Il “taglia ed incolla” di Tempi: la nuova strategia per agitare lo “spauracchio” della pedofilia sui diritti degli omosessuali.
Su Tempi, la giornalista
Benedetta Frigerio (felicemente «cattolica bambina e ciellina» così come
si descrive sul suo profilo twitter) interviene su un documento predisposto dall’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) intitolato “Strategia nazionale per combattere le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”.
L’Unar è un ufficio dipendente dal ministero per le Pari Opportunità
con la funzione di garantire l’effettività del principio di parità di
trattamento fra le persone, di vigilare sull’operatività degli strumenti
di tutela vigenti contro le discriminazioni e di contribuire a
rimuovere le discriminazioni fondate sulla razza e l’origine etnica
analizzando il diverso impatto che le stesse hanno sul genere e il loro
rapporto con le altre forme di razzismo di carattere culturale e
religioso.
Il piano predisposta dall’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni nasce in seguito al programma promosso dal Consiglio d’Europa “Combattere le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”,
per l’attuazione e l’implementazione della Raccomandazione del Comitato
dei Ministri CM/REC (2010)5., al quale l’Unar ha aderito.
Già dal titolo dell’articolo, Tempi definisce tale documento come «La nuova strategia Lgbt per entrare nelle scuole, sui posti di lavoro, sul web» e ci offre l’analisi del progetto: «Abbiamo
letto la raccomandazione europea accettata dal nostro ministero delle
Pari opportunità. Si auspicano nuove norme su matrimonio, cambiamento di
sesso e pedofilia». Vediamo cosa hanno letto.
Benedetta Frigerio scrive: «Sulla libertà di manifestare di tali associazioni (Lgbt, ndr) si
chiede che non vi siano restrizioni legate alla salute o alla morale
pubblica, come invece previsto dalla legge per ogni altro tipo di
manifestanti. Elargendo così un privilegio più che una tutela». Leggendo il testo dell’Unar le cose non sono proprio in questi termini e si prevede molto più semplicemente che «dovrebbero
inoltre essere adottate delle misure miranti a prevenire il ricorso
abusivo a disposizioni legali e amministrative, quali, ad esempio,
quelle che impongono restrizioni per motivi legati alla salute e alla
morale pubblica e all’ordine pubblico». L’Unar molto semplicemente
prevede di evitare il “ricorso abusivo” di tali disposizioni: quindi non
viene stigmatizzato l’uso di restrizioni legate alla salute o alla
morale pubblica ma l’abuso. Ovviamente uso ed abuso non sono la stessa
cosa. Per questo motivo non si capisce come Benedetta Frigerio possa
scrivere di “privilegi”.
L’articolo continua: «Nonostante in
Italia non esistano norme sul matrimonio omosessuale, si arriva a
parlarne come se la scelta fosse ormai obbligata». Il piano
predisposto dall’Unar non riguarda affatto il matrimonio per le coppie
dello stesso sesso né tanto meno l’adozione da parte delle coppie gay.
Il documento di Unar così prevede: «Tenendo conto del fatto che
l’interesse superiore del minore deve essere considerato preminente
nelle decisioni in materia di responsabilità genitoriale, o di
affidamento di un bambino, gli Stati membri dovrebbero accertarsi che
tali decisioni siano prese senza discriminazioni fondate
sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere». Prima di
tutto l’Unar ribadisce l’importanza dell’interesse superiore del minore e
– particolare non indifferente – questa parte del piano riguarda
l’affidamento del minore: adozione ed affidamento non sono la stessa
cosa. Potremmo avere il caso che – in un divorzio – si debba decidere se
affidare il minore al padre eterosessuale ma violento, pregiudicato,
disoccupato, alcolizzato e tossicodipendente o alla madre lesbica che ha
entrate economiche certe e conduce una vita normalissima ed
irreprensibile. Il giudice potrebbe stabilire (quasi ovvio) che – nello
specifico caso – la madre lesbica sia in grado di garantire al bambino
un benessere migliore rispetto a quanto potrebbe offrire un siffatto
padre eterosessuale e quindi affidarle il bambino senza discriminarla
per il suo orientamento sessuale: è questo il punto previsto da Unar. La
stessa situazione potrebbe verificarsi nel caso in cui il bambino –
magari trovatosi orfano all’improvviso – venga dato in affido ad uno zio
omosessuale che è in grado di garantire al minore il benessere
necessario: anche in questo caso il giudice potrebbe decidere che è
nell’interesse del minore vivere con una persona con cui ha già un
rapporto affettivo e non darlo in adozione ad estranei. Insomma il
matrimonio omosessuale non c’entra niente.
