04 settembre 2013

E' QUESTO CHE VOLEVAMO ?

È questo che volevamo? 

Abbiamo inseguito la libertà totale e ci troviamo immersi in un mondo di dolore e di diffidenza. Il solito proclama apocalittico?  Vediamo i fatti.
Libero amore tra due persone che vogliono vivere insieme: tolti i vincoli, della natura non della legge, che partendo dalla persona precisavano che ci dovesse essere una dimensione senza fine, l’unica che garantisse che i due fini della relazione – mutuo aiuto e procreazione- non andassero persi, ci troviamo a dover lottare con femminicidi, famiglie allo sbando, figli persi, bamboccioni, bambagioni, adolescenti killer e così via.
L’amore trasformato in possesso, in soddisfazione persone, in passione produce uomini violenti, fragili, incapaci di rinunciare, di essere sconfitti, che preferisco dar(si) la morte che accettare il dolore, che è parte della vita se non credi che l’esistenza sia una sequenza di diritti personali senza alcun dovere. E donne che rinunciano all’amore per scimmiottare uomini piccoli piccoli.
Questa degenerazione dell’amore da atto della persona, quindi con il coinvolgimento di volontà ed intelletto e non solo istinto o emozione, ha introdotto un nuovo fenomeno noto come pedofilia, cioè la passione sessuale per quelli che rientrano ancora nella categoria di bambini. Ma non è di questa depravazione che voglio parlare quanto del fatto che ora il normale affetto di un adulto per un bimbo, che nella storia di ogni civiltà è stato visto come un elemento di rispetto e di crescita, è visto e giudicato come un possibile atto di pedofilia: il maestro che accarezza l’alunno, il negoziante o il passante che aiuta il bambino smarrito, l’aiuto che veniva offerto ad un piccolo al supermercato, sul tram, per strada e del quale io piccolo ho beneficiato con fiducia oggi è impossibile.
Non che in quegli anni “i mostri” come li chiamavano all’ora non esistessero, e ci dicevano bene di stare all’erta, ma la fiducia verso gli adulti era una delle certezze sulle quali costruire la nostra vita.
Uscire a cena con un figlio alla volta è un modo per stabilire una relazione personale con ognuno di loro, eppure anche questa bella abitudine viene insozzata dal sentire comune che, se maschera dietro un “tutto e lecito” la presunta assenza di giudizio, in realtà giudica e condanna eccome, fingendo di essere politically correct, e ti prende o per un matricolate e attempato playboy, e questo ormai sia se esci con la figlia che con il figlio, o per un padre separato a cena con la prole senza la compagna. E personalmente entrambe le cose mi seccano assai.
Insomma tolto il senso della verità abbia raggiunto la perfetta condizione di homo homini lupus, siamo riusciti a scatenare l’accusa preventiva contro ogni situazione. È questo il mondo che desideravamo?

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