Emanuela Orlandi. Si apra la tomba del De Pedis e la si smetta di dire e far panzane in Vaticano
Tutto ha inizio domenica 3 luglio
1983. Papa Giovanni Paolo II, come di consueto, prima di recitare
l'Angelus tiene un discorso su quanto accaduto al mondo. E' mezzogiorno
passato da poco quando, dopo aver parlato dei mali presenti sulla Terra,
rivolge un appello affinché chi ha rapito Emanuela Orlandi la liberi.
Solo dopo le sue parole parte il giallo che ancora oggi non ha trovato
soluzione. Chi gli ha scritto il discorso? Chi gli ha parlato della
ragazza e, soprattutto, chi gli ha detto che era stata sequestrata? Fino
a quel giorno Emanuela, per le forze dell'ordine italiane, se n'era
andata di sua spontanea volontà, ed anche le telefonate ricevute dalla
famiglia portavano in questa direzione. Un ragazzo, che disse di avere
sedici anni e di chiamarsi "Pierluigi", aveva chiamato due giorni dopo
la scomparsa ed aveva detto di averla vista in Piazza di Spagna assieme
ad un'altra ragazza. Aveva parlato degli occhiali da astigmatici, di cui
la Orlandi si vergognava, e del flauto che la stessa suonava.
Particolari veri che non tutti potevano conoscere. A ruota fu la volta
di un uomo qualificatosi come "Mario". Anche lui conosceva questi
particolari e, fatto importante, entrambi l'avevano descritta pur non
essendo Roma ancora tappezzata delle sue fotografie (lo sarà solo dopo
l'appello del Papa). Quindi, anche se la famiglia non credeva ad un
allontanamento volontario, per tutti Emanuela non era stata rapita...
per tutti tranne per chi scrisse il discorso che precedette l'Angelus.
Dopo l'appello vaticano
iniziarono i depistaggi. Iniziarono le rivendicazioni, si parlò di "Lupi
grigi" e servizi segreti della Germania dell'est, si toccò ogni punto
possibile ma, ad essere onesti, non si indagò mai su l'unico punto che
avrebbe potuto condurre ad una svolta. Non si indagò mai sulla malavita
romana e non si invase mai la sfera di competenza della Santa Sede. Sì
perché Emanuela era una cittadina della Città del Vaticano. E c'è da
chiedersi: "Ha avuto rilevanza la cittadinanza sul suo sequestro?".
Prima di lei a Roma era stata rapita un'altra quindicenne, Mirella
Gregori, ed anche di lei non si ebbero più notizie. Ma i due sequestri
sono o no collegati? Forse sì perché un collante pare esserci. Mirella
uscì di casa dicendo che si sarebbe incontrata con un vecchio compagno
di classe (un compagno delle scuole medie? Chi?), da quel momento di lei
non si ebbero più notizie. Aveva mentito alla famiglia? Doveva
incontrare qualcun altro? Chi la incontrava spesso, a detta della madre,
era un cero Roul Bonarelli, al tempo addetto alla sicurezza del Papa ed
ora vice ispettore della gendarmeria vaticana.
Mirella Gregori
Mirella Gregori
Ma come faceva un uomo del Vaticano ad
incontrare la Gregori che aveva solo quindici anni? Semplice. Il
Bonarelli non è svizzero, è italiano, e non era fisso giorno e notte al
Vaticano, dove aveva un ufficio a venticinque metri dalla casa degli
Orlandi, e frequentava giornalmente un bar frequentato anche da Mirella
Gregori. Quindi il Bonarelli conosceva sia la Gregori che l'Orlandi di
cui, si può dire, durante il giorno era vicino di casa. Quindi è lui il
collante che accomuna le due ragazzine, un collante conosciuto anche
nella Santa Sede dato che la sera prima di essere interrogato dai
magistrati italiani vi fu un noto personaggio vaticano, Monsignor
Bertani (cappellano del Papa), che gli ricordò di dover mentire agli
inquirenti romani e non dir nulla di quanto scoperto dalla Segreteria di
Stato, anzi di dire che al Vaticano non s'era fatto niente perché il
sequestro era avvenuto in terra italiana. Se a questa richiesta si
aggiunge la reticenza di tanti Cardinali (potenti), primo fra tutti
Giovan Battista Re, che si rifiutarono di venire interrogati, ecco che
abbiamo la quasi certezza di un giallo nato fra le mura vaticane e,
molto probabilmente, sfuggito di mano a chi tirava le fila che, per
compattare e risistemare il tutto, ha chiesto aiuto a chi più ci sapeva
fare, alla malavita romana ben inserita nei meandri papali.
