Quei pedofili tutti scuola e chiesa
Ticino, reazioni del mondo educativo ed ecclesiastico ai recenti casi di cronaca
Due uragani hanno travolto la scuola ticinese. Lo scorso 7 giugno un
ex maestro di scuola elementare, attivo in un istituto del Luganese, è
stato condannato a 9 anni di carcere da espiare per aver abusato di 12
allievi (si parla di almeno 60 atti sessuali con fanciulli perpetrati
sull’arco di un decennio). E si avvicina l’ora del giudizio anche per
Flavio Bomio, il 70.enne ex presidente della Società di nuoto Bellinzona
– e docente di scuola media in pensione – accusato di aver abusato
sessualmente di decine di suoi atleti (il processo alle Assise criminali
prenderà il via lunedì 5 agosto). Come ha reagito il mondo scolastico a
questi gravi episodi? E, più in generale, quali strategie ha adottato
per contrastare le violenze sui minori? Ce lo siamo chiesti mentre ieri
agli Stati si discuteva dell’iniziativa popolare «Affinché i pedofili
non lavorino più con fanciulli.
«In seguito a questi terribili episodi di cronaca, la scuola ha
cominciato ad interrogarsi su come perfezionare le procedure di
collaborazione con polizia e procura», afferma Emanuele Berger,
direttore della Divisione della scuola e coordinatore del Dipartimento
dell’educazione, della cultura e dello sport. A breve si terrà un
incontro tra Governo, autorità scolastiche e il procuratore generale
John Noseda focalizzato sul tema dello scambio di informazioni. Lo scopo
è quello di capire cosa fare con esattezza in caso emergano dubbi
intorno alla figura di un docente. «È chiaro, al minimo sospetto di
abusi fisici o morali si deve intervenire», sottolinea il nostro
interlocutore. «La prima cosa da fare è la denuncia. Ma si tratta di una
materia delicata, complessa. È necessario considerare la tutela delle
persone, insegnanti compresi, in modo da evitare una dolorosa caccia
alle streghe»...
Nel 2010 i media avevano segnalato la presenza in Svizzera di 60 casi
di pedofilia tra gli operatori pastorali elvetici, due dei quali
concernenti la Svizzera italiana. Intervistato dal «Giornale del
Popolo», il vescovo Pier Giacomo Grampa aveva detto:
«Nei 6 anni del mio servizio episcopale non c’è stata la necessità di
nessuna segnalazione. Penso che i due casi a cui si riferisce siano
antecedenti e entrambi già regolati da processi, condanne, magari con la
condizionale, pene da affrontare e vorrei che non se ne parlasse più
visto che sono stati saldati i conti con la giustizia. Certo rimane
l’impegno di vicinanza e assistenza alle vittime». In ogni caso in
seguito la Diocesi di Lugano ha istituito una «Commissione abusi
sessuali» di cui fanno parte tre personalità qualificate: lo psicologo e
psicoterapeuta Dante Balbo, il sostituto magistrato dei minorenni
Fabiola Gnesa e lo psichiatra Graziano Martignoni (come riferisce
l’Annuario della Diocesi 2013). «Alla Commissione – aveva spiegato nella
stessa intervista il vescovo – chiedo di assicurare un sostegno
psicologico sia alle vittime, sia a chi si è reso colpevole. Domando
pure a questi esperti di dare indicazioni per il cammino formativo dei
futuri preti, al riguardo del quale ritengo importanti la presenza di
corsi specifici relativi a questa problematica, un esame preventivo dei
candidati da parte di psicologi di fiducia, una particolare attenzione e
un approfondito esame prima di ammettere dei candidati agli ordini
sacri. È pure importante proporre al clero corsi di formazione e di
aggiornamento con particolare attenzione pure a queste tematiche». Un
team che non si riunisce Da noi contattato, uno dei membri della
commissione, il dottor Graziano Martignoni, ci spiega che «in questi
anni non sono mai stato convocato a nessuna riunione o sollecitato ad
intervenire professionalmente». Un’osservazione da interpretare in senso
positivo, secondo il nostro interlocutore: «È certamente un buon
segno», spiega.
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