Diritti dei minori
Nel nostro Paese il 32,3 per cento dei minori è a rischio povertà,
contro il 28,4 per cento degli adulti e il 24,2 per cento dei più
anziani. Nel 2011 l'intensità della povertà è risultata pari al 21,1 per
cento, mentre nel Mezzogiorno è del 22,3 per cento. Le situazioni più
gravi si osservano tra i residenti in Sicilia (27,3 per cento) e
Calabria (26,2 per cento), dove sono povere oltre un quarto delle
famiglie. Sono alcuni dati che emergono dal sesto Rapporto di
aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti
dell'infanzia e dell'adolescenza in Italia.
Il rapporto I diritti dell'infanzia e dell'adolescenza in Italia -
presentato il 6 giugno scorso a Roma durante un incontro a cui sono
intervenuti il Ministro del lavoro e delle politiche sociali Enrico
Giovannini, il Viceministro del lavoro e delle politiche sociali Maria
Cecilia Guerra e il Garante per l'infanzia e l'adolescenza Vincenzo
Spadafora - offre un quadro generale della situazione attuale dei
bambini e degli adolescenti italiani che si sofferma su diversi aspetti:
le politiche sociali per l'infanzia e l'adolescenza, la partecipazione,
l'ascolto del minore, i diritti civili e le libertà, l'ambiente
familiare e le misure alternative, la salute e l'assistenza,
l'educazione, il gioco e le attività culturali e le misure speciali per
la tutela dei minori.
Il documento, articolato in sette capitoli e 51 paragrafi, mette in
luce i problemi e le necessità dei minori nel nostro Paese e rivolge una
serie di raccomandazioni alle istituzioni competenti. La suddivisione
in capitoli rispecchia i raggruppamenti tematici degli articoli della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo suggeriti dal Comitato Onu nelle Linee guida per la redazione dei rapporti periodici.
Una delle criticità sollevate dal rapporto è la progressiva
diminuzione delle risorse destinate all'infanzia e all'adolescenza, che
interessa vari ambiti, fra i quali la condizione dei minori fuori
famiglia: «la progressiva riduzione degli interventi di prevenzione, di
cura della comunità locale, di implementazione della coesione e delle
reti sociali, dà origine ad interventi tardivi, spesso emergenziali e
segnati da grave disagio socio-relazionale». Riguardo ai minori fuori
famiglia si sottolinea, fra le altre cose, «la situazione di abbandono
istituzionale che attualmente coinvolge i ragazzi e ragazze
neomaggiorenni (in affidamento familiare o in comunità di accoglienza),
tenuto conto della dismissione di ogni intervento di accompagnamento
alla crescita (anche a causa del minor ricorso da parte del TM alla
misura del “prosieguo amministrativo”)».
Il documento approfondisce anche il tema della dipendenza da alcol e
droghe. Quattro i gruppi di minori che sembrano più a rischio: bambini e
adolescenti in cui l'abuso si associa con disturbi della condotta,
disturbi del comportamento alimentare o con altre forme di sofferenza
psichica; minori figli di persone alcoldipendenti e tossicodipendenti;
bambini e adolescenti appartenenti a nuclei familiari multiproblematici,
spesso collocati in contesti degradati; minori stranieri non
accompagnati che intraprendono percorsi come “pusher” o minori stranieri
di seconda generazione in aperto conflitto con la famiglia
riconducibili al primo e al terzo gruppo. Il paragrafo sul consumo di
droghe e alcol si conclude con una parte dedicata all'“allarme del gioco
d'azzardo”, fenomeno in aumento anche tra i più giovani.
Un'altra criticità denunciata dal rapporto è il ricorso ancora troppo
frequente ai parti chirurgici. Secondo gli ultimi dati disponibili
citati nel documento (purtroppo risalenti ancora al 2009), il 38 per
cento dei parti è avvenuto con taglio cesareo: il 23,6 per cento in
Toscana, il 52,6 per cento in Sicilia e il 59,6 per cento in Campania.
Le percentuali sono molto superiori rispetto alla media europea (26,8
per cento) e soprattutto alla soglia del 15 per cento che secondo
l'Organizzazione mondiale della sanità garantisce il massimo beneficio
complessivo per la madre e il bambino.
chiedeiamo al Governo e al Parlamento una serie di
interventi, fra i quali: la promozione degli affidamenti familiari, con
lo stanziamento di finanziamenti adeguati; investimenti sui servizi
educativi per la prima infanzia che garantiscano un'educazione
prescolare su tutto il territorio nazionale, con livelli essenziali in
termini qualitativi e quantitativi, l'adozione di un Piano nazionale per l'infanzia.
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