I maltrattamenti invisibili: violenza psicologica in famiglia…!!!
La maggior parte delle volte neanche le vittime realizzano di subire un maltrattamento.
Per questo motivo il maltrattatore cerca di fare in modo che chi le
circonda cominci a dubitare delle loro impressioni, dei loro
ragionamenti e persino della realtà delle loro azioni. Convincere una
persona che la sua percezione della realtà, dei fatti e dei rapporti
personali è sbagliata e ingannevole, è assai facile. Bisogna negare che
sia mai successo quello che invece è accaduto e a cui si è presenziato;
basta convincerla che, invece,
ha detto o fatto qualcosa che non ha né detto né fatto; accusarla di
aver dimenticato quanto realmente è accaduto, di inventare problemi per
poi soccombere ai sospetti, di interpretare sempre in modo errato, di
deformare le parole e le intenzioni, di non avere mai ragione, di
immaginare nemici e fantasmi inesistenti. Per chi è nella posizione
della vittima è difficile accorgersi della violenza subita, perché in
certe situazioni si sviluppano meccanismi psicologici per non vedere la
realtà, quando questa risulta troppo sgradevole. Il fatto di accettare
di essere vittime di una situazione di maltrattamento psicologico,
probabilmente da parte di una persona che si stima, comporta un enorme carico di ansia che
non è facile metabolizzare. È difficile accettare che qualcuno che
dovrebbe amarti ti usi violenza.
E dal momento che la vittima non ne
capisce i motivi, diventa insicura, irritabile, aggressiva e persino violenta.
È come il gatto che si morde la coda, perché attribuisce la colpa
dell’ansia che prova non al maltrattatore, ma alla propria sensibilità o
eccessiva suscettibilità. E il maltrattatore in questione alimenta
questo dubbio scrollandosi di dosso le proprie responsabilità e accusando la vittima di essere pazza, isterica, depressa o paranoica. (….)
Questi maltrattatori negano l’aggressione,
condiscono le loro frasi di humor, di ironia, di commenti
apparentemente innocenti che vanno dritti ai punti deboli del
maltrattato. Se la vittima si lamenta, si sente dire una cosa che
l’abbatte ancora di più: “Scherzavo tesoro, non devi prendertela tanto”,
frasi che insinuano il sospetto che lei sia un’instabile pronta ad
offendersi al minimo pretesto o una sciocca completamente priva di ironia. L’aggressore nega l’aggressione; il problema, dunque, viene scaricato tutto sulla vittima. La psichiatra definisce questa violenza come “perversa”, una vera e propria distruzione,
molto insidiosa perché indiretta. La persona viene fatta a pezzi, in
maniera costante e ripetuta, attraverso gesti e parole di disprezzo,
umiliazione e discredito,. L’aggressore scarica sugli altri le proprie frustrazioni,
evitando così ogni responsabilità e conflitto interiore. E umilia chi
ha vicino. L’obiettivo, dunque, è l’occultamento della propria
incompetenza e debolezza. L’aggressore non perde mai le staffe e non
alza mai la voce; parla sempre con lo stesso tono piatto, manifesta una
fredda ostilità che è pronto a negare quando si allude ad essa. La causa
del problema non è evidente, l’aggressore si rifiuta di parlare di ciò che non funziona;
questo rifiuto paralizza la vittima e le impedisce di trovare una
soluzione. Tutto quello che quest’ultima può dire viene sistematicamente
deformato per poterla trovare sempre in fallo: viene disprezzata e umiliata. Lui la prende in giro, ma i modo sottile, così che i possibili testimoni avvertano solo un vago sentore d’ironia. (…)
L’abuso psicologico si realizza attraverso affermazioni terse a svilire, minacce velate, critiche e derisioni
indirizzate all’aspetto fisico della vittima, alle sue iniziative e
alla sua personalità, accuse e via dicendo, il tutto nascosto sotto
atteggiamenti affettuosi volti a disorientare la vittima perché,
evidentemente, è difficile diffidare di qualcuno che ti da del grassone
per tutto il tempo ma poi sostiene di non poter vivere senza di te e che
quando ti prende di mira lo fa solo per scherzare e che sei tu che te
la rendi sempre a male. (…) L’aggressore è solo un essere mediocre, consapevole del proprio grigiore, con un’assoluta mancanza di rigore morale e un disturbo serio dell’identità. E
dunque per compensare il senso d’inferiorità, l’insoddisfazione occulta
ma profonda, cerca di guadagnare potere sulla vittima.
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VIOLENZA PSICOLOGICA IN FAMIGLIA:
Recente giurisprudenza di merito e di legittimità ha aperto il varco
alla tutela penale degli abusi psicologici quando essi, sulla base di un
rapporto personale continuativo tra autore del reato e vittima,
connotato da sistematiche e abituali sopraffazione psicologiche per lo
più verificatesi nell’ambito delle mura domestiche, sono tali da rendere abitualmente dolorose le relazioni familiari e da determinare uno stato di avvilimento morale vuoi
con atti, vuoi con parole che offendono il decoro e la dignità della
persona, nonché con violenze (psicologiche appunto) capaci di produrre
sensazioni dolorose pur senza lasciare traccia visibile.
Ci sono parole, azioni, comportamenti, interazioni che nessuna legge punisce (o riesce a punire, almeno fino ad oggi), ma che possono risultare ancor più invalidanti di una ecchimosi o di uno sfregio, perché feriscono, tagliano e segnano in modo indelebile la coscienza. Si tratta di una violenza che riguarda situazioni diverse sia di tipo carenziale-omissivo che di tipo attivamente lesivo, che colpiscono il benessere emotivo e psicologico della vittima.
