Maltrattamenti sui bambini, “pediatri e medici di base non segnalano”
Secondo una recente indagine condotta su 1170 dottori di
Milano e hinterland da Terre des hommes e Sbam, nonostante 6 volte su 10
venga intuito il disagio, nel 51,5% dei casi il personale medico
sceglie di non denunciare perché pensa di non avere prove, di non essere
preparato o teme di provocare conseguenze sulla famiglia .
Il sospetto ce l’hanno, eppure non denunciano: è quello che accade a
molti medici quando si trovano di fronte al caso di maltrattamenti o
abusi commessi a danno di bambini. Nonostante 6 su 10, tra pediatri e
medici di base, intuiscano che qualcosa non va, oltre la metà (51,5 per
cento) sceglie di non segnalare l’episodio all’autorità giudiziaria,
perché pensa di non avere elementi sufficienti, non è preparato su come e
a chi fare la segnalazione, o ha timore delle conseguenze sul contesto
familiare.
Il fenomeno emerge chiaramente da una recente indagine condotta da
Terre des hommes e lo Sportello bambino adolescente maltrattato (Sbam)
della clinica Mangiagalli di Milano, che ha sottoposto dei questionari
ad un campione di 1.170 medici di Milano e hinterland. ”Tra i pediatri
– spiega Lucia Romeo, responsabile Sbam – si sente l’esigenza di uno
strumento basico, di un vademecum che spieghi come muoversi. C’è molta
confusione. Del resto, per i medici che ora hanno 40-50 anni non c’è
stata formazione all’università su questi temi”. Difatti, nonostante la
stragrande maggioranza del campione (60 per cento) sia rappresentata da
medici di lungo corso, con più di 50 anni d’età e un’esperienza
professionale ultraventennale, quando si tratta di maltrattamenti,
spesso confondono i segnali o non sono in grado di dare risposte
corrette.
Ad esempio, il 50% dà una definizione scorretta della sindrome di
Munchausen by proxy (cioé quel disturbo mentale che affligge per lo più
le madri, spingendole ad arrecare un danno fisico al figlio per attirare
l’attenzione su di sé), collocandola tra i casi di discuria e non di
ipercura, e solo il 27% sa inquadrare correttamente alcuni segni di
discuria, mentre la maggior parte la confonde con altri sintomi. E
quest’incertezza e confusione, rileva Alessandra Kustermann, ginecologa e
responsabile del Soccorso di violenza sessuale e domestica della
Mangiagalli, “si nota anche tra i dati delle segnalazioni, emersi dalla
ricerca. Tra il 2010 e 2012 sono stati infatti segnalati solo 318 casi
di abusi, maltrattamenti e patologia delle cure”.
I dati della procura di Milano confermano invece una realtà diversa.
Tra luglio 2011 e giugno 2012, ”sono state 1.400 le denunce per
maltrattamenti, e 800 quelle per stalking – precisa Pietro Forno,
procuratore aggiunto del tribunale di Milano – Delle denunce di
maltrattamenti, il 10% riguarda figli, spesso minorenni, e genitori. E
poi ci sono 199 casi di violenza sessuale a danno di minori. Anche se a
Milano c’è una rete efficace da parecchi anni, nella maggior parte delle
regioni si denuncia poco e male. Spesso da parte dei professionisti
sanitari c’è diffidenza nel mettere i minori in mano ai giudici”.
A livello italiano, gli studi epidemiologici mostrano che i casi di
maltrattamento infantile variano da tre a sei casi su mille e le
principali vittime di violenza sessuale sono le bambine. “I casi
denunciati sono solo la punta dell’iceberg.Molte violenze non vengono intercettate neanche dai medici di
famiglia e dai pediatri, e diventano evidenti solo quando sono ormai
reiterate e hanno causato danni permanenti sui bambini.
Nella maggior parte dei casi sotto i 13 anni a compiere le presunte
violenze sessuali sono membri della famiglia, mentre sopra i 13 anni
sono amici, conoscenti o sconosciuti. Fondamentale è quindi l’opera del
pediatra nell’individuare le lesioni, è per questo è necessario che sia
formato”.
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