Sangue infetto, 60 mila casi in Italia:
«Lo Stato italiano paghi gli indennizzi»
STRASBURGO - Gli italiani infettati da
trasfusioni di sangue o da prodotti da questo derivati hanno vinto oggi
la loro battaglia a Strasburgo. La Corte europea dei diritti umani ha
stabilito che lo Stato deve versare a tutti gli infettati l'indennità
integrativa speciale prevista dalla legge 210/1992.
Il ricorso su cui si è pronunciata oggi la Corte dei diritti umani
riguarda 162 cittadini italiani infettati da Hiv, epatite B o C dopo
una trasfusione o somministrazione di emoderivati. Secondo quanto
stabilito dalla legge 210 del 1992 hanno diritto, come altre migliaia di
persone (una parte delle quali ha già presentato ricorso a Strasburgo) a
un'indennità che deve essere rivalutata ogni anno in base al tasso
d'inflazione. Ma le autorità italiane non hanno mai pagato la
rivalutazione annuale - che costituisce la parte più consistente
dell'indennizzo - e con il decreto legge n. 78 del 2010 l'hanno abolita.
I ricorrenti non hanno ricevuto le somme che gli erano dovute per la
rivalutazione annuale anche dopo che la Corte costituzionale italiana
con una sentenza del 2011 ha dichiarato incostituzionale il decreto
legge del 2010.
Un provvedimento, quest'ultimo, ora censurato anche dalla Corte di
Strasburgo secondo la quale - in base a quanto scritto nella sentenza
odierna - lo Stato italiano ha violato i diritti dei ricorrenti e di
tutti coloro che si trovano nella loro stessa situazione. Secondo i
giudici, in particolare, con il decreto del 2010 lo Stato ha solo voluto
garantirsi un vantaggio economico nei processi intentati dai ricorrenti
contro il mancato pagamento della rivalutazione dell'indennità. La
sentenza 'pilota' odierna, sottolineano fonti della Corte, riguarda non
solo i ricorrenti che hanno visto accolta la loro tesi, ma anche tutti
gli altri italiani che si trovano nelle stesse condizioni. In base a
quanto stabilito dai giudici di Strasburgo, lo Stato italiano avrà sei
mesi di tempo, dal momento in cui la sentenza diventerà definitiva, «per
stabilire una data inderogabile» entro cui s'impegna a pagare
rapidamente le somme dovute. La sentenza non sarà comunque definitiva
prima di tre mesi, ovvero il tempo a disposizione del governo italiano
per chiedere la revisione del caso davanti alla Grande Camera della
stessa Corte.
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