04 settembre 2013

SANGUE INFETTO 60 MILA CASI IN ITALIA



Sangue infetto, 60 mila casi in Italia:
«Lo Stato italiano paghi gli indennizzi» 

STRASBURGO - Gli italiani infettati da trasfusioni di sangue o da prodotti da questo derivati hanno vinto oggi la loro battaglia a Strasburgo. La Corte europea dei diritti umani ha stabilito che lo Stato deve versare a tutti gli infettati l'indennità integrativa speciale prevista dalla legge 210/1992.
Il ricorso su cui si è pronunciata oggi la Corte dei diritti umani riguarda 162 cittadini italiani infettati da Hiv, epatite B o C dopo una trasfusione o somministrazione di emoderivati. Secondo quanto stabilito dalla legge 210 del 1992 hanno diritto, come altre migliaia di persone (una parte delle quali ha già presentato ricorso a Strasburgo) a un'indennità che deve essere rivalutata ogni anno in base al tasso d'inflazione. Ma le autorità italiane non hanno mai pagato la rivalutazione annuale - che costituisce la parte più consistente dell'indennizzo - e con il decreto legge n. 78 del 2010 l'hanno abolita. I ricorrenti non hanno ricevuto le somme che gli erano dovute per la rivalutazione annuale anche dopo che la Corte costituzionale italiana con una sentenza del 2011 ha dichiarato incostituzionale il decreto legge del 2010.
Un provvedimento, quest'ultimo, ora censurato anche dalla Corte di Strasburgo secondo la quale - in base a quanto scritto nella sentenza odierna - lo Stato italiano ha violato i diritti dei ricorrenti e di tutti coloro che si trovano nella loro stessa situazione. Secondo i giudici, in particolare, con il decreto del 2010 lo Stato ha solo voluto garantirsi un vantaggio economico nei processi intentati dai ricorrenti contro il mancato pagamento della rivalutazione dell'indennità. La sentenza 'pilota' odierna, sottolineano fonti della Corte, riguarda non solo i ricorrenti che hanno visto accolta la loro tesi, ma anche tutti gli altri italiani che si trovano nelle stesse condizioni. In base a quanto stabilito dai giudici di Strasburgo, lo Stato italiano avrà sei mesi di tempo, dal momento in cui la sentenza diventerà definitiva, «per stabilire una data inderogabile» entro cui s'impegna a pagare rapidamente le somme dovute. La sentenza non sarà comunque definitiva prima di tre mesi, ovvero il tempo a disposizione del governo italiano per chiedere la revisione del caso davanti alla Grande Camera della stessa Corte.

MILANO STUDENTE LINCIATO ALL'UNIVERSITÀ 2 ARRESTI

Milano, studente linciato all'università: due arresti

L'aggressione il 14 febbraio. Fermati giovani di 30 e 26 anni 

Due studenti universitari del movimento antagonista Assemblea di Scienze Politiche (che attualmente sta occupando alcuni locali dell'Università Statale di Milano), L.M. 30 anni e S.D., 26 anni, sono stati arrestati dai carabinieri del capoluogo lombardo con le accuse di lesioni personali gravissime e violenza privata aggravata per aver picchiato un altro studente la notte del 14 febbraio procurandogli anche una frattura cranica. L'aggressione, a cui avevano partecipato altri studenti non ancora identificati - hanno spiegato i carabinieri - ha uno sfondo politico.
PESTAGGIO EFFETTUATO CON «GRAVISSIMA VIOLENZA». Secondo l'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip Cristina Di Censo su richiesta del pm di Milano, Piero Basilone, i due avrebbero avrebbero picchiato con «gravissima violenza» il giovane perché quest'ultimo aveva imbrattato un «manifesto» che avevano appeso colpendolo «ripetutamente con calci e pugni» e «cagionandogli lesioni gravissime consistite in una deformità fronto-orbitaria del capo (deformazione permanente del viso)».
Lo studente era stato aggredito all'interno dell'Ateneo e vicino al portone d'ingresso, dove era stato strascinato e lasciato a terra esanime, con una vistosa frattura cranica, tanto che gli aggressori ritenevano fosse morto.
LA VITTIMA NON AVEVA DENUNCIATO IL PESTAGGIO. Dopo due settimane, la vittima, che non si era fatta medicare, né aveva denunciato il pestaggio, era stata costretta ad andare al Pronto soccorso dell'ospedale San Paolo, dove era stato subito sottoposto ad un importante intervento chirurgico maxillofacciale ricostruttivo per curare le ferite. Lo studente aveva riportato la frattura della parete anteriore del seno frontale con una prognosi di guarigione di 68 giorni.
MINACCIATI ANCHE ALTRI STUDENTI. Nella mattina di mercoledì 4 settembre, i carabinieri di Milano hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip sulla scorta delle indagini del pm Piero Basilone e del procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, a capo del Dipartimento antiterrorismo della procura di Milano. Le indagini, oltre a identificare inequivocabilmente i due arrestati, hanno appurato che questi avevano anche minacciato altri studenti perché non rendessero dichiarazioni alle forze dell'ordine.

USA IL MOSTRO DI CLEVELAND S'IMPICCA IN CELLA

Usa, il mostro di Cleveland s'impicca in cella

Ariel Castro segregò tre ragazze per dieci anni. Le donne, vittime di sistematiche violenze e di abusi, divennero schiave del sesso. Ad agosto era stato condannato a oltre 1.000 anni di carcere per rapimento e stupro  

Ariel Castro, il "mostro di Cleveland" che per dieci anni ha tenuto segregate tre ragazze nella sua casa trasformandole in schiave del sesso, si è impiccato in carcere. Lo riporta la stampa americana, citando il Correctional Reception Center di Orient, nell'Ohio. Il 53enne era stato condannato ad agosto ad oltre 1.000 anni di prigione per rapimento, stupro e sequestro di persona.
I medici del carcere hanno tentato la rianimazione, ma senza risultato: l'uomo è stato trasportato quindi all'Ohio State University Wexner Medical Center, dove è stato dichiarato morto. Il portavoce del dipartimento di Riabilitazione e correzione dell'Ohio ha affermato che Castro è deceduto per apparente suicidio. L'uomo, condannato ad inizio agosto ad oltre 1.000 anni di prigione per rapimento, stupro e sequestro di persona, aveva scontato solo un mese di carcere ed era detenuto in un'unità di isolamento per la sua stessa incolumità.

