20 marzo 2013

LA LETTERA DI UN FIGLIO A TUTTI I GENITORI DEL MONDO

LETTERA DI UN FIGLIO A TUTTI I GENITORI DEL MONDO  

Non datemi tutto quello che vi chiedo.
A volte chiedo solo per riscontrare quanto posso prendere.
Non sgridatemi; vi rispetto meno quando lo fate, e insegnate a gridare anche a me. Non vorrei imparare a farlo.
Mantenete le promesse, belle o brutte. Se promettete un premio, datemelo e comportatevi così anche con le punizioni.
Non mi paragonate a nessuno, specialmente a mio fratello o a mia sorella; se mi fate apparire migliore di altri, sarò io a soffrire.
Non cambiate parere così spesso su ciò che devo fare; decidetevi a mantenere la vostra decisione.
Permettetemi di crescere, fidandovi delle mie capacità. Se voi fate tutto al mio posto, io non potrò imparare mai.
Non dite bugie in mia presenza, e non mi piace nemmeno che voi mi chiediate di dirle al vostro posto, neanche per darvi una mano. Questo mi fa sentire male e perdere la fiducia in tutto ciò che dite.
Quando sbaglio ammettetelo. Questo aumenterà la mia stima per voi, mi insegnerete così ad ammettere i miei sbagli.
Trattatemi con la stessa affabilità e spontaneità che avete verso i vostri amici; essere parenti non vuol dire non poter essere amici.
Non mi chiedete di fare una cosa che invece voi non fate, anche se non lo dite; non farò mai ciò che voi dite ma non fate.
Quando voglio condividere una mia preoccupazione con voi, non ditemi: “Non abbiamo tempo per stupidaggini”, oppure: “Non ha importanza, sono cose da ragazzi”. Cercate di capirmi e di aiutarmi.
Vogliatemi bene e ditemelo. A me piace sentirmelo dire, anche se voi credete che non sia necessario dirmelo. Abbracciatemi, ho bisogno di sentire la vostra amicizia, la vostra compagnia, in ogni momento.
In questo breve testo è contenuto davvero tutto ciò di cui i bambini hanno bisogno e che noi genitori dovremmo garantire loro: amore, rispetto, attenzione, fiducia, onestà…
Ma quanto è difficile il mestiere di genitore! Quanti sbagli si possono fare in buona fede, pensando di agire per il bene dei figli!
Ci sono alcune frasi che mi hanno colpito in modo particolare:
  • Non datemi tutto quello che vi chiedo. A volte chiedo solo per riscontrare quanto posso prendere. 

Viziare i bambini, riempirli di giocattoli e permettere loro di fare ciò che vogliono non significa necessariamente amarli o, comunque, non è il solo modo con cui loro vorrebbero essere amati.
I giocattoli a volte, servono più che altro a noi adulti per compensare quelle che sentiamo come nostre mancanze: il poco tempo che abbiamo a disposizione da passare insieme ai bambini, la scarsa “disponibilità mentale” a stare con loro, i ritmi di vita stressanti ai quali spesso li sottoponiamo, le situazioni familiari non sempre serene…
In realtà spesso sembra che ai costosi giocattoli i bambini prediligano gli oggetti del quotidiano: stoviglie, utensili della casa, oggetti senza una forma precisa che possono però dare vita alla loro fantasia e inventiva e possono essere molto più stimolanti dei giocattoli preconfezionati.
Piuttosto che caricarli di regali, che finirebbero poi per disorientarli e far perdere loro il valore delle cose, dovremmo ingegnarci a trovare nelle nostre attività quotidiane, un equilibrio tra lavoro e gioco e condividere con i nostri bambini queste attività.
Teniamo presente che la vita, invece di essere tutta lavoro e niente gioco, per molti dei nostri figli è quasi tutta gioco e pochissimo lavoro; imparare ad apparecchiare la tavola, a costruire un recinto, a lavorare nell’orto, a cucinare… ad esemoio, potrebbero essere esperienze memorabili che grandi e piccini potrebbero condividere insieme.
  • Permettetemi di crescere, fidandovi delle mie capacità. Se voi fate tutto al mio posto, io non potrò imparare mai. 

