09 marzo 2013

ALGHERO FORTUNATAMENTE FINISCE L' INCUBO

Violenza sessuale, finisce l´incubo 

Prosciolto con formula piena Riccardo Busdraghi, l´algherese 44enne accusato nel 2010 di aver violentato una turista tedesca. Giovedì l´assoluzione perchè il fatto non sussiste. Di seguito la ricostruzione dell´avvocato

ALGHERO - Per Riccardo Busdraghi, 44 anni, operaio algherese, è finito quello che per oltre due anni è stato un vero e proprio incubo. Accusato di violenza sessuale ai danni di una turista tedesca, solo giovedì ha potuto ascoltare la sentenza di assoluzione piena "perchè il fatto non sussiste", dal giudice del Tribunale di Sassari.
Questi i fatti, così come descritti nel dettaglio dall'Avv. Edoardo Morette (legale di Busdraghi).
La notte del 9 Settembre 2010 una turista tedesca, che alloggiava in un appartamento della Pietraia, veniva violentata da due o tre aguzzini che si erano introdotti nell’appartamento di proprietà del compagno della donna. In lacrime ed in stato confusionale, alcune ore dopo il fatto, era stata intercettata da una pattuglia dei Carabinieri che la accompagnavano dapprima nell’altra abitazione del suo compagno, fuori Alghero e, la mattina successiva, all’Ospedale di Alghero, ove le venivano diagnosticate varie lesioni su tutto il corpo e, soprattutto, venivano trovarti i segni della violenza subita. Il giorno dopo i fatti, su richiesta del compagno della vittima, il Busdraghi, che aveva un copia delle chiavi dell’appartamento, in quanto saltuariamente lo affittava per conto del proprietario, si recava presso il luogo del delitto e, una volta constatato che la casa era a soqquadro, andava via avvisando il padrone di casa.
Da qui inizia il suo calvario. La circostanza che fosse in possesso delle chiavi della casa in cui era avvenuta la violenza ed il fatto che, la mattina successiva fosse stato visto entrare in quell’appartamento, concentra subito l’attenzione ed i sospetti dell’autorità inquirente.
Sospetti che diventano una vera e propria imputazione quando la vittima, che aveva in un primo momento dichiarato di non ricordare nulla, inizia ad accusare proprio l’operaio algherese, indicandolo come uno degli autori della violenza. Viene promosso incidente probatorio e, davanti al Giudice per Le Indagini Preliminari, la persona offesa conferma l’identificazione del Busdraghi come uno dei suoi aggressori.
Il pubblico Ministero, nel frattempo, chiede che si proceda al raffronto tra il DNA presente sulle tracce biologiche estrapolate dai RIS nell’abitazione, e quello dell’operaio.
Davanti al G.I.P. il responso è chiaro: non ci sono tracce biologiche riconducibili al profilo del DNA del Busdraghi. Ciò nonostante l’uomo viene rinviato a giudizio con l’accusa di violenza sessuale di gruppo aggravata dall’abuso di condizioni di inferiorità fisica e psichica della persona offesa, sorpresa durante il sonno, immobilizzata agli arti superiori ed inferiori e colpita ripetutamente al viso ed alla nuca.
All’imputato viene contestato anche il delitto di violazione di domicilio e di lesioni gravi, per essersi introdotto abusivamente nell’abitazione della donna ed averle cagionato tumefazioni alla palpebra superiore destra, ecchimosi all’avambraccio destro e sinistro, tumefazioni ed ecchimosi alla caviglia destra. Il tutto, ovviamente, oltre alle lesioni nelle regioni genitali, dovute alla violenza.
Accusa gravissime che potevano comportare una pena sino a dieci anni di carcere. Il Busdraghi, da parte sua, si è sempre difeso sostenendo che, quella notte, rimase a casa con il padre. Il processo si è celebrato con il rito abbreviato davanti al Giudice per l’Udienza Preliminare del Tribunale di Sassari, dott.ssa Maria Teresa Lupinu.
Il Pubblico Ministero, dott. Paolo Piras, dopo una breve requisitoria, ammetteva che, in effetti, la prova era “insufficiente e contraddittoria” e, seppur con formula dubitativa (art. 530 comma secondo c.p.p.), chiedeva l’assoluzione.
Il difensore del Busdraghi, l’Avv. Edoardo Morette, sollecitava, invece, l’assoluzione dell’imputato con formula piena, posto che nelle stesse dichiarazioni della persona offesa vi erano insuperabili contraddizioni (in una prima denuncia dichiarava di non ricordare nulla, poi successivamente di aver riconosciuto il Busdraghi dalla voce, poi anche per averlo visto in faccia ed infine, in sede di incidente probatorio, dall’odore). A ciò si aggiungeva che la prova del DNA aveva dato esito negativo, con ciò escludendo la possibilità che – oggettivamente- l’imputato fosse presente nel luogo del delitto.
Infine, una vicina di casa aveva dichiarato di aver scorto, subito dopo i fatti, tre individui uscire dall’abitazione della donna, senza ricollegare nessuno di loro al Busdraghi, che pure aveva visto sia prima che dopo i fatti. L’alibi dell’uomo, fornito dal padre, secondo cui la notte del delitto era rimasto a casa, rappresentava, quindi, solo il tassello finale che completava la prova della estraneità dell’imputato rispetto al crimine. Il Giudice ha accolto la tesi difensiva, assolvendo Riccardo Busdraghi con formula piena (530 comma 1), cioè per non aver commesso il fatto. Si conclude così una vicenda orribile per Alghero e per gli algheresi, che lascia, comunque, l’amaro in bocca.
Sia perché il sig. Busdraghi, pur fiducioso nella giustizia, è stato costretto a convivere con una accusa infamante per oltre due anni, prima di veder riconosciuta la sua innocenza. E sia perché i colpevoli sono ancora liberi ed impuniti. 

Fonte Sassari news

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