MARILLA DNA CONFERMA BIMBO DI GRIGOLETTO

Marilia, dna conferma: bimbo di Grigoletto

Il presunto killer della 29enne brasiliana ha ammesso la paternità del piccolo che la vittima portava in grembo. L'uomo prima ha comprato dell'acido, poi ha tentato di manomettere la caldaia dell'ufficio  

- Claudio Grigoletto, fermato per l'omicidio della brasiliana Marilia Rodrigues, durante l'interrogatorio si sarebbe detto convinto di essere il padre del figlio che la giovane aveva in grembo. Il suo legale ha però spiegato che "sono emerse altre relazioni" che la ragazza aveva. La conferma arriva anche dalla prova del dna. Intanto, i carabinieri hanno trovato nell'ufficio dell'uomo lo scontrino di un supermercato con l'acquisto di candeggina e acido.
Lo scontrino risale alla mattinata di giovedì, giorno in cui Marilia Rodrigues è stata uccisa. Per l'accusa, per simulare un suicidio, l'assassino avrebbe cercato di far ingerire acido alla brasiliana.
In un ufficio che Claudio Grigoletto ha in un campo volo a Bedizzole, nel Bresciano, è stata trovata anche una chiave inglese con tracce del tubo della caldaia che chi ha ucciso la donna aveva manomesso per causare una fuga di gas. Lo si è appreso dopo l'interrogatorio di convalida del fermo di Grigoletto che potrebbe vedersi contestata la premeditazione.
Legale: "Relazioni non solo con Grigoletto" - Il legale di Grigoletto, Elena Raimondi, ha detto che, dopo l'interrogatorio di convalida del fermo nel carcere di Canton Mombello, il suo assistito "ha rilasciato dichiarazioni spontanee, quindi abbiamo collaborato". Grigoletto ha ammesso la relazione sentimentale con la ragazza ma, a proposito della paternità del figlio che la giovane stava aspettando, il legale ha aggiunto: "Stiamo attendendo anche noi le risultanze degli esami perché sono emerse altre relazioni" che la ragazza avrebbe avuto con un altro uomo.
Il gip convalida il fermo per il datore di lavoro - Il gip di Brescia ha convalidato il fermo di Claudio Grigoletto, accusato dell'omicidio di Marilia. Il giudice ha disposto la custodia cautelare in carcere.
Ris di Parma nell'ufficio di Grigoletto - E' previsto per giovedì mattina un sopralluogo dei Ris di Parma nell'ufficio del datore di lavoro della vittima, per i rilievi di rito sul luogo del delitto.

SCUOLA DISABILI LE FAMIGLIE FANNO SCUADRA CONTRO IL SOSTEGNO CHE MANCA

SCUOLA DISABILI: LE FAMIGLIE FANNO SQUADRA CONTRO IL SOSTEGNO CHE MANCA 

Per il diritto allo studio dei loro figli, i genitori di alunni disabili si uniscono in azioni collettive e si ritrovano sui social network

Settembre, tempo di tornare sui banchi. Ma per molte famiglie questo rientro non ha la serenità che dovrebbe: parliamo dei casi, purtroppo sempre più numerosi, in cui agli alunni disabili vengono assegnate insufficienti  ore di sostegno, a fronte invece di una loro necessità certificata.
Insomma, spesso non basta la certificazione di gravità della disabilità, non basta avere dalla propria parte la legge (la norma prevede che l'organico di sostegno sia assegnato alla scuola in ragione mediamente di un posto ogni due alunni disabili - vedi circolare ministeriale n. 61/12 -, inoltre la Corte Costituzionale, con la Sentenza n. 80/10, ha sancito il dovere di assegnare ore in deroga nei casi di gravità). Questa situazione  ha aperto la strada a una serie di ricorsi che le famiglie hanno e stanno presentando ai tribunali amministrativi, incassando finora sempre vittorie. Tra le più recenti, quella della LEDHA (Lega per i diritti delle persone con handicap)  di Milano sul ricorso collettivo per discriminazione.
Per far fronte a questa situazione, l'orientamento delle famiglie è, quindi, sempre più spesso quello di unire le proprie forze, confrontandosi ed eventualmente agendo in maniera collettiva. In questo, divengono utili tutti gli strumenti che la rete offre, come i Social Network. E che è stata lanciata una iniziativa, gestita in primis da due mamme, che hanno creato un "evento" rivolto  a tutti i genitori che si trovino in questa situazione, per sostenersi, per aiutarsi e per informare.
L'intento del gruppo è quello innanzitutto di fare squadra: capire quanti si trovano nella situazione di dover agire per vie legali per far rispettare il diritto dei loro figli, ed eventualmente dare vita ad un ricorso collettivo nazionale o, se non possibile, molteplici, di tipo regionale e locale, anche per sensibilizzare l'opinione pubblica su questo problema.
Così una delle due mamme promotrici: "l'obiettivo è essere insieme per far presente al MIUR che l'integrazione scolastica è un diritto innegabile e che i nostri figli hanno il diritto di imparare come gli altri bambini: devono avere le loro stesse possibilità e soprattutto bisogna attuare tutte le strategie didattico ed educative per promuovere l'inclusione scolastica e sociale, cosa che non può avvenire se le ore si sostegno e educative vengono tolte".
In questo caso i social network si rivelano uno strumento utile, che consente di dire ai genitori: non siamo soli.

SPERANZA PER FETO E MAMMA IN FIN DI VITA

Speranza per feto e mamma in fin di vita

Donna ferita in sparatoria. Sospesa sedazione per 30 minut

NAPOLI- SET - Si accende una piccola speranza per Carolina Sepe, la ragazza incinta che a Lauro (Avellino) è stata ferita con un colpo di pistola al capo durante un litigio nel quale è stato ucciso il padre Vincenzo, e per il feto che porta in grembo, all'11.ma settimana di gestazione. Oggi è stata sospesa per mezz'ora la sedazione della donna, che pur restando in condizioni gravissime ha reagito con piccoli movimenti. Lo rende noto il primario di Neurochirurgia del Cardarelli di Napoli,Michele Carandente.

PREVARRA' IL BUON SENSO DI FRONTE A TANTE PROTESTE ?

Marche: prevarrà il buon senso, di fronte a tante proteste? 