Benedetta Frigerio così conclude: «Il
capolavoro finale è la parte in cui si chiede la depenalizzazione della
pedofilia: “Gli Stati membri dovrebbero assicurare l’abrogazione di
qualsiasi legislazione ai sensi della quale sia considerato reato penale
il rapporto sessuale tra adulti consenzienti dello stesso sesso, ivi
comprese le disposizioni che stabiliscono una distinzione tra l’età del
consenso per gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso”».
Forse la signora Frigerio – ovviamente in totale buona fede – non ha
letto interamente il documento di Unar se scrive che si chiede la
depenalizzazione della pedofilia. Infatti il documento così recita: «Gli
Stati membri dovrebbero assicurare l’abrogazione di qualsiasi
legislazione discriminatoria ai sensi della quale sia considerato reato
penale il rapporto sessuale tra adulti consenzienti dello stesso sesso,
ivi comprese le disposizioni che stabiliscono una distinzione tra l’età
del consenso per gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso e tra
eterosessuali». Invece la signora Frigerio si è dimenticata di riportare «e tra eterosessuali».
Cosa significa tutto questo? Nel testo di legge così come riportato nell’articolo di Tempi sembra quasi che si voglia arrivare alla depenalizzazione o – peggio ancora – alla legalizzazione della pedofilia: nulla di più falso. Gli Stati membri sono invitati solamente a non stabilire età del consenso diverse per atti omosessuali o eterosessuali. Per “età del consenso” si intende l’età in cui una persona è considerata capace di esprimere un consenso in merito ai rapporti sessuali: in Italia l’età del consenso è 14 anni (in alcuni casi 16). Gli Stati potrebbero anche alzare l’età del consenso anche a 18 anni (non ci sarebbe nessuna discriminazione) ma la discriminazione ci sarebbe nel caso in cui – ad esempio – uno Stato andasse a prevedere che per i rapporti di natura eterosessuale l’età del consenso è 16 anni e per quelli di natura omosessuale è 18: è proprio questo quanto si sottolinea nel documento. Bastava leggere la frase interamente e non fare un “taglia ed incolla” dimenticando una parte fondamentale.
Cosa significa tutto questo? Nel testo di legge così come riportato nell’articolo di Tempi sembra quasi che si voglia arrivare alla depenalizzazione o – peggio ancora – alla legalizzazione della pedofilia: nulla di più falso. Gli Stati membri sono invitati solamente a non stabilire età del consenso diverse per atti omosessuali o eterosessuali. Per “età del consenso” si intende l’età in cui una persona è considerata capace di esprimere un consenso in merito ai rapporti sessuali: in Italia l’età del consenso è 14 anni (in alcuni casi 16). Gli Stati potrebbero anche alzare l’età del consenso anche a 18 anni (non ci sarebbe nessuna discriminazione) ma la discriminazione ci sarebbe nel caso in cui – ad esempio – uno Stato andasse a prevedere che per i rapporti di natura eterosessuale l’età del consenso è 16 anni e per quelli di natura omosessuale è 18: è proprio questo quanto si sottolinea nel documento. Bastava leggere la frase interamente e non fare un “taglia ed incolla” dimenticando una parte fondamentale.
A questo punto resta un quesito di
fondamentale importanza: c’è da essere certi che Benedetta Frigerio
abbia proprio letto il piano predisposto dall’Unar?

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