blitz a sorpresa».
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