Probabilmente non immaginava nemmeno, la Giunta Regionale delle Marche, quante e quali reazioni avrebbe suscitato quella Delibera prodotta in luglio e accusata da più parti – ora anche da ENIL Italia (European Network on Independent Living) – di essere un chiaro segno della volontà di tornare all’istituzionalizzazione delle persone con disabilità. Prevarrà a questo punto il buon senso e si farà marcia indietro?«Intervenendo direttamente e unilateralmente sui Livelli Essenziali di Assistenza, gli oneri sanitari che corrispondono da un minimo del 50% fino al 70% del costo dell’intero progetto vengono da ora attribuiti a carico dell’utente, nonostante vi sia come obbligo di legge l’attribuzione a carico della Sanità Regionale. Questo primo elemento evidenzia la ricaduta del costo sulle persone con disabilità e le loro famiglie, contro la legge».
Si apre così, senza troppi giri di parole, la lettera inviata da Germano Tosi, presidente di ENIL Italia (European Network on Independent Living) ai principali rappresentanti istituzionali della Regione Marche, intervento con il quale anche tale organizzazione – dopo le dure prese di posizione delle scorse settimane, da parte del CAT (Comitato Associazioni Tutela) delle Marche, dei promotori della Campagna Trasparenza e diritti (cui aderiscono oltre settanta associazioni ed Enti Locali della Regione) e della Consulta Regionale per la Disabilità, oltreché della FISH Nazionale (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e di altre grande Associazioni, pure aderenti a quest’ultima, come l’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) – si è pronunciata contro quella contestata Delibera della Giunta Regionale (n. 1011/13), che ha definito lo standard di personale e i costi dei servizi per la salute mentale, gli anziani non autosufficienti, le persone con demenza e quelle con disabilità, in modo da più parti ritenuto come un chiaro segno di voler tornare «alla logica degli Istituti, che si riteneva conclusa da anni».
Proprio su quest’ultimo punto si diffonde successivamente il messaggio del Presidente di ENIL Italia, ove si legge che «il secondo elemento negativo è il ricorso all’istituzionalizzazione conseguente, addirittura con l’istituzione di nuclei minimi di 20 persone in modo promiscuo e senza distinzione di tipologia di disabilità o di età, fino a 60 persone, creando un ambiente sfavorevole e dove è impensabile rispettare i diritti umani delle persone con disabilità o promuovere la loro inclusione sociale. Le stesse persone non potranno disporre di diritto di scelta e tantomeno di un buon livello di qualità della vita, perché avendo necessità ed esigenze diverse, saranno costrette a condividere spazi e condizioni non adeguati».
In sostanza, secondo ENIL Italia, quella Delibera appare «in totale contrasto con la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dal nostro Paese con la Legge 18/09 e con il Programma d’Azione biennale sulla disabilità, presentato in luglio durante la Conferenza Nazionale di Bologna», ed è «veramente grave constatare solamente dopo pochi giorni dal Convegno di Jesi (Ancona) sulla Vita Indipendente [“Niente su di Noi senza di Noi. Per una vita indipendente delle persone con disabilità”, Jesi, 4 luglio 2013, all’interno della manifestazione “Equa la festa, diritti al futuro”; se ne legga anche nel nostro giornale, N.d.R.], dove erano presenti funzionari regionali che affermavano l’intenzione di voler applicare i princìpi della Convenzione e quelli relativi al diritto all’assistenza in forma indiretta finalizzata alla Vita Indipendente, che tali diritti enunciati venissero poi cancellati da quelle Delibera, firmata in pratica nella settimana successiva».
Della Convenzione ONU, viene in particolare citato l’articolo 19 (Vita indipendente ed inclusione nella comunità), secondo il quale – vale sempre la pena ricordarlo – le persone con disabilità devono avere «la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere» e non devono essere «obbligate a vivere in una particolare sistemazione», oltre ad avere «accesso ad una serie di servizi a domicilio o residenziali e ad altri servizi sociali di sostegno, compresa l’assistenza personale necessaria per consentire loro di vivere nella società e di inserirvisi», impedendo che siano «isolate o vittime di segregazione». Infine, «i servizi e le strutture sociali destinate a tutta la popolazione» devono essere messe a loro disposizione, «su base di uguaglianza con gli altri» ed essere «adatte ai loro bisogni».
Nel chiedere quindi con forza che «siano ripristinati al più presto sia il diritto di scelta che il diritto di uguaglianza per le persone con disabilità, previsti dalla Convenzione ONU, dal Programma di Azione biennale e dagli stessi princìpi della Costituzione Italiana», il Presidente di ENIL Italia ricorda che tale organizzazione «ha condensato queste stesse idee fondanti nel proprio Manifesto della Vita Indipendente e che «secondo tali princìpi, la Vita Indipendente, per le persone con disabilità, è il diritto di poter vivere proprio come chiunque altro, con la possibilità di prendere decisioni riguardanti la propria vita e di svolgere attività di propria scelta, con le sole limitazioni che hanno le persone senza disabilità. Ciò comporta il diritto all’autodeterminazione della propria esistenza, per affrontare e controllare in prima persona, senza nessuna decisione esterna o di altri, il proprio quotidiano e il proprio futuro. In definitiva: libertà nonostante la disabilità».
«Alla luce di questo documento e delle normative richiamate – conclude Tosi – è del tutto evidente che quella Delibera della Regione Marche è inaccettabile e in tal senso intraprenderemo ogni iniziativa possibile, appoggiando quelle che deciderà di avviare il Comitato Marchigiano per la Vita Indipendente, insieme alle altre organizzazioni presenti nella Regione, per arrivare all’abrogazione o al ritiro del provvedimento».

CADAVERE NEL CASERTANO FORSE UNA DONNA TROVATA DA UN BAMBINO

Cadavere col cranio sfondato nel Casertano

Il corpo in avanzato stato di decomposizione trovato nei pressi della stazione ferroviaria di Santa Maria Capua Vetere. Forse si tratta di una donna scomparsa a giugno 

Un cadavere in avanzato stato di decomposizione, forse di una donna, con la parte superiore del cranio parzialmente sfondata, è stato trovato in nei pressi della stazione ferroviaria di Santa Maria Capua Vetere (Caserta). Dai primi accertamenti del medico legale la lesione potrebbe essere compatibile con una ferita da corpo contundente. Sul posto gli agenti della polizia ferroviaria di Caserta e del Commissariato di Santa Maria Capua Vetere.
Trovato da un bambino - Il corpo, nascosto tra i cespugli e coperto da assi di legno in un'area usata in passato come deposito, è stato scoperto da un bambino che stava giocando a pallone insieme ad alcuni amici. Alla vista del cadavere, il ragazzo è corso da un dipendente delle ferrovie piangendo e indicando il punto del ritrovamento.
I vestiti di una donna scomparsa a giugno - Vicino al corpo, del quale restavano solo lo scheletro e pochi lembi di tessuto, c'erano un paio scarpe da ginnastica e una maglietta verde con le bretelle, simile a quella indossata da una donna di 50 anni scomparsa a giugno dal paese. Si pensa che il corpo appartenga proprio alla donna. Mentre non sono stati trovati i pantaloni. Il pm della Procura di Santa Maria Capua Vetere ha disposto il sequestro dell'area e i resti saranno portati all'istituto di medicina legale di Caserta per l'autopsia.

