Vincenzo Manduca ha ucciso Lisa Puzzoli. Una storia di stalking... e le procure alzano bandiera bianca e non sanno che fare...
Vincenzo ha ucciso Lisa. Qualcuno si meraviglia? Io no, visto che su di
me pende una querela nata dalla mia esuberanza nel difendere chi si è
visto sfondare la porta di casa (mia nipote), sbattere a terra, anzi
sulle scale (mia sorella), e portare via dalle braccia un figlio di
neppure tre anni ancora in pigiama. Come me non si meravigliano tutte
quelle persone che lo stalking lo hanno subito e lo stanno subendo.
Uomini e donne che tremano ad ogni sms che ricevono, che si trovano il
cuore in gola quando sentono suonare alla porta di casa e quando debbono
uscire per andare al lavoro. Insomma, viste le tre denunce per stalking
presentate da Lisa Puzzoli, pare quasi normale che questa tragedia,
l'ennesima, si sia verificata. Il motivo è semplice da capire. In casi
del genere si vive e si cammina in equilibrio precario. La vittima, se
ne è capace, cerca di mediare, di restare calma per non innescare
reazioni, non considerando in maniera ragionata che il molestatore non è
in grado di controllare mentalmente i propri impulsi ed ha il "vaso
della rabbia" colmo già in partenza. Non considerando che ogni goccia
aggiunta trabocca ed esaspera la sua voglia di farsi "giustizia" per ciò
che ritiene essere torti. E non è detto che la goccia non se la crei
autonomamente nei suoi pensieri malati. Perché è fuor di dubbio che lo
stalking, prima ancora che un reato, sia una malattia da curare in
strutture idonee. Una mente sana non si metterebbe mai nella situazione
di dover aggredire una persona in modo continuativo, né a parole né con
le mani né con un coltello o una pistola, e la perseveranza di un simile
comportamento fa sempre aumentare il disagio, non lo fa di certo
scemare.
Eppure, nonostante sia chiaro che senza un drastico intervento il
disagio si amplificherà aumentando le possibilità di nuove aggressioni,
c'è ancora chi si meraviglia e crede di non poter far nulla. E' il
procuratore di Udine, Antonio Biancardi. Lui ad un giornalista del "Il Gazzettino" parla di una vera e propria "emergenza stalking".
Ne parla ma pare non se ne renda conto, oppure che abbia alzato le mani
in segno di resa. Prima ci rende partecipi del suo lavoro, dichiarando
che ogni settimana sulla sua scrivania arrivano decine di denunce per
stalking, poi ci invita a un "fai da te" di tipo
hobbistico. Ci invita all'autotutela, quasi basti andare a un "brico"
qualunque per poter acquistare l'esperienza che serve ad evitare
tragedie e omicidi. Le sue parole fanno intendere che sulle procure
italiane sventolino, oltre che la bandiera nazionale ed europea, anche
tante bandierine bianche: "Non possiamo mettere la scorta a tutti.
L'unica misura efficace sarebbe la custodia in carcere, ma bisogna fare
i conti con i poteri e i mezzi a disposizione di gip e pm. Al più si
ottiene un divieto di avvicinamento, ma se uno vuole uccidere non basta
di certo. Le vittime devono stare attente e tutelarsi. In casi del
genere non bisogna avvicinarsi o comunque non è bene farlo da soli".
Grazie procuratore, ma le ricordo che a Palermo Samuele Caruso ha ucciso
la sorella della sua ex fidanzata proprio a causa del suo consiglio.
Spero che non tutti i suoi colleghi la ragionino come lei, spero ci sia
chi presto inizierà a chiedere TSO (trattamenti sanitari obbligatori)
psichiatrici e non un divieto di avvicinamento. Inoltre curare è meglio
che mandare in galera, esperienza buona solo a far aumentare la rabbia e
il rancore. A questo proposito le ricordo che a Terracina, Luigi
Faccetti non appena uscito dal carcere (andando chissà perché ai
domiciliari), ha ucciso chi non era riuscito ad uccidere con dieci
coltellate poco tempo prima, Emiliana Femiano. Per quanto riguarda
l'omicidio di Lisa Puzzoli, devo dirle che non tutta la colpa ricade
sulla sua procura, che aveva in corso di istruttoria un nuovo fascicolo
contro il ragazzo, che anche il Gip deve farsi un esame di coscienza,
visto che nel 2010 non ha ritenuto che gli innumerevoli messaggi di
minaccia del Manduca fossero atti persecutori e li ha archiviati sotto
la scritta: "giustificati dalla questione relativa alla gravidanza". Come se le minacce continue si possano giustificare.
