19 marzo 2013

ULTIMI PENSIERI DI UN DROGATO 2 PARTE MAI PIU DROGA

ULTIMI PENSIERI DI UN DROGATO. 

SECONDA PARTE  


Anche il fumo ora inizia a dare i suoi effetti. La testa è leggerissima mentre mi alzo da questa sedia,non riesco più a percepire bene le distanze. Il battito cardiaco è lento e rilassato. Cammino verso quel cassetto,lo riapro,solo un po’ più sotto c’è la busta. Trecento euro di cocaina,la più pura che in questo periodo si possa trovare. La prendo e torno al mio posto,apro e ne riverso una porzione sul tavolo,arrotolo dieci euro in modo impeccabile e in una botta tiro su. Ultimamente mi brucia il naso quando lo faccio,deve essere infiammato. Mi guardo un attimo intorno,ho spento le luci perché il buio lo sento più mio,perché nell’oscurità posso nascondermi,perché la notte mi comprende più di quanto abbia fatto la mia stessa vita.
Fu una sera,dopo due mesi che Paola non c’era più,che scesi di nuovo di casa. Andai a farmi un giro con un mio amico di nome Carlo,diceva che sapeva come fare per distrarmi,per farmi riprendere. Mi portò da una puttana,una di quelle dove andava sempre lui. Tutti lo sapevano che Carlo andava a prostitute e lui non lo nascondeva,anzi nelle sue sere sballate se ne vantava.. Non dissi di no,non ne avevo la forza e così consumai quel rapporto con le lacrime agli occhi ed il ricordo di quella notte alla piazzola.. Dopo fumammo un paio di canne insieme finche prima di riaccompagnarmi a casa cacciò una piccola busta con qualcosa dentro. All’inizio credevo fosse gesso,ma poi compresi che era cocaina. Non mi sottrassi neanche a quella,ero un burattino,ma la cosa strana fu che la sniffata mi diede un senso di sollievo più di quanto avesse fatto la scopata precedente. Da quel giorno mi venne la convinzione allora che era la coca che poteva farmi uscire da quello stato,che mi avrebbe aiutato a dimenticare. Per un anno andai avanti così,con quella polvere bianca che mi divorava,mi mangiava la carne da dentro. Persi ogni forma di appetito,ero dimagrito visibilmente,per notti intere non dormivo in quanto non ne sentivo il bisogno,non avevo più istinto sessuale.
Uno dei nostri sabato sera mi sparai una botta pesantissima,avevo le allucinazioni,ma non ero contento,volevo di più e fu il solito Carlo a darmi quello che cercavo: Eroina. Mi sparai l’endovena senza pensarci,non tenendo conto delle conseguenze.
All’ospedale i medici dissero che era stata un’overdose,che se fossi arrivato solo un minuto più tardi non ce l’avrei fatta. Mio padre pagò per il loro silenzio,poi quando mi dimisero mi parlò,con calma,ma con una tale freddezza che il sangue mi si raggelò nelle vene: Ti mando in un centro,pago tutto io,l’unica cosa che voglio è che quando finisci le cure fai le valigie e te ne vai di casa. Non voglio più vederti. 



