Pedofilia, la procura generale chiede annullamento
"Devastante per Francesca l'incontro con l'orco"
Il ricorso del pg sulla ragazzina abusata dal vicino rimandato a casa: "La legge tuteli i deboli
ROMA - "Non si ritiene che la salute della minore, i suoi sentimenti, le
sue angosce siano stati tutelati in modo adeguato. La Corte ha
sottovalutato gli effetti devastanti che può determinare nella psiche e
nella mente di una fanciulla l'incontro con il suo aggressore". Parole
forti quelle con le quali la procura generale ha impugnato il rigetto
della Corte d'appello di Roma a disporre una nuova misura cautelare per
lo "zio" Pino, il vicino di casa della piccola Francesca, condannato in
primo e secondo grado per violenza sessuale.
Il pg chiede l'annullamento con rinvio ad altra sezione. Ora sarà la Suprema Corte a decidere su una vicenda che ha scosso l'opinione pubblica. Politici, magistrati, avvocati e psicologi hanno espresso sdegno per la storia della piccola che, dopo cinque anni di molestie, ha visto il suo aguzzino tornare a vivere nel palazzo dal quale era stato allontanato grazie a un divieto di dimora emesso più di due anni fa, dopo la denuncia. Misura che, spiega il pg, era stata sempre in vigore "nel corso dei due gradi di giudizio in considerazione della gravità dei fatti e del ritenuto sussistente pericolo di reiterazione, aggravato dalla circostanza che l'aggressore risiede nello stesso stabile abitato dalla vittima, al piano immediatamente superiore". Ma che, i giudici hanno revocato. A quel punto la procura ha chiesto un nuovo provvedimento. Ma la Corte ha detto no. Ritenendo, si spiega nel ricorso, "di dover valutare soltanto il pericolo di reiterazione senza considerare le gravi conseguenze che, a livello psicologico, il ritorno dell'imputato nel contesto abitativo della sua vittima, ancora minorenne e quindi particolarmente debole e sensibile alla sua vicinanza, avrebbe potuto determinare".
Decisione che la pubblica accusa non condivide affatto. "Ci si duole - si legge nell'impugnazione - del provvedimento della Corte d'appello che, revocando la misura del divieto di dimora, consente all'imputato di vivere indisturbato a stretto contatto con la vittima dei suoi abusi, in spregio degli sforzi del legislatore che hanno avuto come fine precipuo la più ampia tutela della vittime con l'allontanamento dell'aguzzino". Peraltro, sottolinea il pg Alberto Cozzella nel ricorso: l'aguzzino ha un immobile di proprietà a Vitinia mentre a Roma è in affitto. La madre della bambina, invece, è proprietaria dell'appartamento. Eppure ora lui è a Roma mentre la sua piccola vittima è stata mandata fuori città. Presto, però, dovrà tornare: ricomincia la scuola.
Il pg chiede l'annullamento con rinvio ad altra sezione. Ora sarà la Suprema Corte a decidere su una vicenda che ha scosso l'opinione pubblica. Politici, magistrati, avvocati e psicologi hanno espresso sdegno per la storia della piccola che, dopo cinque anni di molestie, ha visto il suo aguzzino tornare a vivere nel palazzo dal quale era stato allontanato grazie a un divieto di dimora emesso più di due anni fa, dopo la denuncia. Misura che, spiega il pg, era stata sempre in vigore "nel corso dei due gradi di giudizio in considerazione della gravità dei fatti e del ritenuto sussistente pericolo di reiterazione, aggravato dalla circostanza che l'aggressore risiede nello stesso stabile abitato dalla vittima, al piano immediatamente superiore". Ma che, i giudici hanno revocato. A quel punto la procura ha chiesto un nuovo provvedimento. Ma la Corte ha detto no. Ritenendo, si spiega nel ricorso, "di dover valutare soltanto il pericolo di reiterazione senza considerare le gravi conseguenze che, a livello psicologico, il ritorno dell'imputato nel contesto abitativo della sua vittima, ancora minorenne e quindi particolarmente debole e sensibile alla sua vicinanza, avrebbe potuto determinare".
Decisione che la pubblica accusa non condivide affatto. "Ci si duole - si legge nell'impugnazione - del provvedimento della Corte d'appello che, revocando la misura del divieto di dimora, consente all'imputato di vivere indisturbato a stretto contatto con la vittima dei suoi abusi, in spregio degli sforzi del legislatore che hanno avuto come fine precipuo la più ampia tutela della vittime con l'allontanamento dell'aguzzino". Peraltro, sottolinea il pg Alberto Cozzella nel ricorso: l'aguzzino ha un immobile di proprietà a Vitinia mentre a Roma è in affitto. La madre della bambina, invece, è proprietaria dell'appartamento. Eppure ora lui è a Roma mentre la sua piccola vittima è stata mandata fuori città. Presto, però, dovrà tornare: ricomincia la scuola.
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