Pedofilia, don Ruggero Conti, appello delle vittime: “Santità, ci aiuti”
Appello al Papa dalle vittime di don Conti: “Santità, ci aiuti”
Il faldone sull'inchiesta riguardante don Conti Il faldone
sull'inchiesta riguardante don Conti Parla l’avvocato di una vittima del
parroco romano condannato per abusi. Un libro racconta l’intera vicenda
GIACOMO GALEAZZI CITTA'DEL VATICANO
Appello al Papa delle vittime del prete pedofilo don Ruggero Conti,
il parroco della periferia romana condannato in primo grado a 15 anni e 4
mesi per aver abusato di almeno sette minorenni. "E’ forse poco
professionale nonché imbarazzante rivolgermi a Lei ma non so più cosa
dovrei fare per un ragazzo che difendo e che giustamente sta cercando
giustizia nei confronti di un prete Don Ruggero Conti che tanto male gli
ha fatto nel corso degli anni da quando era ancora minore degli anni
14", scrive a Benedetto VI, l'avvocato Fabrizio Gallo.
"Finalmente dopo molti anni nel 2011 il prete è stato condannato
perché riconosciuto colpevole dei numerosi abusi sessuali commessi e
conseguentemente condannato a 15 anni di reclusione oltre al pagamento
di una provvisionale immediatamente esecutiva nei confronti del mio
assistito", prosegue il legale. "Ebbene nonostante abbiamo ripetutamente
scritto sia al prete sia alla Curia Vescovile per avere ragione di una
sentenza che andrebbe rispettata oltre ad aver adito il Tribunale Civile
di Roma, nessuno si è mai fatto sentire, mai nessuno nel corso del
processo ha osato tendere una mano di aiuto a questo ragazzo, mai
nessuno ha osato dare allo stesso una parola di conforto, ma tutti hanno
ignorato ciò che è accaduto provvedendo ad isolarlo e deriderlo per ciò
che aveva fatto", puntualizza l'avvocato.
"Ultimamente ho citato in giudizio sia il Prete sia La Curia
Vescovile di appartenenza ( a perfetta conoscenza di ciò che succedeva),
ma nonostante ciò, silenzio assoluto- evidenzia Gallo -.Il ragazzo
D.D.N. stanco di tale situazione ha deciso di uscire allo scoperto e
raccontare quello che è successo per avere ragione di una indifferenza
che sta superando ogni limite. Chiedo che lo stesso venga da Sua Santità
ricevuto perché penso che soltanto Lei possa giustificare in qualche
modo questo assordante silenzio inaccettabile che incombe su tale
gravissima situazione. Attendiamo con fiducia".
Per le vittime del sacerdote oltre alla lacerazione psicologica e
alle ricadute sulla sessualità, al sentirsi sporchi e colpevoli, al
pensare che gli altri stiano sempre «per fregarti», c'è anche la perdita
di fede, se non in Dio, almeno nella Chiesa. «Ho sognato la mia vita
senza questo schifo, perché ormai è l'unico mio desiderio, il desiderio
mio più grande: riuscire ad andare avanti come se tutto non fosse mai
successo».
È la testimonianza di uno dei ragazzi che accusa di violenza don
Ruggero Conti, il parroco di Selva Candida, alla periferia della
capitale, condannato dal tribunale penale di Roma. «Che fa suo
figlio, signora?, può venire a pranzo da me oggi?», chiedeva il
sacerdote alla mamma ignara dell'inferno nel quale l'adolescente stava
sprofondando. «Era molto cattolica. Non volevo deluderla», spiega il
giovane alla cronista Angela Camuso, che per l'editore Castelvecchi ne
ha raccolto i tormenti nel libro «La preda, le confessioni di una
vittima», presentato oggi alla Sala stampa estera di Roma dal cappellano
del carcere minorile "Beccaria" don Gino Rigoldi e dal giornalista
Gianluigi Nuzzi. «Questo non è un libro contro la Chiesa Cattolica.