Il compito più difficile e impegnativo di ogni genitore è quello di aiutare i propri figli a crescere, anche se ciò significa necessariamente mettere da parte il proprio egoismo e le proprie aspettative.
E’ nostro dovere proteggere i nostri figli, ma ciò non vuol dire che dobbiamo relegarli sotto una campana di vetro.
Molte proibizioni e divieti che diamo ai nostri figli sono dettati dalle nostre paure. E’ il nostro egoismo che ci porta a precludere loro delle situazioni che noi riteniamo possano causargli del male fisico o morale.
Le frasi: “Non salire sulla scala, che rischi di cadere!”, “Non toccare le forbici, che ti puoi tagliare un dito!”, fanno parte di un repertorio che non si esaurisce, bensì evolve in base all’età dei figli: “Niente moto: potresti cadere!”, “Non uscire in macchina!”, “Non frequentare quelle amicizie: non fanno per te!”
In realtà, però, non è giusto che la nostra tranquillità vada a discapito della loro libertà: è solo grazie all’esperienza che potranno crescere.
Facile a dirsi… ma nella pratica, come si possono affrontare con serenità determinate situazioni?
Già so che, in quanto madre iperprotettiva, mi aspetteranno lunghe notti insonni aspettando il rientro a casa dei miei figli ormai adolescenti! E come reagirò quando mi presenteranno i loro partner che il mio istinto di mamma giudicherà inevitabilmente inadeguati a loro?
Ma d’altra parte mi chiedo: avrebbe senso ostacolare le loro scelte? Cosa potrei ottenere impedendo ai miei figli di seguire il loro istinto, se non il far nascere in loro sentimenti di frustrazione, rabbia e ribellione che li spingeranno a scelte magari ancora più estreme?
Meglio dunque accompagnarli e guidarli nel loro percorso di crescita: avere fiducia in loro, sostenerli ed essere sempre pronti, nel caso si facessero male, ad offrire loro conforto e a spronarli a non mollare.
E così anche durante l’infanzia: dovremmo imparare ad assecondare il desiderio di esplorazione dei più piccini, anche nei confronti degli oggetti e delle situazioni più “pericolose”.
Se il coltello è un “tabù” per il bambino, la prima volta che si troverà ad usare questo strumento proibito e sconosciuto, molto probabilmente si taglierà! Se invece, nei limiti di sicurezza, assecondiamo la sua curiosità e gli insegniamo a maneggiarlo, spiegandogli da dove può derivare il pericolo e magari permettendogli di utilizzarlo insieme a noi, l’avremo aiutato a imparare e dunque a crescere!
Allo stesso modo molti genitori cercano di togliere ogni responsabilità ai figli, pensando di agire nel loro interesse. In realtà noi genitori dovremmo saper responsabilizzare i figli fin dall’infanzia, affidando loro incarichi commisurati all’età. In questo modo si accresce il loro senso di autonomia e autostima.
  • Quando sbaglio ammettetelo. Questo aumenterà la mia stima per voi, mi insegnerete così ad ammettere i miei sbagli.
Il processo di autostima si mantiene attivo anche tramite i “complimenti” o i “richiami”. Entrambi devono però essere precisi, non generici e riferiti ad una situazione concreta ben determinata.
Infatti i complimenti generici non sono credibili e le critiche generiche (“sei il solito stupido”) destrutturano la personalità.
  • Non mi paragonate a nessuno, specialmente a mio fratello o a mia sorella… se mi fate apparire migliore di altri, sarò io a soffrire. 

Tutti i genitori vorrebbero che i propri figli fossero i migliori: i più belli, sani, intelligenti e i confronti tra fratelli o coetanei sono inevitabili.
Tuttavia è importante non fare paragoni in presenza dei bambini: loro devono avere la certezza di essere speciali agli occhi di mamma e papà.
A mio avviso il rivale più insidioso, però, non è tanto il fratellino o l’amichetto, quanto l’immagine del figlio ideale che i genitori hanno in mente.
Mi spiego meglio: per qualsiasi genitore, la relazione col bambino esiste già prima del concepimento. Ognuno infatti ha un proprio “bambino interiore” e su di esso modella l’immagine del figlio desiderato. Questo bambino immaginario è l’insieme degli ideali, dei desideri, delle esperienze che l’adulto ha vissuto nell’infanzia e di quelle che gli sono state negate.
Per questo, il figlio desiderato possiede tutte le qualità e le possibilità alle quali l’adulto ha dovuto rinunciare, ma che costituiscono sempre un anelito profondo e nostalgico.
Dunque, nella mente dei genitori esistono sempre due diversi bambini con cui relazionarsi: il bambino ideale, che è la somma di desideri, esperienze, ideali e aspettative sociali dei genitori; e il bambino reale, quello vero, che molto spesso risulta deludente perché non corrisponde alle aspettative.
Non dimentichiamo che ogni bambino è unico e irripetibile; per questo è di fondamentale importanza che il bambino ideale gradualmente lasci il posto all’individuo particolare che abbiamo messo al mondo e che ha il diritto di essere amato per quello che è, anche se diverso da come lo avremmo desiderato.
Per concludere, credo che il fatto di far sentire i propri figli i migliori, possa veramente farli soffrire; non per una questione di altruismo (i bambini sono istintivamente egocentrici ed egoisti), ma piuttosto perché avrebbero da portare sulle spalle il peso delle aspettative dei genitori e ciò potrebbe influire negativamente sulla loro crescita psicologica.
E voi, cosa ne pensate? Quale passo di questo brano vi è piaciuto di più?

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