Ci sono parole, azioni, comportamenti, interazioni che nessuna legge punisce (o riesce a punire, almeno fino ad oggi), ma che possono risultare ancor più invalidanti di una ecchimosi o di uno sfregio, perché feriscono, tagliano e segnano in modo indelebile la coscienza. Si tratta di una violenza che riguarda situazioni diverse sia di tipo carenziale-omissivo che di tipo attivamente lesivo, che colpiscono il benessere emotivo e psicologico della vittima.
La provocazione continua, persistente, quasi uno stile di vita, l’offesa, la denigrazione, il disprezzare, l’umiliare, l’ossessionare, la svalutazione, il privare della privacy, la coercizione, il ricatto, il silenzio, la privazione della libertà, il subissare di responsabilità, la menzogna, l’assenza di un adeguato supporto economico e il tradimento della fiducia riposta, la noncuranza, la trascuratezza fisica e affettiva, l’esclusione dalle decisioni importanti della famiglia, la manipolazione dei sensi di colpa, sono solo alcune forme in cui si manifesta la violenza psicologica. Quando una o più di
queste condotte diventano pervasive al punto da caratterizzare e
stravolgere le interazioni e da far sorgere disfunzionamenti e/o
mutamenti delle condizioni emotive e di vita della vittima, allora si
può parlare di vero e proprio “abuso psicologico“.
Una tipologia di violenza subdola, spesso perversamente legata ai
disturbi del o dei soggetti di quel particolare contesto
socio-ambientale, in grado di provocare gravissime sofferenze
in chi la patisce, sofferenze molto difficilmente dimostrabili in
un’ottica giudiziaria, ma non per questo meno reali, meno autentiche e
meno pericolose.
Tali aggressioni, non agiscono
direttamente sul piano fisico come uno schiaffo, una spinta, un calcio,
ma giorno dopo giorno, creano un clima invivibile ad attuano un processo
di distruzione psicologica, dove le parole e gli atteggiamenti possono
ferire profondamente come pugni, possono essere usate per umiliare e
pian piano distruggere una persona.
La cosa che più colpisce è che tale fenomeno inizia non appena chiuso l’uscio di casa, laddove “si dice”, ognuno dovrebbe godere di maggiore sicurezza, cioè in famiglia. Violenze subdole consumate nell’intimo delle mura domestiche, che non lasciano segni sul corpo ma che feriscono profondamente l’anima, la personalità e la dignità rendendo la vita impossibile.
La cosa che più colpisce è che tale fenomeno inizia non appena chiuso l’uscio di casa, laddove “si dice”, ognuno dovrebbe godere di maggiore sicurezza, cioè in famiglia. Violenze subdole consumate nell’intimo delle mura domestiche, che non lasciano segni sul corpo ma che feriscono profondamente l’anima, la personalità e la dignità rendendo la vita impossibile.
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ESPERIENZA DI VITA “Tutto
questo l’ho vissuto sulla mia pelle. Per mesi ho cercato un confronto
con una persona che negava ci fossero problemi e a posteriori ha
sostenuto invece di avermeli fatti presenti; una persona che si
rifiutava di parlare a quattr’occhi con me, di spiegarmi….e poi
sosteneva che ero io quella incapace di un confronto diretto. Una
persona che negava sistematicamente la realtà, che negava fossero state
dette parole che avevo sentito con le mie stesse orecchie e che avevano
significati inequivocabili, che sosteneva sempre che io capivo male, io
mi inventavo le
cose, io le deformavo…una persona che in mille modi sottili ed
impliciti mi dava del pazzo e dell’ isterico….una persona che mi ha
distrutto psicologicamente, perchè ero arrivato a un punto che non mi
fidavo più del mio giudizio, che per avere conferme di quello che capivo
dovevo parlarne con gli altri, perchè non bastava quello che sentivo
io, quello di cui io da persona intelligente mi rendevo perfettamente
conto…avevo bisogno che qualcuno mi dicesse “hai ragione” per non
sentirmi esaurito! e mi ci sentivo lo stesso! una persona che mi ha
tolto sicurezze persino sulla mia bellezza, una delle poche cose di cui
in vita mia non avevo mai dubitato, per via dei chiletti che avevo messo
su e che in mille modi mi faceva notare….sulla mia intelligenza, sui
miei valori, sul mio modo di essere non troppo estroversa nè desiderosa
di piacere a tutti a ogni costo. Mi sentivo brutto, stupido, incapace,
insicuro….e si rifletteva in tutta la mia vita…mi diceva che ero
depressiva e asociale….e io ci credevo….dio mio, io credevo a tutto!!
anche perchè
alla fine ero diventata davvero così, talmente stavo male!! con
un’altra persona senza i miei problemi familiari e psicologici alle
spalle probabilmente non ci sarebbe mai riuscito….l’avrebbe mandato al
diavolo non appena se ne fosse accorta. Ora mi spiego il mio sentirmi
sempre svuotato, mi spiego anche le mie reazioni violente e
incontrollabili…quando gli ho graffiato il braccio, quando ho fatto
quella scenata con urla allucinanti….io stavo impazzendo, stavo
scoppiando, mi sentivo impotente e disperato, avevo perso ogni certezza,
ogni stima per me stesso…avevo solo paura, paura e paura….Io
ero e sono troppo fragile, con un passato difficile e tanta sofferenza
dentro…ma ho capito moltissime cose e sono grata alla vita per questo.
Sbagliare serve, serve di brutto!! per crescere, per andare avanti,
servono mille volte di più gli errori e le sofferenze che non la
perfezione e la serenità. Ora so che devo lavorare su me stesso, capire e
accettare quanto valgo come persona…non sarà facile, sono appena
all’inizio, ma ce la sto mettendo tutta…
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