È piuttosto un libro dedicato soprattutto ai cattolici di tutta
Italia e di tutto il mondo, alle famiglie, ai ragazzi, ai preti e alle
suore, ai vescovi e ai cardinali. Se mi è permesso, al Sommo Pontefice»,
confida nella premessa Angela Camusso, che con il suo scritto vuole
«rendere giustizia a quei preti, la stragrande maggioranza, che i
bambini li amano come figli e basta». Il libro ricorda la
circostanza sconcertante che «le indagini su don Ruggero Conti sono
iniziate grazie alla denuncia di un sacerdote (il vicario parrocchiale),
il quale, incredibilmente, per aver osato tanto, verrà, piuttosto che
premiato, punito dai suoi superiori con un decreto di allontanamento
dalla parrocchia teatro dello scandalo».
A convincere «in alto» della propria innocenza era stato lo
stesso don Conti, «capace di mentire per anni spudoratamente, anche di
fronte all'evidenza e di accusare le sue vittime attraverso riuscite
manipolazioni della realtà». Una capacità mistificatoria che ha favorito
la creazione di un vero e proprio movimento di opinione a favore di don
Conti. Secondo la Camuso, del resto, proprio grazie a questa sua
particolare abilità nel convincere gli altri, per ottenere la propria
soddisfazione sessuale, «don Ruggero non ha mai usato la forza fisica», e
nonostante tutto, «pur sapendo che tornando sarebbero state violentate
di nuovo, quasi tutte le sue prede sono tornate da lui».
Le storie dei preti pedofili (e le tragedie delle loro vittime) hanno
quasi sempre un punto in comune: «L'omertà a copertura del
comportamento del corruttore», scrive Dario Fo nella prefazione del
volume. «Da noi - scrive il Premio Nobel per letteratura - il clero, ce
lo testimonia questo libro, ha ancora l'ardire e i mezzi per abbattere e
rendere vana la gran parte delle denunce e inchieste su atti di
pedofilia».
Secondo Dario Fo, che paragona i crimini consumati nella parrocchia
di Selva Candida, nella periferia romana, a quanto accaduto in una
favela brasiliana, dove l'estrema povertà delle vittime favoriva
l'abuso, «l'unico problema che realmente interessa a una certa Chiesa è
salvare la rispettabilità delle curie, come a dire salvare la "faccia" e
non il povero disgraziato dall'angoscia che lo accompagnerà per tutta
la vita».
Alternando resoconti da atti giudiziari alla narrazione in prima
delle vittime, Camuso racconta una vicenda grave, sia perché ha diviso
una comunità tra innocentisti e colpevolisti, coinvolgendo un sacerdote
carismatico ritenuto capace di portare tanti giovani a Dio e considerato
anche «con appoggi potenti in curia», sia in quanto consulente del
sindaco di Roma Gianni Alemanno per problematiche e disagi, amico di don
Giovanni D'Ercole ai tempi in cui questi prestava servizio in
segreteria di Stato.
E sia perché, dando voce alle vittime e a quanti credettero a queste,
in particolare i catechisti di Selva Candida, formatisi alla scuola
salesiana, racconta i meccanismi di rimozione, insabbiamenti per timore
di ledere il buon nome della istituzione che frenarono anche chi avrebbe
dovuto vigilare e proteggere i piccoli. In primis il vescovo di don
Ruggero, monsignor Gino Reali, e il suo predecessore a Santa Rufina,
monsignor Diego Bona, informato in confessione dalla zia di una delle
vittime.
O l'anziano prelato che tanti anni fa, quando Ruggero non era ancora
prete ma abusò di un ragazzo a Legnano, ignoro' la denuncia, o una
serie di preti collaboratori dei vescovi sempre pronti a non credere
alle vittime, magari cestinando le loro denunce dopo aver detto che le
avrebbero consegnate al vescovo. L'abuso, soprattutto se da parte di un
sacerdote, che consideri un padre, è una violenza indelebile, in
particolare in ragazzi già fragili o soli, e scelti per questo come
prede ideali.
La vita ne rimane sconvolta, spesso irrimediabilmente compromessa,
come raccontano le vittime a Angela Camuso e come emerge dalle indagini,
basate su intercettazioni telefoniche, analisi dei computer, raccolta
di testimonianze. La difesa dei piccoli e la giustizia alle
vittime - hanno chiesto Benedetto XVI e prima di lui Giovanni Paolo II -
devono essere al primo posto, e non è degno di essere prete chi fa male
ai bambini. Stanare i colpevoli, impedirgli di nuocere, compiere la
giustizia e difendere i piccoli sono le priorità. Questo libro dunque,
crudo e atroce, potrebbe far bene alla Chiesa italiana.
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