19 giugno 2013

QUEI PEDOFILI TUTTA SCUOLA E CHIESA

Quei pedofili tutti scuola e chiesa 

Ticino, reazioni del mondo educativo ed ecclesiastico ai recenti casi di cronaca  
Due uragani hanno travolto la scuola ticinese. Lo scorso 7 giugno un ex maestro di scuola elementare, attivo in un istituto del Luganese, è stato condannato a 9 anni di carcere da espiare per aver abusato di 12 allievi (si parla di almeno 60 atti sessuali con fanciulli perpetrati sull’arco di un decennio). E si avvicina l’ora del giudizio anche per Flavio Bomio, il 70.enne ex presidente della Società di nuoto Bellinzona – e docente di scuola media in pensione – accusato di aver abusato sessualmente di decine di suoi atleti (il processo alle Assise criminali prenderà il via lunedì 5 agosto). Come ha reagito il mondo scolastico a questi gravi episodi? E, più in generale, quali strategie ha adottato per contrastare le violenze sui minori? Ce lo siamo chiesti mentre ieri agli Stati si discuteva dell’iniziativa popolare «Affinché i pedofili non lavorino più con fanciulli.
«In seguito a questi terribili episodi di cronaca, la scuola ha cominciato ad interrogarsi su come perfezionare le procedure di collaborazione con polizia e procura», afferma Emanuele Berger, direttore della Divisione della scuola e coordinatore del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport. A breve si terrà un incontro tra Governo, autorità scolastiche e il procuratore generale John Noseda focalizzato sul tema dello scambio di informazioni. Lo scopo è quello di capire cosa fare con esattezza in caso emergano dubbi intorno alla figura di un docente. «È chiaro, al minimo sospetto di abusi fisici o morali si deve intervenire», sottolinea il nostro interlocutore. «La prima cosa da fare è la denuncia. Ma si tratta di una materia delicata, complessa. È necessario considerare la tutela delle persone, insegnanti compresi, in modo da evitare una dolorosa caccia alle streghe»...
Nel 2010 i media avevano segnalato la presenza in Svizzera di 60 casi di pedofilia tra gli operatori pastorali elvetici, due dei quali concernenti la Svizzera italiana. Intervistato dal «Giornale del Popolo», il vescovo Pier Giacomo Grampa aveva detto: «Nei 6 anni del mio servizio episcopale non c’è stata la necessità di nessuna segnalazione. Penso che i due casi a cui si riferisce siano antecedenti e entrambi già regolati da processi, condanne, magari con la condizionale, pene da affrontare e vorrei che non se ne parlasse più visto che sono stati saldati i conti con la giustizia. Certo rimane l’impegno di vicinanza e assistenza alle vittime». In ogni caso in seguito la Diocesi di Lugano ha istituito una «Commissione abusi sessuali» di cui fanno parte tre personalità qualificate: lo psicologo e psicoterapeuta Dante Balbo, il sostituto magistrato dei minorenni Fabiola Gnesa e lo psichiatra Graziano Martignoni (come riferisce l’Annuario della Diocesi 2013). «Alla Commissione – aveva spiegato nella stessa intervista il vescovo – chiedo di assicurare un sostegno psicologico sia alle vittime, sia a chi si è reso colpevole. Domando pure a questi esperti di dare indicazioni per il cammino formativo dei futuri preti, al riguardo del quale ritengo importanti la presenza di corsi specifici relativi a questa problematica, un esame preventivo dei candidati da parte di psicologi di fiducia, una particolare attenzione e un approfondito esame prima di ammettere dei candidati agli ordini sacri. È pure importante proporre al clero corsi di formazione e di aggiornamento con particolare attenzione pure a queste tematiche». Un team che non si riunisce Da noi contattato, uno dei membri della commissione, il dottor Graziano Martignoni, ci spiega che «in questi anni non sono mai stato convocato a nessuna riunione o sollecitato ad intervenire professionalmente». Un’osservazione da interpretare in senso positivo, secondo il nostro interlocutore: «È certamente un buon segno», spiega.

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