IN ARRIVO IL NUOVO FILM DI PAPA FRANCESCO CONTRO LA PEDOFILIA


In arrivo il film su Papa Francesco 

l film sarà realizzato in Argentina, a vestire i panni del Papa sarà Rodrigo de la Serna. 
E' in arrivo un film sulla vita di Papa Francesco. Il Pontefice in questi primi mesi di Pontificato è riuscito ad accaparrarsi l'affetto dei fedeli e a conquistare quello di migliaia di giovani, che negli ultimi tempi si erano allontanati dalla Chiesa cattolica, travolta da un'ondata di scandali.
Papa Francesco col suo essere umile, buono e gentile è stato in grado di portare avanti delle battaglie importanti, come quella contro la pedofilia all'interno della Chiesa. Pochi giorni dopo il suo insediamento, infatti, Papa Francesco aveva convocato una serie di cardinali che erano stati accusati di pedofilia e li ha allontanati dal Vaticano.
Come non ricordare le chiamate spontanee fatte in questi mesi a persone bisognose che stavano vivendo un periodo difficile della loro vita. Qualche giorno fa, per esempio, il Papa ha telefonato ad una donna argentina vittima di abusi sessuali da parte di un poliziotto, e l'ha invitata a non arrendersi e a non ritenersi sola.
E proprio in Argentina in queste ore si sta mettendo a punto la sceneggiatura per il primo film su Papa Francesco che ripercorrerà le tappe salienti della sua vita, dall'infanzia fino al momento dell'elezione avvenuta lo scorso 13 marzo.
A vestire i panni di Papa Francesco ci sarà l'attore argentino Rodrigo de la Serna. Il film si intitolerà "Storia di un prelato" e le riprese inizieranno il prossimo ottobre e il film sarà visibile a partire da gennaio 2014.

E' QUESTO CHE VOLEVAMO ?

È questo che volevamo? 

Abbiamo inseguito la libertà totale e ci troviamo immersi in un mondo di dolore e di diffidenza. Il solito proclama apocalittico?  Vediamo i fatti.
Libero amore tra due persone che vogliono vivere insieme: tolti i vincoli, della natura non della legge, che partendo dalla persona precisavano che ci dovesse essere una dimensione senza fine, l’unica che garantisse che i due fini della relazione – mutuo aiuto e procreazione- non andassero persi, ci troviamo a dover lottare con femminicidi, famiglie allo sbando, figli persi, bamboccioni, bambagioni, adolescenti killer e così via.
L’amore trasformato in possesso, in soddisfazione persone, in passione produce uomini violenti, fragili, incapaci di rinunciare, di essere sconfitti, che preferisco dar(si) la morte che accettare il dolore, che è parte della vita se non credi che l’esistenza sia una sequenza di diritti personali senza alcun dovere. E donne che rinunciano all’amore per scimmiottare uomini piccoli piccoli.
Questa degenerazione dell’amore da atto della persona, quindi con il coinvolgimento di volontà ed intelletto e non solo istinto o emozione, ha introdotto un nuovo fenomeno noto come pedofilia, cioè la passione sessuale per quelli che rientrano ancora nella categoria di bambini. Ma non è di questa depravazione che voglio parlare quanto del fatto che ora il normale affetto di un adulto per un bimbo, che nella storia di ogni civiltà è stato visto come un elemento di rispetto e di crescita, è visto e giudicato come un possibile atto di pedofilia: il maestro che accarezza l’alunno, il negoziante o il passante che aiuta il bambino smarrito, l’aiuto che veniva offerto ad un piccolo al supermercato, sul tram, per strada e del quale io piccolo ho beneficiato con fiducia oggi è impossibile.
Non che in quegli anni “i mostri” come li chiamavano all’ora non esistessero, e ci dicevano bene di stare all’erta, ma la fiducia verso gli adulti era una delle certezze sulle quali costruire la nostra vita.
Uscire a cena con un figlio alla volta è un modo per stabilire una relazione personale con ognuno di loro, eppure anche questa bella abitudine viene insozzata dal sentire comune che, se maschera dietro un “tutto e lecito” la presunta assenza di giudizio, in realtà giudica e condanna eccome, fingendo di essere politically correct, e ti prende o per un matricolate e attempato playboy, e questo ormai sia se esci con la figlia che con il figlio, o per un padre separato a cena con la prole senza la compagna. E personalmente entrambe le cose mi seccano assai.
Insomma tolto il senso della verità abbia raggiunto la perfetta condizione di homo homini lupus, siamo riusciti a scatenare l’accusa preventiva contro ogni situazione. È questo il mondo che desideravamo?

GB WILLIAM ROACHE ATTORE DI TV CORONATION STREET INCRIMINATO X PEDOFILIA

Gb: attore tv di "Coronation Street" incriminato per pedofilia 

Londra, 3 set. - L'81enne attore inglese William Roache, entrato nel Guinness dei primati per la carriera piu' longeva del mondo nelle soap opera, e' stato incriminato per violenza sessuale e atti osceni nei confronti di cinque ragazzine. I fatti risalirebbero agli anni 60: l'attore, famosissismo protagonista della serie tv "Coronation Steet", a maggio era stato indagato per lo stupro di una 15enne e gli atti osceni che avrebbero coinvolto quattro ragazzine tra gli 11 e i 16 anni. Roache si e' dichiarato innocente e ha annunciato di essere "profondamente inorridito" per le accuse. Dal 1960 interpreta Ken Barlow nella soap "Coronation street", la piu' popolare e premiata d'Inghilterra, ma il suo portavoce ha dichiarato che Roache non apparira' in tv fino alla conclusione del processo.

03 settembre 2013

BRASILIANA : FORSE STRANGOLATA

Brasiliana forse strangolata

Brescia, segni sul collo dell'impiegata 

Marilia Rodrigues Silva Martins, l'impiegata brasiliana trovata morta venerdì nel suo ufficio in un'azienda a Gambara, nel Bresciano, potrebbe essere stata strangolata. Dall'autopsia sarebbe emerso che la giovane donna non è morta per le percosse ricevute alla testa e il cadavere presentava profondi segni al collo.

