I disabili sono il 25% dei poveri ma hanno lo 0,6% dei fondi
Alla DGCS sono partiti i lavori per realizzare il
primo Piano d’Azione sulla Disabilità della storia della cooperazione
italiana. Centocinquanta addetti ai lavori impegnati in quattro tavoli
Le persone con disabilità, nel mondo, sono poco meno di un miliardo. L’82% di essi vive in un paese in via di sviluppo. Queste
800 milioni di persone con disabilità che vivono nei PVS rappresentano,
in sostanza, circa un quarto dei più poveri al mondo. Eppure la
cooperazione allo sviluppo dei disabili non si occupa granché: una
ricerca ha rilevato che in Europa solo una quota fra il 2% e il 5% dei
fondi stanziati per la cooperazione allo sviluppo è destinata a progetti
esplicitamente rivolti ai disabili. In Italia esistono ong che si dedicano soprattutto a loro, come la ong della Fondazione don Carlo Gnocchi, ma guardano i fondi pubblici della DGCS
si deve dire che le cose vanno anche peggio, visto che l’unico rapporto
ufficiale esistente in materia ha contato fra il 2000 e il 2008
solamente 51 progetti con riferimento esplicito alla disabilità, per cui
la Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del MAE ha dato
un po’ meno di 38 milioni di euro, pari allo 0,6% delle risorse a dono
erogate in quel periodo. Le cose però stanno per cambiare.Alla DGCS sono infatti partiti i lavori per realizzare il primo Piano d’Azione sulla Disabilità della storia della cooperazione italiana, previsto peraltro dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità. La prima bozza del Piano, a cui hanno lavorato i tecnici del Mae insieme ai rappresentanti della rete RIDS-Rete Italiana Disabilità e Sviluppo (composta da Aifo, Fish, Dpi, EducAid) è stata presentata a esperti ed associazioni lo scorso 14 gennaio. Per Giampiero Griffo, membro del consiglio mondiale di Disabled People’s International (DPI) e uno dei massimi esperti di cooperazione e disabilità, è un grande passo in avanti: «L’Italia lavora già da molti anni in questo settore, con esperienze molto positive ad esempio in Tunisia, Cina, Kosovo, ma non ha mai avuto un piano. Con il Piano avremo obiettivi condivisi, non solo una generica azione di sensibilizzazione: sarà qualcosa di vincolante per il nuovo governo».
Nella bozza, improntata alla filosofia del twin track approach (cioè della necessità da un lato di aumentare i progetti di cooperazione allo sviluppo che hanno le persone con disabilità come focus specifico ma dall’altro di fare della disabilità un tema trasversale a tutti i progetti), si parla di «stabilire una quota di finanziamenti per le iniziative specificamente riservate alle persone con disabilità», della «creazione di un accomodation fund» per questo, di «prevedere un criterio di preferenzialità per i progetti accessibili alle persone con disabilità», mentre di dice senza giri di parole che fino ad oggi nella realizzazione dei progetti di cooperazione, ad esempio nella ricostruzione dopo un terremoto, il tema “accessibilità” è stato «trascurato e/o sottovalutato».
I lavori proseguiranno attraverso quattro gruppi di lavoro, a cui si sono iscritti già oltre 150 partecipanti. «Lavoreremo sull’accessibilità», anticipa Cira Solimene, direttore operativo Uildm. «Non abbiamo compentenza specifica nella cooperazione, ma certamente sui contenuti possiamo dare il nostro contributo». L’obiettivo? Arrivare a elaborare entro la primavera la bozza definitiva del Piano, da consegnare al Ministro e da presentare poi in un grande convegno internazionale.
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