Ora io lascerei da parte ogni
forma di depistaggio, si rischia solo la confusione mentale ed il
ritorno alle idee senza sbocco, per cui non voglio addentrarmi in quanto
di losco capitava negli anni '80 al Vaticano, capita ancora?, non
voglio parlare di Marcinkus e di complotti d'alto bordo perché, a parer
mio, i complotti iniziarono dal 3 luglio in poi, quando ci fu chi
scrisse il discorso del Papa includendovi il sequestro di Emanuela
Orlandi. Lascerei da parte anche chi parla di complotti internazionali
seri e crede Emanuela sia ancora viva, chi difendeva Ali Agca,
l'attentatore che due anni prima ferì il Papa, poi diventato avvocato
della madre di Emanuela, lascerei da parte Mario Meneguzzi, zio materno
della ragazza, che al tempo disse di non conoscere un tale agente del
SISDI quando il tale agente era stato il fidanzato di sua figlia,
lascerei da parte il fatto che la sorella maggiore di Emanuela,
Natalina, lavorasse in una sezione del Parlamento italiano assieme ad
Antonio Morrone, il dirigente che inviò al Vaticano le rogatorie per
poter interrogare alcuni alti prelati e che al tempo stesso, coprendo
pure l'incarico di magistrato unico alla Santa Sede, firmò i documenti
in cui negava la disponibilità agli interrogatori. Un fatto unico essere
allo stesso tempo sia il richiedente che il negatore. Ma lascerei da
parte anche i telefonisti che ben conoscevano Emanuela. Uno di questi,
portato al grande pubblico con la scritta "Esclusiva Chi L'ha Visto?",
si è scoperto essere chiuso in carcere al momento del sequestro ed
impossibilitato a telefonare (in trasmissione il particolare lo si è
taciuto).
Ma non voglio parlare neppure
del cameriere polacco del Papa, un pedofilo spostato dalla Santa Sede
con strane promozioni e poi arrestato per aver abusato di decine di
minorenni... oppure ne dovrei parlare? Forse ne dovrei parlare perché in
giro se ne parla. Il prelato in questione, Juliusz Paetz, al tempo
della scomparsa della Gregori e della Orlandi non era più a Città del
Vaticano, al contrario di quanto scrivono ancora oggi i giornalisti,
perché il 13 marzo del 1983 aveva preso possesso del suo nuovo incarico
di vescovo a Poznan, in Polonia. Ma il fatto che mancasse dall'Italia al
momento del rapimento non sta a significare non ne fosse coinvolto o
non sapesse. Al contrario Paetz è molto probabile sappia cosa capitato
la sera del 22 giugno di quel maledetto 1983, lui fino a pochissimi mesi
prima era vissuto in quelle stanze (e per anni ed anni) e conosceva
bene i personaggi che le comandavano. Dico questo perché dopo essere
stato denunciato di pedofilia dai suoi chierichetti, dopo aver egli
stesso esercitato pressioni e mandato nelle missioni in Zambia chi lo
osteggiava, si dimise (nella lettera di dimissioni scrisse che i
toccamenti erano stati fraintesi in quanto frutto del suo altruismo) e
finì col venire esautorato delle sue funzioni sacerdotali. Ma a questo
punto, improvvisamente, si ribellò ai comandi vaticani e capitò che, con
grande sconcerto del nuovo vescovo di Poznan che ancora oggi ha la
bocca aperta per lo stupore, la Santa Sede fece dietro-front. Così dal
17 giugno 2010 Juliusz Paetz può nuovamente fare quanto faceva prima.
Cosa c'è di strano? C'è che chi gli ha restituito i suoi poteri è il
sempiterno Giovan Battista Re, lo stesso che non ha voluto che i prelati
vaticani rispondessero alle domande degli inquirenti romani nel 1983.
E' tutto un caso fortuito o c'è
chi ha una forte arma in mano e può usarla contro i poteri forti? Per me
è chiaro che siamo in presenza di un intreccio particolare. E' chiaro
che chi comanda in realtà a Città del Vaticano (ed ho taciuto l'ordine
d'arresto americano per il Cardinale Ratzinger, in quanto una volta
diventato Papa è stato annullato) sa bene cosa è capitato ad Emanuela
Orlandi e sa bene perché è sparita. E' chiaro che sa bene anche a chi
hanno dato l'incarico di farla sparire, non si regala una tomba pregiata
senza un valido motivo, e sa bene che i depistaggi sono partiti
dall'interno delle mura vaticane dopo l'appello del Papa, un appello
studiato a tavolino. Questo lo ha sempre saputo anche la famiglia
Orlandi, a cui va tutta la mia solidarietà anche se si è dimostrata a
volte omertosa non dicendo tutto e continuando a coprire il Vaticano.
Però sono da capire, il loro comportamento è da addebitarsi agli stessi
prelati che nel tempo l'hanno convinta del fatto che Emanuela fosse viva
e sarebbe tornata a casa. Ma Emanuela non tornerà, come pure non
tornerà Mirella Gregori, perché chi muore non può tornare in vita. Da
tempo a questa conclusione è arrivato anche il fratello, Pietro Orlandi,
che in collaborazione con la trasmissione "Chi L'ha Visto?" sta
cercando il modo di scardinare alcune difese Papali. Per questo motivo, e
solo per questo, è giusto firmare la petizione per far sì che si apra
la tomba del De Pedis all'interno della Basilica di Sant'Apollinare.
Chissà mai che i vari burattinai
ecclesiastici non si siano ritenuti troppo furbi, chissà mai non
abbiano pensato di chiudere in quella tomba i loro segreti ed i corpi di
due quindicenni. Troppo insensato? Ed allora non c'è nulla da temere,
si apra quel sarcofago, la si smetta in Vaticano di dir panzane ed i
dubbi spariranno, forse
Nessun commento:
Posta un commento