BOLOGNA AFGHANO SEGREGA MOGLIE 16 ENNE E LE FA BERE DETERSIVO COME PUNIZIONE

Bologna, afghano segrega moglie 16enne e le fa bere il detersivo per pavimenti come punizione

Un 37enne è stato arrestato dopo che ha malmenato per strada la consorte che tentava la fuga 

L'ultimo episodio di violenza domestica si è consumato a Bologna e ha per protagonisti due giovani afghani sposati con nozze combinate in patria. Da un mese e mezzo la moglie 16enne era arrivata in Italia e veniva tenuta prigioniera in casa. Il marito 37enne la teneva chiusa a chiave, la picchiava e la obbligava a bere detersivo per pavimenti quando lei disubbidiva.
La giovane ha tentato la fuga lo scorso venerdì: è riuscita a scappare dall'abitazione e a recarsi in stazione perché sperava di salire su un treno e di raggiungere un parente all'estero. Il marito però, l'ha raggiunta e l'ha malmenata in strada. La violenza è stata notata da un carabiniere che ha arrestato l'uomo per maltrattamenti in famiglia e lesioni. Processato per direttissima, ha patteggiato un anno senza sospensione della pena ed è già in cella.
La donna invece, è stata ricoverata all'ospedale Sant'Orsola con una prognosi di quattro giorni. Su di lei però ci sono diversi dubbi. Pare infatti, che l'età dichiarata non corrisponda a quella indicata nel passaporto e all'esame auxologico.

NON LO FA DORMIRE PAPA' FRUSTA LA FIGLIA A CROTONE

Non lo fa dormire: papà frusta la figlia

Crotone, l'uomo è stato arrestato. Ha picchiato anche la moglie 

Salvatore Tiano, di 44 anni, disoccupato, è stato arrestato dai carabinieri di Casabona (Crotone) per maltrattamenti in famiglia. L'uomo ha frustato la figlia di otto anni con una cintura perché non lo faceva dormire. Ma non solo, il 44enne ha anche colpito la bimba con un vaso, rompendoglielo sulla testa. Tiano è accusato, inoltre, di avere picchiato la moglie che stanca dei soprusi lo ha denunciato ai militari.
La notizia di reato è stata presentata alla Procura dai carabinieri  che hanno sottolineato come in quella casa le violenze fossero ripetute e costanti. I familiari di Tiano - hanno dichiarato i militari - "vivevano in un clima di insicurezza e paura". Il gip del Tribunale di Crotone, Raffaele Mazzotta, ha emesso così un'ordinanza di custodia cautelare che ha portato all'arresto dell'uomo.

La bambina, adessso, a causa delle frustate infertele dal padre, dovrà rimanere sotto osservazione e non guarirà prima di venti giorni.

UCCISE IL PADRE MENTRE STAVA SCRIVENDO IL LIBRO DI MEMORIE

Uccise il padre, stava scrivendo libro di memorie 

Imperia - Stava prendendo appunti e avrebbe voluto scrivere un libro sulle violenze subite, il trentenne Gabriele Forino, che lo scorso agosto ha ucciso con oltre venti coltellate il padre Eliseo (64 anni) nella loro casa sulle alture di Ventimiglia.
L’omicidio sarebbe avvenuto al culmine di una furiosa lite, tragico epilogo di un rapporto conflittuale ormai da parecchi anni, appunto per via di una serie di presunti abusi sessuali commessi da Eliseo nei confronti di Gabriele. A dare notizia del libro è stata la mamma del giovane, Alba Giordana, che lo avrebbe aiutato a mettere insieme i vari appunti al computer, abbozzando la prefazione: «Sono piccolo e a fatica comprendo il mondo - avrebbe scritto Gabriele - Il mondo dei grandi è così diverso, perché papà fa certe cose con me? Adesso da grande mi rivedo piccolo e ho capito cosa il papà faceva, vorrei parlare con lui da uomo a uomo, ma non posso. Ogni giorno penso come posso farlo...». Ancora: «Papà, perché mi hai violentato??? Ora un cane urla la sua rabbia, nel suo sogno di libertà si è svegliato legato alla catena e bastonato si è accorto di quanto l’amore malato del suo padrone lo renda schiavo...».
Nei confronti di Gabriele, il pubblico ministero Antonella Politi ha chiesto una perizia psichiatrica per stabilirne l’effettiva capacità di intendere e di volere.

ACCUSATO DI ABUSI SU MINORI PM VALUTANO RICORSO PER IL CARCERE

Accusato di abusi su minori,
pm valutano ricorso per il carcere 

L'uomo, 63 anni, indagato per violenze su due fratellini, ha il divieto di dimora nel Comune in cui sarebbero avvenuti i fatti. "La Procura segue con attenzione casi del genere"I pm stanno valutando se fare ricorso al Riesame contro la mancata carcerazione del 63enne accusato di pedofilia nei confronti di due fratellini intorno agli 8 anni. Il giudice per le indagini preliminari, infatti, ha disposto la misura cautelare del divieto di dimora nel Comune dove si sarebbero svolti i fatti; a suo carico invece il pm che ha coordinato le indagini della squadra Mobile aveva chiesto l'applicazione di una misura più pesante, la custodia cautelare in carcere.Il procuratore aggiunto Massimiliano Serpi ha sottolineato come ''la Procura segue con attenzione i casi del genere, e fa di tutto affinché le indagini siano nei più brevi tempi possibili''.

VITTIME MADRI E SICARIE DI CIUDAD JUA'REZ

Le donne di Ciudad Juárez
Vittime, madri e sicarie 

La guerra tra narcotrafficanti e gli omicidi sessuali
non hanno risparmiato nessuna famiglia 

