A volte l'apparente civiltà nasconde, sotto i capelli pettinati a modo, la mancanza d'animo ed il vuoto mentale
Provate ad immedesimarvi, se già non
ci siete passati, ed a cercare di comprendere cosa accade nella mente
dei genitori che in un reparto di ostetricia si sentono dire: "In vostro
figlio c'è qualcosa che non va". Provate ad essere loro in quel lungo e
tormentato minuto, il loro cuore, il loro sangue, il loro centro
nervoso, il loro iniziale rifiuto, la loro speranza di un errore.
Provate ad essere loro quando la speranza verrà tranciata di netto da
analisi sofisticate e da piccole contrazioni che non lasciano dubbi,
quando il primo dottore di quel reparto vi si avvicinerà col volto
truce, che solo in quelle occasioni mette in mostra, ed inizierà a
parlare anticipando la frase da un "purtroppo". Non è facile, non è
affatto facile accettare sia nata dai propri "geni" una nuova vita che
sa di punizione. Non è facile sapere che si sta crescendo un bimbo, un
figlio proprio, con deficit che ancora bene non si comprendono ma che di
certo ne limiteranno le capacità. Non è facile vederlo dormire come
dormirebbe se fosse "normale", se non avesse problemi, e capire al
risveglio che nulla è cambiato. Capire nei giorni, negli anni, che nulla
cambierà. Capire che per quanti grandi siano gli sforzi che potreste
fare lui resterà "lui". Non è facile rendersi conto di non essere
genitori diversi nonostante si abbia un figlio da tutti additato quale
"diverso".
Non è facile immedesimarsi
nell'esistenza altrui, lo so, ma se mai vi foste riusciti ora vi
stareste rendendo conto che in fondo di diverso in voi c'è poco.
Continuate ad immaginare. Con il trascorrere della vita i giorni
passeranno, le lacrime passeranno, gli anni passeranno e lui sarà sempre
lì, accanto a voi che nel frattempo avrete imparato ad amarlo per quei
suoi occhi che vi hanno chiesto, e continuano a chiedervi, ciò che ogni
figlio merita di avere da un padre e da una madre, l'amore. E non
potrete fare a meno di lui, e se venisse a mancare piangereste come
piangerebbe un qualsiasi altro genitore... sarà dopo aver capito questo
che sarete sicuri di essere come gli altri, anzi forse meglio degli
altri perché la dedizione quotidiana che voi donate al vostro bimbo vi
rende "migliori" dei tanti che ai loro figli non mettono neppure una
mano sui capelli per fare quella carezza che sa tanto di amore.
E così riuscirete a riadattare la vostra vita coniugandola alle sue
esigenze. Rinuncerete al superfluo, a sognare per lui un futuro da
"calciatore", da "star", ma starete bene perché quello scricciolo vi
avrà fatto capire cosa in realtà "conta" per non sentirsi morti da vivi,
la semplicità ed il donarsi senza paura a quanto ci potrebbe un domani
capitare. Perché solo nel riuscire a capire che anche nella parte
apparentemente brutta c'è qualcosa di bello sta la crescita dell'essere
umano. Ed ognuno di noi dovrebbe, se non capire, almeno tollerare senza
fatica la presenza di chi non ha avuto la nostra stessa fortuna. Così
come il saggio accetta e parla all'ignorante, per aiutarlo e farlo
"crescere", il sano dovrebbe accettare il disabile per aiutarlo a non
emarginarsi. Così dovrebbe essere se si pretende di vivere in una
società civile, se si pretende di essere civili. Perché la civiltà non
la fanno gli abiti firmati, non la fa il denaro, non la fa l'apparenza
che ci deve rendere perfetti agli occhi del mondo, la civiltà la fa il
pensiero che non resta circoscritto su una carta o nella mente ma si
esterna visibile, la civiltà la fa l'errore ed il saperlo ammettere, la
civiltà la fa chi non crea barriere fra sé e gli altri.