Non è un Gip a dover giustificare, è l'avvocato che segue il ragazzo che
deve cercare di alleviarne la posizione. Ed a questo servono le sue
parole quando rammenta a tutti che Lisa non voleva far riconoscere la
bimba al padre. Padre che ha visto per la prima volta sua figlia a tre
mesi dalla nascita e che per poterle dare il cognome ha dovuto chiedere
il test di paternità. Padre che in due anni ha incontrato la bimba solo
sette volte e solo per pochi minuti. Queste, se non ci fosse di mezzo un
morto, sarebbero buone giustificazioni e servirebbero a trovar
ragione di un torto subìto. Ma purtroppo Vincenzo ha ucciso Lisa
credendo di fare auto-giustizia quando un tribunale gli ha comunicato
che anche le prossime visite alla figlia non sarebbero durate che pochi
minuti (la goccia in più che toglie altra ragione). Per farlo ha
acquistato un coltello, si è presentato alla sua porta con uno
stratagemma e per vederla le ha parlato dell'assegno di mantenimento
compilato male. Lui è l'omicida, non ci son dubbi, sua era la mano e suo
il coltello, ma chi non gli ha impedito di arrivare a questo punto? Chi
gli viveva accanto poteva accorgersi del disagio, è indubbio, ma
volendogli bene non avrebbe mai potuto credere che quel ragazzone fosse
malato al punto da diventare un assassino. Cosa che invece avrebbe
dovuto notare chi ha visto la sua storia scritta sui fogli e sulle
denunce. Chi era emotivamente fuori e non coinvolto, poteva non pensare
che presto qualcosa di brutto sarebbe accaduto e, sfruttando al massimo
la legge, chiedere ad uno psichiatra di verificare se la sanità mentale
del denunciato fosse intatta o intaccata?
Ora il dolore sarà eterno e toccherà in primis quella figlia contesa
rimasta senza più madre né padre, quei genitori che passeranno le loro
giornate a portar fiori e lacrime al cimitero e quelli che chiederanno
di poter visitare loro figlio in carcere. Simona Pletto, per la Voce di
Romagna, ha ascoltato la madre di Vincenzo Manduca: "L’hanno fatto
impazzire di dolore. Sì, perché gli hanno sempre negato di vedere la
figlia e lui ne soffriva. Soffriva tutte le volte che andava su per
vederla, ma invano, ogni volta che si avvicinava una festa. Sono state
scritte tante cose non vere... venerdì mattina Vincenzo era
nervoso per via di quel documento arrivato dal tribunale, verso
mezzogiorno stava uscendo nervoso e quando gli ho chiesto: dove vai, mi
ha detto: a te non interessa. Poi è uscito di casa, per andare da lei...
Vincenzo è sempre stato un bravissimo ragazzo, nessuno si aspettava una
cosa così. E bastava poco per evitare questa tragedia. Hanno abitato
qui sei mesi, quando è rimasta incinta, lei al secondo mese di
gravidanza è tornata a casa. Non voleva che lui riconoscesse la figlia,
Vincenzo non ha mai dubitato di esserne il padre. Lui voleva solo
vederla".
Paola Treppo, invece, per "Il Gazzettino" ha ascoltato il fratello di Lisa, Luca Puzzoli: "Ero
appena tornato a casa dal lavoro, in casa c'erano la piccola e Lisa.
Pochi minuti e ho sentito il campanello. Ho visto l'auto sportiva di
Vincenzo e ho detto a mia sorella che sarei andato io ad aprire. Ma lei
non ha voluto. Non si aspettava di certo un attacco letale. Li ho visti
un attimo parlare vicino al cancello aperto; lei appoggiata con un
braccio al portone. Non si vedeva molto perché la luce di casa non
illumina tutto il cortile: ho capito che lui era venuto a parlarle per
una questione di un assegno di mantenimento scritto in modo sbagliato.
Invece era soltanto una scusa. Se in casa ci fosse stato qualcun altro
ero pronto a inseguirlo, con la mia auto, e a tagliargli il collo con lo
stesso coltello con cui ha massacrato mia sorella. Se non sarà fatta
giustizia, ci penserò da solo: se uscirà dal carcere, lo andrò a
cercare". Nell'attesa dell'arrivo dell'ambulanza Luca sente il polso, chiama la sorella: "Niente,
non dava più segni di vita. Vedevo solo questo coltello da macellaio
infilato nella schiena. Poi, quando i soccorritori le hanno tagliato gli
abiti ho notato, con sgomento, una lunga ferita lungo la colonna
vertebrale e poi altre davanti, al collo e alla pancia. Ho trovato una
cartellina vuota in strada: sono certo che dentro ci aveva nascosto il
coltello, non i documenti dell'assegno di mantenimento. Quando sono
arrivati i miei parenti l'ira e la rabbia sono salite ancora: mio zio e
mio padre volevano inseguirlo per prenderlo a botte, ma credevamo se la
fosse data a gambe, quando in realtà stava chiamando il 112 a due passi
da casa. Non credo più a niente, né alla giustizia, né nelle
istituzioni. Tutti sapevano e nessuno ha fatto nulla. Lisa e Vincenzo
s'erano conosciuti in internet: Lui è venuto qui la prima volta a
trovarla con tanti regali e i miei genitori l'hanno accolto come un
figlio. Poi lei è andata a convivere con lui due mesi a Forlì e solo
dopo, rientrata a casa, ci ha confidato che era stata più volte
picchiata e minacciata. Aveva minacciato di morte anche noi parenti. Ci
aspettavamo un fatto violento ma non adesso, non si è mai pronti... Si
spera cambino le cose".
Nelle sue parole la rabbia e il dolore, la voglia di vendetta e la rassegnazione per ciò che è stato e si poteva evitare.
Vincenzo ha ucciso Lisa, questa è la cruda realtà che ora non si può
cambiare. Ci rassegniamo ed alziamo bandiera bianca, come pare abbiano
fatto le procure, lasciando che chi vive nell'incubo dello stalking
si auto-tuteli, magari munendosi di guardie del corpo private, lasciando
che i fratelli delle donne uccise si vendichino a posteriori... o
iniziamo col cercare metodi curativi che possano dimostrarsi efficaci ed
aiutare sia la vittima che il persecutore?
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