CIUDAD JUÁREZ (Messico) — Al cimitero di San Rafael, a pochi chilometri da Ciudad Juárez (città di confine con gli Stati Uniti, un milione e 300 mila abitanti) sono sepolti i cadaveri di 36 donne — diciotto delle quali mai identificate— e 19 bambini, tutti vittime della guerra del narcotraffico. Tra loro una studentessa di appena 16 anni, Rubi, uccisa a febbraio da un sicario degli Zetas, il gruppo più aggressivo dei Signori della droga: lo stesso che avrebbe poi provveduto ad eliminare, dietro ordine del capobanda Hariberto Lazcano detto El verdugo, il boia, la madre della ragazza, abbattuta a raffiche di mitra mentre denunciava l’impunità dei banditi davanti al municipio di Chihuahua, capoluogo della regione. Marzialmente definite chicas Kalashnikov per l’arnese che portano sempre in spalla quando scendono sul sentiero di guerra contro i sei gruppi armati dei narcotrafficanti, le amazzoni messicane se le devono pure vedere con gli schieramenti interni: quale il Cartello del Golfo, in perenne rivalità (talvolta cruenta) con la compagine narco-militare degli Zetas. Per Hillary Clinton, i narcos sono «un’insurrezione criminale», una bestiaccia nata o cresciuta grazie anche al massiccio contributo degli Usa. Come dimostra il fatto che ogni anno gli americani mandano in fumo 65 miliardi di dollari per alimentare il mercato degli stupefacenti, marijuana, coca, eroina, metanfetamine, provocando stordimenti e deliri di massa. Solo a Ciudad Juárez vivono (o sopravvivono) 80 mila cocainomani.In questa insurrezione la signora Yaretzi, 27 anni, sposata con due figli, alla vita domestica dopo un intermezzo alla Scuola militare ha preferito quella di guerrigliera, di chica Kalashnikov. In un’intervista in carcere sfodera tutto l’odio di cui era capace, «perché alla scuola ti insegnano a non voler bene a nessuno, quando ne esci hai il cuore di pietra. Del resto in Messico, morte è la parola favorita». Schietta com’è, Yaretzi non nasconde un breve trascorso «come puttana», ma è adamantina quando parla del suo impegno politico-militare: «Signori non si nasce. Si diventa» scandisce con fermezza. «Però mentre gli uomini lo fanno perché si divertono ad ammazzare noi donne lo facciamo per il denaro. O almeno questo è il caso mio. Dire che lo si fa per amore o per un ideale è una cazzata». Entrò come recluta a 20 anni e il suo primo incarico, come per tutti i novizi, è di lavare i pavimenti sporchi di vomito o sangue: quindi assumerà il ruolo di Condor (stanare il nemico nei suoi nascondigli), poi quello di Lince (che arresta e tortura) e infine «mi misi ad uccidere » diventando sicario a tempo pieno insieme a ragazze così belle e «con unghie grandi e affilate come coltelli che ispiravano pensieri inverecondi ».
Analizzando la situazione socio-politica di Ciudad Juárez, Leobardo Alvarado, uomo di cultura che non ama la definizione di intellettuale, ricorda che furono proprio le donne ad alzare la voce nel ’93/’94 quando la parola «femminicidio» non era stata ancora coniata. «Questa—dice—era una città di almeno 10 mila orfani di guerra e di giovani che non riconoscevano più i valori tradizionali della famiglia o della Chiesa. Il ragazzino che finiva in carcere, vi trovava la migliore università possibile del crimine e quando usciva veniva subito arruolato dalla bande». Sempre più frequenti i delitti contro le donne: 25 le vittime nel 2007, 164 nel 2008 e 50 casi  di quest’anno. Bersagli prediletti degli assassini chi lavora in organizzazioni per i diritti umani o chi, seguendo il messaggio evangelico, soccorre vecchi, malati e gente ridotta in condizioni di estrema povertà. Verdetto o punizioni non cambiano. La Redim (organismo che si occupa dei diritti dell’infanzia) fa un bilancio agghiacciante nel suo più recente rapporto, da cui emerge che 1300 minorenni sono morti ammazzati negli ultimi quattro anni, mentre assomma a 27 mila la folla dei tossicodipendenti. Non mancano poi episodi di contorno, macabri, raccapriccianti: come quando i condannati a morte erano costretti, prima dell’esecuzione, a coprirsi il volto con una maschera raffigurante il muso osceno di un maiale. Lontano anni luce il Messico glorioso, cupo e dolente di Pancho Villa, Madero, Zapata: anche se, per quelli dalla mia generazione, l’unico vero volto di quest’ultimo rimane quello ombroso di Marlon Brando
Molti villaggi nella zona sono listati a lutto. Bussiamo alla casupola di Olga Alanis, dove sullo scaffale del tinello, accanto al televisore, c’è la foto di sua figlia Monica, che avrebbe oggi 20 anni. «Uscì di casa giovedì 26 marzo di due anni fa—racconta la madre senza mai staccare gli occhi dal ritratto—e non l’abbiamo più vista. Quel giorno mi telefonò per dirmi che sarebbe rientrata sul tardi e non stessi in pensiero. A volte, all’ora di cena, metto ancora quattro piatti in tavola, come se la porta dovesse spalancarsi da un momento all’altro. Era una ragazza inquieta ma studiosa, le volevano tutti bene. Come diciamo noi da queste parti, era povera e bella». Il marito, che le siede accanto, ogni tanto la stringe forte alle spalle, come per assecondarla nella speranza che sia ancor viva la sua bambina. Ma lui non crede alle fate e nel suoi occhi c’è il riverbero della spaventosa certezza che ha nel cuore, quando ci accompagna a vedere la stanzetta della figlia, al primo piano. «L’abbiamo lasciata tale e quale il giorno che è sparita!», sussurra. Il letto sfatto, i cuscini addossati alla parete, i tre orsacchiotti che «le tenevano compagnia la notte». E aggiunge: «Sento ancora la voce delle amichette che al mattino la chiamavano dalla strada; dai, Moni, svegliati dormigliona ».
Sono circa 10 mila i desaparecidos in Messico, di cui la maggior parte trova rifugio nel Texas e in California transitando clandestinamente a El Paso, la frontiera con gli Stati Uniti. Questo era anche l’obiettivo di Israel Arzate, 26 anni, scomparso da casa a fine gennaio del 2012, ma non ce l’ha fatta. Dopo mesi di ricerche, la madre riuscì a trovarlo in una caserma messicana dov’era detenuto sotto l’accusa (mai provata) di aver preso parte al massacro di Villas de Salvarcar (15 morti). «Quando l’ho visto— ha raccontato la donna— mi s’è spezzato il cuore, l’avevano torturato brutalmente; i piedi bruciati, i testicoli sanguinanti, la testa avvolta in una borsa di plastica, sul petto i segni dalle sigarette spente dai soldati per tenerlo sveglio. Ma più di tutto lo feriva la battutaccia velenosa dei carcerieri quando gli dicevano: anche la tua mamma è in prigione, ragazzo mio. Ma stai tranquillo, non le manca niente. Noi ce la facciamo a turno giorno e notte».
Le prime donne a pronunciare la parola femminicidio, ricorda la signora Imelda Marufo, un’autorità nel mondo accademico, furono due docenti dell’Università, la professoressa Diana Russel e la sua collega Marcela Lagarre: ma già da oltre 20 anni la catena dagli omicidi stava sfoltendo la popolazione femminile dì Ciudad Juárez. All’origine della mattanza, secondo gli esperti, un’incontenibile misoginia diffusa in tutti i ceti sociali: le prime vittime, maggiorate fisiche con fiumi di capelli neri, di bassa estrazione e disperatamente povere. Ma i delitti si consumavano anche tra le pareti domestiche. Ed è più che amara la conclusione di Imelda quando dice: «Le autorità non intervengono perché la cosa non le interessa o, peggio ancora, perché sono personalmente coinvolte in quei crimini». Chi faccia un salto alla fossa comune del Panteón San Rafael, una trentina di chilometri fuori città, non potrà sottrarsi a un profondo senso di sgomento, amarezza e perfino di paura. Qui sono sepolti i morti che nessuno reclama, anche perché nessuno vuole esporsi alla vendetta dei sicari responsabili della strage. Qualche croce di marmo o di legno spunta qui e là sul tappeto di terra arida e rossiccia, ma su poche, pochissime, trovi inciso un nome con le date di nascita e di morte. Quasi per scusarsi di tanta negligenza, la nostra guida ci ricorda un detto assai comune da queste parti: «Nella Valle di Juárez anche il vento ha paura».
Nel camposanto di Guadalupe riposano quattro membri della stessa famiglia, quella degli Amaya: Omar, sindaco della città, ucciso nel 2006 a 33 anni, suo padre Apolonio, lui pure primo cittadino, ucciso nel 2007 cinquantanovenne, Maria ed Aglae, madre e sorella di Omar, di 57 e 29 anni, eliminate nel 2008 da mano ignota. «Ma tutti sanno chi c’è dietro quella mano», commenta Ignacio Montea, il becchino, che aggiunge, indicando un cumulo di terra fresco dove è stata appena interrata una bara: «Come tutti, noi sappiamo chi ha fatto fuori i quattro ragazzi che ho appena sepolto la settimana scorsa. Scriva pure che qui il lavoro non manca ». A Ciudad Juárez e lungo la frontiera i fucili non tacciono mai e si deve soprattutto alla frenetica attività dei due gruppi meglio organizzati e costantemente riforniti di materiale bellico (El Cártel del Pacifico e gli Zetas) se nel territorio del Messico, avverte lo scrittore Charles Bowden, si stanno espandendo i killing fields di cambogiana memoria. Sorprende che le autorità militari messicane avessero inizialmente sottovalutato il fenomeno degli Zetas, che, per loro, «non esistevano ». Anche il loro capo, Heriberto Lazoano, dato più volte per morto negli ultimi due anni, è vivo e vegeto e ha trovato un rifugio sicuro a Potosi.
L’ultima nostra passeggiata (o pellegrinaggio) in Messico è verso il tempio della Santa Muerte, una piccola grotta scavata nella roccia e a malapena illuminata dalle fiammelle delle candele. Hai netta l’impressione che il tuo cammino terreno stia per finire qui. Quasi nessuno parla. C’è solo quel tenue bisbiglio che senti in chiesa durante le funzioni, nei momenti culminanti della cerimonia liturgica. La caverna è quasi tutta occupata da un cupo presepe messicano, con statuette della Madonna, che però indossa indumenti funerei e tiene la falce; in una è più bianca dei ceri, un’altra veste una luminosa tunica gialla, altre ancora sono fasciate da colori gentili come il celeste, il verde primavera, il rosa dell’alba. La padrona di casa, signora Yolanda Salazar, ricorda che possono accedere al tempio tutti coloro che credono in Dio, siano essi cristiani, cattolici o d’altra fede. La porta (che non c’è) è però severamente sbarrata per chi abbia un qualche contatto col crimine organizzato. La signora Yolanda raccomanda ai devoti di non mancare alla Messa solenne che si celebra ogni domenica alla Santa Muerte, alle dodici in punto, a pregare per il «povero Messico » che — diceva il dittatore Porfirio Diaz — ha la sfortuna di essere «così lontano da Dio e così vicino agli Stati Uniti».

