LA MADRE DI UN BAMBINO DISABILE RACCONTA
Bambini Diversamente Abili: Io Diversamente Mamma, madre di un bambino disabile
Mi chiamo S...., sono sposata con M....., e sono la mamma di tre
bambini stupendi: Isabella, di 6 anni, Eleonora, quasi 5 anni, e
Francesco, 3 anni.
La mia bambina più grande, Isabella, ha sofferto durante la nascita,
ed è rimasta cerebrolesa. È tetraplegica e gravemente ritardata.
No, no, non aggrottate le ciglia, non voglio certo rattristarvi con
una storia strappalacrime. La mia è una vita intensa, diversa da quella
della maggior parte delle persone, ma il sole splende ogni mattina in
casa mia.
Prima della nascita di Isabella ero un’impiegata, sono laureata in
lingue e sono interprete. Ma la malattia di Isa mi ha portato su
un’altra strada. Non mi piace dire che “ho rinunciato al lavoro per
stare a casa”, perché in effetti non è così. Ho deciso di reinvestire la
mia energia. Non è che avessi molta scelta, in realtà, soprattutto i
primi tre anni… comunque, mi reputo fortunata, ho avuto altri due figli,
fortunatamente sani, che vogliono molto bene alla sorellina.
La nostra è
una famiglia piena d’amore, lo dico con orgoglio.
Avendo deciso di avere anche Eleonora e Francesco, ho creduto fosse
giusto decidere definitivamente di non andare più a lavorare, perché
l’accudimento diretto e indiretto di Isabella mi porta via gran parte
della giornata, e non potevo pensare di impiegare le ore che mi
restavano in ufficio, e delegare tutta l’attenzione che gli altri due
bambini hanno il diritto di pretendere ad altri.
Non mi pento della mia scelta. Ho scoperto quanto amore si può
mettere in un paio di calzini piegati, in un biberon caldo, in un
tragitto per la piscina…
Da quando è nata Isabella la mia vita è cambiata molto, e non proprio nel senso che immaginavo…
Dare
la vita a mia figlia, vedere questa vita quasi volare via, è un dolore
immenso, indescrivibile. È un buco che ti si fa nell’animo, così
lancinante da sentire il chiodo nel petto. Quando me l’hanno portata
via, per trasferirla in Terapia Intensiva Neonatale, non l’ho più potuta
vedere per qualche giorno, perché avevo la febbre e non era sano farmi
entrare in reparto. Quando poi l’ho potuta prendere in braccio dormiva,
aveva tanti di quei fili, sonde e tubi che sembrava una marionetta, ma
era bellissima, con tutti i capelli impiastricciati di gel per l’Eeg!
In più, parte della famiglia e quasi tutti gli amici si sono fatti di
nebbia… la scusa iniziale era quella di “non disturbare”; beh, in
effetti dopo non hanno proprio disturbato più!
Ci siamo rimasti male, casa nostra è sempre stata aperta a tutti,
facevamo dei fine settimana colmi di cene, pranzi, e in più eravamo
meglio era.
Mio marito, in particolare, è una persona molto buona e generosa, che ha nell’amicizia un vero e proprio credo.
Non ce lo meritavamo, ma pazienza.
Ora, anche dopo aver cambiato casa, abbiamo fatto nuove amicizie, che
non vedono affatto in Isabella un problema, o una fonte di domande
imbarazzanti (ricordatevi: non esistono domande imbarazzanti, solo
risposte inadeguate). Le vogliono bene per quello che, per i suoi
sorrisi e le sue proteste se non le rivolgi più l’attenzione…
Ora la mia quotidianità è fatta prevalentemente di orari per le
medicine, pasti, terapie e visite mediche, e di lunghe assenze da casa
per i cicli di riabilitazione. Come riesco far convivere questo menage
con Eleonora e Francesco?
Sapete, credo che il disagio vissuto dai fratelli dei bimbi con
disabilità sia uno degli argomenti più importanti e trascurati della
nostra società. Io sono entrata in contatto con un’associazione che, tra
le altre cose, si occupa anche di questo; ho partecipato ad alcuni
incontri e ho capito che crescere con Isabella è allo stesso tempo un
dolore e una risorsa. Occorre capire che questi bambini si fanno delle
domande, rischiano
di crescere in fretta, di sentirsi (e alle volte di essere…) trascurati
“a vantaggio”, per così dire, della loro sorellina. Noi ai nostri figli
cerchiamo di dare tutto l’amore di cui disponiamo (grazie al cielo,
infinito), anche nei momenti di maggiore preoccupazione e difficoltà.
Per esempio, il 2 dicembre 2009 Isabella ha avuto una gravissima
emorragia interna che l’ha tenuta 2 mesi in ospedale, tra la Chirurgia e
la Rianimazione; in questi 2 mesi i miei bambini hanno compiuto gli
anni, tutti e due; noi, nonostante il quadro decisamente grave, non
abbiamo rinunciato alla torta e alle candeline. Abbiamo cercato di
mettere un tantino da parte l’ansia, se lo meritavano. E loro, che
avevano capito che c’era qualcosa di grosso che non andava, sono stati
felicissimi della mini festicciola che abbiamo fatto loro.
Ci imponiamo di ritagliare uno spazio, di solito il sabato
pomeriggio, dove lasciamo Isabella alle cure di terzi e ce li portiamo a
fare la spesa o altro, facendo assaporare ai nostri due piccoli un
pomeriggio da protagonisti. Inizialmente ci sentivamo un po’ in colpa a
lasciare Isabella a casa, ma per lei i posti affollati sono off limits;
una specialista ci ha invece detto che era un’ottima cosa, che non
davamo ai nostri figli l’impressione di voler escludere Isabella dalla
nostra vita. Semplicemente, Isabella non è una bambina come gli altri,
ha esigenze particolari, ma allo stesso tempo abbiamo voglia di far
vivere a Eleonora e Francesco un po’ di tempo con noi, in esclusiva.
Qualcuno dice che il tempo attenua tutte le ferite. Io non credo che
sia così. È solo che dopo un po’ impari a convivere con quel dolore.
Per il bene di Isabella, di Eleonora e di Francesco bisogna andare
avanti, essere lucidi e carichi di amore per portare la gerla sulla
groppa senza farsi piegare; ho recentemente sentito in televisione una
mamma di un uomo come Isabella dire che non piange da 45 anni. Io ho
scelto un’altra strada, ho scelto di dare libero sfogo alle mie
emozioni, quando ho voglia di piangere lo faccio e basta. E sapete che è
successo? Che da quando mi sono data la licenza di piangere, rido molto di più!
Ciò che mi tiene a galla, oltre all’amore dei miei figli e di mio marito, è l’ironia.
Il destino è stato impietoso con noi, soprattutto con Isabella, che
non potrà mai avere una vita normale, e se ogni tanto non ci facessimo
una risata non avremmo nulla a cui aggrapparci.
C’è una citazione di R. Tagore che trovo particolarmente rappresentativa del mio stile di vita:
“non piangere quando tramonta il sole, perché le lacrime non ti farebbero vedere le stelle”.
Quando il mio sole è tramontato, quando i miei sogni sono andati in
frantumi, quando la vita ha preso me e Marzio a calci nel sedere, sono
arrivate le mie stelle, i mie bambini.
Isabella è un inno alla vita, Eleonora la mia resurrezione dall’abisso, Francesco il miracolo inatteso.
Li amo, da morire, e in questo sono una madre come tutte le altre.
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