Ed è questo il punto che ci porta a parlare degli ultimi avvenimenti
estivi. Nei giorni scorsi abbiamo letto che la responsabile di un
albergo di Caorle ha chiesto ai genitori di un ragazzo, disabile, di non
farlo mangiare nella sala ristorante ma in camera perché gli altri
clienti si erano lamentati della sua presenza e dei rumori emessi
durante la deglutizione. Chiaramente lei ha assecondato le persone
"normali" che in tutta civiltà si sono sentite disturbate da un
"diverso" in carrozzina a cui la vita ha regalato solo un padre ed una
madre che lo amano. Nessuno dei clienti ha pensato di cambiare i propri
orari, andare mezz'ora dopo per evitare ciò che li infastidiva ad
esempio (dato che s'è capito che erano infastiditi quasi che fra loro
non ci fosse un essere umano ma una sorta di sgorbio con le ruote), no
di certo. Vista la loro sanità hanno pensato bene di mandare a mangiare
in camera l'unico che non gli assomigliava. Cosa dire? Nulla si può dire
se non che non è un caso isolato, come può sembrare leggendo i
giornali, perché la maggioranza dei genitori a cui capita di sentirsi di
troppo, a causa di persone che non accettano di stare accanto ai
disabili, non fa alcuna denuncia, ingoia piange e se ne va!
Fortunatamente qualcuno che non si sente diverso, nonostante la malattia
del figlio, c'è e si fa sentire. L'anno passato, sempre in periodo
estivo, la direttrice di un albergo di Bibbione chiese ai genitori di
una bimba di quattro anni, che quando cercava di parlare emetteva suoni a
volte alti, di cambiare orari e di andare al ristorante o prima o dopo
gli altri clienti. Pure in quel caso ci furono lamentele da parte dei
cosiddetti "sani". Una situazione tragicomica se si considera che anche
in condizione di "completa normalità" sia quel ristorante, ma in fondo
in tutti i ristoranti frequentati da genitori coi figli, vige un
sottofondo fatto di pianti ed urla continui. Tragicomica anche perché,
per terminare in anticipo le loro vacanze e volendosene andare da un
albergo in cui non si sentivano accettati, dovettero pagare cinquecento
euro di penale. E queste sono solo due delle migliaia di situazioni che
capitano in Italia. A marzo, durante una partita della nazionale
italiana di rugby, una bimba disabile di dodici anni che chiedeva un
autografo ad uno dei suoi idoli è stata allontanata dallo steward e solo
l'intervento della polizia ha ristabilito il tutto facendole avere
anche l'autografo.
Nello stesso periodo una bimba autistica di quattordici anni, andata a
pranzare in un ristorante di un grande centro commerciale di Reggio
Emilia con la sua educatrice, è stata allontanata da una guardia
giurata, e non aveva neppure finito il pasto, perché gli altri clienti
non la sopportavano. Il centro commerciale ha chiesto scusa e l'uomo è
stato denunciato. Così come ha chiesto scusa l'Oviesse di Imperia ad una
ragazza di ventun anni, in carrozzina ma autonoma, che il direttore del
negozio aveva allontanato perché, disse, pensava che il rumore del
motore elettrico disturbasse e che comunque il mezzo non fosse
omologato. In quel caso fu l'amica che la accompagnava a chiamare i
carabinieri, la ragazza in carrozzina non lo avrebbe fatto e se ne
sarebbe andata, che ancora una volta ristabilirono la parità dei
trattamenti. Il direttore, pur se non denunciato dalla ragazza che ha
dimostrato quanto più cuore ci fosse nel suo petto, ora non è più lo
stesso.
Questi sono solo i minimi casi di una tranquilla anormalità che ci
accompagna quotidianamente e che non riusciamo né a vedere né a capire.
Non tutte le persone che si credono sane riescono ad immedesimarsi ed a
provare il dolore dell'emarginazione, ciò che più della tua stessa
malattia ti fa sentire diverso.
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