INDIA IL GURU FACEVA MEDITAZIONE IN CAMBIO DI SESSO

India, il guru faceva meditazione in cambio di sesso 

Un guru indiano, Asaram Bapu, 72enne, è stato arrestato in India con l'accusa di abusi sessuali contro una 16enne nel suo "ashram", i luoghi di meditazione. Grazie ai suoi fedeli, il guru era riuscito per giorni a sfuggire alla polizia che alla fine lo ha pizzicato. Secondo fonti locali, la ragazza era entrata nell'ashram per ricevere delle cure e si è opposta alle proposte sessuali del guru.

02 settembre 2013

MOLESTA 19 ENNE ALLA FERMATA DEL BUS ARRESTATO E SALVATO DAL LINCIAGGIO

Molesta diciannovenne alla fermata del bus, arrestato e salvato dal linciaggio 

 Vittima delle molestie alla fermata di viale di Tor Bella Monaca una 19enne. A finire in manette con l'accusa di violenza sessuale un 24enne di nazionalità romena

settembre 2013- Un romeno di 24 anni, già noto alle forze dell'ordine, è stato arrestato dai carabinieri del nucleo operativo e Radiomobile della compagnia di Frascati, dopo aver molestato una connazionale di 19 anni alla fermata del bus 20, a Tor Bella Monaca.
La ragazza, che stava aspettando il bus, accortasi del giovane che la stava osservando dall'altra parte della strada, ha subito telefonato a un'amica cercando di far desistere il connazionale da cattive intenzioni. Dopo pochi istanti, la ragazza è stata sorpresa dal 24enne che, dopo aver attraversato la strada, l'ha afferrata per un braccio e ha iniziato a toccarla. La ragazza, con non poca difficoltà, è riuscita a scappare in strada, attirando l'attenzione di una pattuglia dei carabinieri in transito.
I militari, dopo un breve inseguimento a piedi, hanno fermato il romeno che stava cercando di scappare per le campagne, prima che potessero raggiungerlo i familiari della ragazza, giunti nel frattempo, intenzionati a farsi giustizia da soli. Arrestato con l'accusa di violenza sessuale, il 24enne accompagnato in caserma in attesa di essere processato con il rito per direttissima.

A VENEZIA E' CHOC PER MISS VIOLENCE

A Venezia è choc per Miss Violence

Incesto e violenza nel film di Avranas in concorso 

VENEZIA- Choc alla Mostra di Venezia per uno dei film oggi in concorso: Miss Violence del greco Alexandros Avranas. Fa discutere e angoscia questa storia di violenza fisica, sessuale e psicologica. Un nonno padrone e i nipotini di chissà quale padre, se lui stesso o uno dei tanti uomini ai quali vende la figlia Elena soggiogando tutti a cominciare dalla moglie. Non c'è modo di ribellarsi al mix di incesto e dominio assoluto. Ma la nipote di undici anni rompe la catena, lanciandosi nel vuoto.