Feci così,lasciai anche l’università,la facoltà di lettere non andava più bene per me,non davo più esami da troppo tempo ormai. Non resistetti però,scappai dopo una settimana da quel centro di disintossicazione deciso a non metterci mai più piede. Trovai un lavoro presso una fabbrica e un monolocale in affitto,i miei soldi li spendevo in erba alcol fumo cocaina o eroina. Non li prendevo mai insieme per paura che potesse di nuovo capitarmi un’overdose,ma mi uccidevo con quelle sostanze. Iniziai ad andare alla scoperta sempre più di nuove droghe,fu così che conobbi un piccolo amico di nome Crack. L’effetto non durava molto,massimo cinque minuti,ma su di me ebbe un peso maggiore rispetto alle altre sostanze. Andavo in crisi di astinenza quasi subito,ero diventato isterico,con una voglia sempre più grande di fumare quel veleno. Una cosa sola però la droga e l’alcol non riuscirono a togliermi,erano i miei pensieri. Anche nei momenti di poca lucidità la mia mente si perdeva nel passato,in speranze future,nel ricordo di Paola. Niente era riuscito a farmela dimenticare. Ma un giorno,alla stazione Roma Termini conobbi lei,Francesca. Per sbaglio imboccai il bagno delle signore per spararmi la mia endovena,comprata poco prima da un extracomunitario lì fuori. I suoi occhi,stupendi. Per la prima volta guardando una ragazza non ebbi l’immagine riflessa di Paola: Sai che questo è il bagno delle ragazze?...Si risposi io Ma ho visto una ragazza stupenda entrare che ti assomiglia e sono corso qui. Come risposta le piacque e ci fermammo a mangiare qualcosa a un Mc Donald. Era una studentessa universitaria in fisioterapia,studiava a Roma anche se era di Milano. Le parlai di me,della mia vita,di Paola,dei problemi con l’alcol e la droga,dell’essere stato cacciato di casa. Mi ispirava fiducia quella sconosciuta del bagno,la prima con cui mi sono aperto dopo anni di oblio. Mi aiutò,ci vedemmo quasi ogni sera finche non ci fidanzammo,venne a stare da me. Cercai di smetterla con tutto,dare un taglio con il passato e ricominciare da Lei. Mi sosteneva durante le mie crisi di astinenza e insieme piangevamo mentre io come un bambino calciavo con i piedi a terra con la voglia repressa di quella dose.
Sei mesi dopo sembravo rinato,le crisi iniziavano a scomparire e l’amore era l’unica droga di cui avevo bisogno. Un giorno poi i miei amici vennero a prendermi sotto casa,dicevano che da quando mi ero fidanzato non avevo più tempo per loro,che li avevo abbandonati: E’ solo un’uscita. Quella semplice uscita mi fu quasi fatale. Un mix di alcol,cocaina e eroina mi stava per portare all’altro mondo. Quando Francesca venne in ospedale rimase accanto al mio letto per tutto la mia convalescenza,ma dopo che fui dimesso mi lasciò,disse che non poteva stare con una persona del quale aveva ora perso la totale fiducia. Ricordo perfettamente quando chiuse la porta di casa,con se portò il vento della speranza e mi lasciò solo con un dolore insostenibile da sopportare. Il mio rifugio fu di nuovo quello del passato,da solo non ce l’avrei fatta,mi sono drogato per andare avanti…
D’improvviso mi resi conto di non aver alcun amico vero. Erano solo i compagni delle serate da sballo,come amavano definirle loro. C’erano per la droga e l’alcol,ma non ci sono mai stati quando ho avuto veramente bisogno. L’unica è stata Francesca,ed io la cacciai dalla mia vita senza fare niente per riprendermela.
Passai mesi insostenibili,i soldi iniziarono a scarseggiare,le spese sembravano non bastare mai. Spendevo tutto in quelle cazzate,dalla semplice Marijuana fino alla cocaina e all’eroina. Sapevo però che dovevo anche mangiare,nonostante queste sostanze mi portassero la completa perdita d’appetito,e così iniziai ad elemosinare,proprio lì dove avevo conosciuto Lei.
La rividi una sola volta,alla stazione mentre stava andando a prendere un treno. Con accanto un uomo alto e robusto,fisico palestrato,intesi che era il suo ragazzo. Si fermò un attimo,poco distante da dove io ero seduto,non mi vide,e con amore Francesca lo baciò. Morii un po’ dentro e mi rullai una canna per dimenticare al più presto quella scena.  


Non ci volle molto che le persone che io avevo definito i miei compagni,sapendo dei miei problemi finanziari sparirono di colpo. Non potevo tornare da mio padre,sarebbe stata una sconfitta,ne volevo rientrare in quel centro,sarebbe stato come ricevere un colpo al basso ventre,come dire Guardatemi sono un coglione drogato,pensateci voi a risolvere i miei problemi. Per due anni non ebbi più fissa dimora,giravo di qua e di la,persi il lavoro,dormivo in stazione. Le crisi d’astinenza crescevano e nessuno era più disposto a farmi credito.Solo successivamente riuscii a trovare un posto come barista e affittarmi un monolocale. Ma il copione non cambiava. La mia solitudine era alleviata solo da quel mix micidiale che ha distrutto tutto. Ciò che mi faceva sopportare il dolore era anche un qualcosa che detestavo,mi aveva tolto ogni cosa ed io mi odiavo e mi odio perché non riesco più a farne a meno.

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