"Carolina si è tolta la vita
per quei video su Facebook"
Indagati sei cyber-bulli. Novara, i pm: umiliata a14 anni dall'ex fidanzato egli amici
NOVARA - Pensavano di essere spiritosi, non si rendevano conto che
umiliandola su Facebook la stavano uccidendo. Carolina Picchio, 14 anni,
la sera del 5 gennaio scorso ha deciso di lasciarsi cadere dal terzo
piano di casa perché stanca di essere derisa dal gruppo di amici che
qualche settimana prima aveva postato un filmato che la ritraeva ubriaca
e in loro totale balìa. Una morte su cui ora indagano due procure:
quella di Novara, che ha aperto un'inchiesta su Facebook per diffusione
di materiale pedopornografico, e quella dei Minori di Torino, che ha
iscritto sei ragazzi (quattro di 15 anni, uno di 14 e uno di 13) tra cui
l'ex fidanzatino di Carolina, nel registro degli indagati con accuse
pesantissime. Per l'ex della giovane, che ha 14 anni, il pm Valentina
Sellaroli ha ipotizzato il reato di "morte come conseguenza di altro
reato". Gli altri cinque sono invece accusati di violenza sessuale di
gruppo e diffusione di materiale pedopornografico, ma uno di loro
condivide la stessa accusa mossa all'ex fidanzato.
Il magistrato ha ordinato il sequestro dei loro iPhone, affidati agli esperti del Politecnico di Torino perché ritrovino il filmato postato su Facebook e cancellato dopo la morte della ragazza. Di certo la tragedia di Carolina nasce e si sviluppa tutta sui social network. L'inchiesta prende l'avvio dai tweet che la mattina dopo il suicidio della quattordicenne rivelano le umiliazioni patite dall'ex fidanzato e dai suoi amici. "Guardate che Carolina si è suicidata per colpa di chi la sfotteva" scrive il
Il magistrato ha ordinato il sequestro dei loro iPhone, affidati agli esperti del Politecnico di Torino perché ritrovino il filmato postato su Facebook e cancellato dopo la morte della ragazza. Di certo la tragedia di Carolina nasce e si sviluppa tutta sui social network. L'inchiesta prende l'avvio dai tweet che la mattina dopo il suicidio della quattordicenne rivelano le umiliazioni patite dall'ex fidanzato e dai suoi amici. "Guardate che Carolina si è suicidata per colpa di chi la sfotteva" scrive il
6 gennaio Djstrought. In poche ore arrivano 2600 messaggi che
confermano quell'accusa. Nella cameretta di Carolina gli investigatori
trovano poi biglietti senza data ma dal significato eloquente. Uno è
indirizzato a Talita, una delle due sorelle: "Mi dispiace, non è colpa
di papà ma non ce la faccio più a sopportare". L'altro, all'ex
fidanzato: "Non ti basta quello che mi hai fatto? Me l'hai già fatto
pagare troppe volte ".
Frammenti di una storia di amore e rabbia che il procuratore capo di Novara, Francesco Saluzzo, ricostruisce con pazienza. Per capire il tragico salto dalla finestra del terzo piano, il magistrato deve tornare indietro nel tempo. A giugno, Carolina lascia Oleggio, il paesino dove vive con Leite Colla, la madre brasiliana, per trasferirsi nel quartiere Sant'Agabio, il Bronx di Novara, a casa del padre, Paolo Picchio, un tempo dirigente della De Agostini, un uomo che la vita continua a maltrattare. Unico sopravvissuto con un fratello all'incidente mortale in cui sono scomparsi i genitori e altri due fratelli, ha già visto morire un figlio e la prima moglie. In più ha già perso il posto per una torbida storia di ammanchi. Carolina va a vivere con lui, ma continua a studiare a Romentino, vicino a Novara. Nel frattempo conosce un ragazzo, ma ai primi di novembre la storia è già finita e lo lascia.
Lui non accetta quel rifiuto. "Probabilmente le ha fatto terra bruciata con il resto della compagnia" azzarda l'avvocato Roberto Picchio, zio di Carolina. Il 12 novembre la ragazza è a una festa. L'ex fidanzato non c'è, ma ci sono i suoi cinque amici. Carolina beve sino a ubriacarsi. I cinque la mettono in mezzo, la raggiungono in bagno dove lei sta vomitando. Le fanno proposte oscene, approfittano del suo stordimento. E filmano tutto con il cellulare. Il video è su Facebook poche ore dopo. E per Carolina è l'inizio del calvario. La sera del 5 gennaio il padre l'accompagna ai giardini dove si ritrova la compagnia. Potrebbe tornare a casa a mezzanotte, ma dopo venti minuti telefona al padre perché la vada a prendere. Si chiude in camera. Paolo Picchio crede che stia studiando, lo svegliano i carabinieri: "Sua figlia dov'è?". Lui indica la stanza di Carolina, ma quando entra trova solo una finestra aperta. Ora i sei piccoli aguzzini hanno un nome. "Sapere che cosa le hanno fatto - dice Leite Colla, la madre - è come riaprire un ferita che non si era ancora chiusa.
Frammenti di una storia di amore e rabbia che il procuratore capo di Novara, Francesco Saluzzo, ricostruisce con pazienza. Per capire il tragico salto dalla finestra del terzo piano, il magistrato deve tornare indietro nel tempo. A giugno, Carolina lascia Oleggio, il paesino dove vive con Leite Colla, la madre brasiliana, per trasferirsi nel quartiere Sant'Agabio, il Bronx di Novara, a casa del padre, Paolo Picchio, un tempo dirigente della De Agostini, un uomo che la vita continua a maltrattare. Unico sopravvissuto con un fratello all'incidente mortale in cui sono scomparsi i genitori e altri due fratelli, ha già visto morire un figlio e la prima moglie. In più ha già perso il posto per una torbida storia di ammanchi. Carolina va a vivere con lui, ma continua a studiare a Romentino, vicino a Novara. Nel frattempo conosce un ragazzo, ma ai primi di novembre la storia è già finita e lo lascia.
Lui non accetta quel rifiuto. "Probabilmente le ha fatto terra bruciata con il resto della compagnia" azzarda l'avvocato Roberto Picchio, zio di Carolina. Il 12 novembre la ragazza è a una festa. L'ex fidanzato non c'è, ma ci sono i suoi cinque amici. Carolina beve sino a ubriacarsi. I cinque la mettono in mezzo, la raggiungono in bagno dove lei sta vomitando. Le fanno proposte oscene, approfittano del suo stordimento. E filmano tutto con il cellulare. Il video è su Facebook poche ore dopo. E per Carolina è l'inizio del calvario. La sera del 5 gennaio il padre l'accompagna ai giardini dove si ritrova la compagnia. Potrebbe tornare a casa a mezzanotte, ma dopo venti minuti telefona al padre perché la vada a prendere. Si chiude in camera. Paolo Picchio crede che stia studiando, lo svegliano i carabinieri: "Sua figlia dov'è?". Lui indica la stanza di Carolina, ma quando entra trova solo una finestra aperta. Ora i sei piccoli aguzzini hanno un nome. "Sapere che cosa le hanno fatto - dice Leite Colla, la madre - è come riaprire un ferita che non si era ancora chiusa.
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