STUPRO LIBERO IN 13 GIORNI RIFORMA / AGGIORNAMENTO GIUSTIZIA ORA

Stupro, libero in 13 giorni. Riforma della Giustizia. Ora 

 Un immigrato irregolare egiziano avrebbe violentato un’operaia di Crema. Benché la sua difesa ritenga che si sia trattato di un rapporto sessuale volontario, non ci sono gli estremi per definirlo tale. L’egiziano è stato arrestato e ha reagito con la forza contro i Carabinieri. Accusato di violenza sessuale, lesioni personali aggravate e resistenza a pubblico ufficiale, è stato incarcerato. Dopo appena 13 giorni di custodia cautelare è stato scarcerato e trasferito agli arresti domiciliari. E questo nonostante i Carabinieri, che lo hanno arrestato, siano convinti che fosse in procinto di fuggire all’estero: aveva 1600 euro nel portafogli, al momento dell’arresto e della sua voglia di fuggire ne aveva già parlato con suoi amici.Un atteggiamento incredibilmente garantista da parte della magistratura italiana. Nell’era del ministro Kyenge sarebbe troppo facile (e a tratti populista) fare un panegirico contro la violenza degli immigrati e il lassismo delle autorità italiane nei loro confronti. Dimentichiamoci, per un attimo, che stiamo parlando di un egiziano. Un uomo più che sospetto di violenza sessuale, aggressione e sicuramente colpevole di resistenza a pubblico ufficiale, molto probabilmente in procinto di scappare, merita solo 13 giorni di carcerazione preventiva (pardon: ora si chiama “custodia cautelare”). E tutto questo avviene in un Paese, l’Italia, che è nel mirino di Amnesty International, per l’abuso della carcerazione preventiva. Stride il confronto della durata di questi 13 giorni di custodia in carcere, con i 13 mesi scontati da Lele Mora, in galera per tutto quel tempo senza un giudizio, dopo essere stato accusato per reati che non includono né una violenza sessuale, né un’aggressione fisica, né una resistenza a un pubblico ufficiale al momento dell’arresto. Altro caso recente: per il crac del pastificio Amato, l’ex deputato dell’Udeur Paolo Del Mese, dopo otto mesi di arresti domiciliari, è stato incarcerato in custodia cautelare, nonostante l’età avanzata e le sue precarie condizioni di salute.
Lele Mora e Paolo Del Mese non sono eccezioni nell’iter della carcerazione in attesa di giudizio. Guardando ai dati del 2012, su 66.685 persone detenute, ben 26.804 (il 40,1%) erano in custodia cautelare. La media dei Paesi del Consiglio d’Europa è inferiore al 30%. L’Italia è un caso anomalo. L’uomo accusato di violenza sessuale (e lesioni aggravate e resistenza a pubblico ufficiale) è dunque lui l’eccezione nel “sistema Italia”. C’è da chiedersi, dunque, perché costituisca l’eccezione. Viene da pensare che subentri un ragionamento classista: il ricco che evade il fisco e procura belle ragazze ai Vip avrebbe “tutti i mezzi” per fuggire e/o occultare le prove. Un uomo politico avrebbe “tutti i mezzi” per depistare le indagini. Quindi “meritano” una lunga pena anche senza giudizio. Il poveraccio che si limita a violentare una donna, non è evidentemente considerato altrettanto pericoloso. Al massimo scappa di casa e ne violenta un’altra. Che sarà mai? Abbiamo appena visto approvare una legge apposita che punisce il reato di “femminicidio” (che non si capisce perché sia una tipologia diversa rispetto all’“omicidio”), ma la violenza carnale, evidentemente, è considerata ancora come una reato di seconda categoria. Così subendo, però, a noi comuni mortali cittadini resta un’incertezza in più nell’incertezza generale. Sappiamo che i processi sono lunghissimi, che la custodia cautelare può durare anche più di un anno, anche se poi risulta che siamo innocenti. Però, a questo punto sappiamo anche che, se siamo sospetti di evasione fiscale o di reati economici o di tangenti (quanto mai se procuriamo ragazze ai Vip!), veniamo preventivamente puniti in modo molto più severo rispetto a un uomo sospetto di stupro che aggredisce pure i Carabinieri. Ci conviene diventare violenti, a questo punto?

INSTALLAZIONE DI ALLARMI ANTIABBANDONO SULLE AUTOMOBILI

Ministro dei Trasporti: Installazione di allarmi anti abbandono sulle automobili 

Mi chiamo Maria Ghirardelli, ho 43 anni e vivo a Esine, un paese della provincia di Brescia. Sono un medico d'urgenza-emergenza e madre di tre bambini. Come molti milioni di italiani sono stata tremendamente turbata dalla tragedia del piccolo Luca di Piacenza, abbandonato in auto dal padre, per un tragico errore della memoria.
Ho pensato che incidenti come questo possono capitare in condizioni di forte stress a qualsiasi genitore e la prova è che purtroppo esistono numerosi casi identici a quello accaduto in Italia in tutto il mondo.
Ho immaginato un dispositivo semplicissimo da introdurre nell'apparecchiatura elettronica standard di qualsiasi nuova autovettura che determini un segnale di allarme se viene attivato il comando di chiusura mentre una cintura è ancora allacciata e il sensore di peso segnala una presenza. Questo banale accorgimento eviterebbe al genitore di dimenticare il bambino, magari assopito sul seggiolino sul sedile posteriore. In questo modo sarebbe impossibile dimenticare un bambino in auto.
Il mio potere di sensibilizzazione è quello di una persona qualsiasi e non ho alcun conflitto di interessi nel lanciare questa proposta.... soltanto il desiderio che non accada mai più che un bambino muoia in questa maniera.
Per questo ho lanciato questa petizione online rivolta al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi affinché favorisca una modifica del codice della strada in tal senso (art.172 che regolamenta il trasporto dei bambini in auto). 

Antonio Tajani, Vice Presidente della Commissione Europea, mi scrive per informarmi che "La Commissione europea si accinge ad iniziare, come previsto, la revisione della normativa sulla sicurezza connessa al regolamento (CE) n. 661/2009 sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore [...]. In questo contesto intendiamo anche tener conto del problema da Lei esposto, per identificare se, alla luce delle nuove tecnologie per la sicurezza, esistono soluzioni tecnicamente possibili, affidabili ed effettive. [...] Questo, affinché i bambini siano meno esposti al rischio di essere lasciati nei veicoli in tali pericolose condizioni da chi si prende cura di loro. Dal nostro punto di vista sosterremo una stretta cooperazione in questo ambito."
                                          

STALKING CARTELLI OFFENSIVI CONTRO LA EX

Stalking:cartelli offensivi contro la ex

Su segnali stradali con foto e offerte sessuali, indagano i Cc 

RIMINI  - Ha tappezzato Rimini e Santarcangelo di cartelli offensivi contro la sua ex: ora i carabinieri stanno raccogliendo elementi per avviare una mirata indagine per stalking. E' accaduto a Santarcangelo, nel Riminese, dove una donna ha trovato su cartelli della segnaletica stradale delle sue foto, stampate su fogli A4, con frase relative a offerte di prestazioni sessuali. Analoghe affissioni sono state fatte a Rimini. La donna ha riferito ai Cc di essere perseguitata da tempo dall'ex compagno.

PICCHIANO EDICOLANTE 3 MINORI ARRESTATI

Picchiano edicolante, 3 minori arrestati

L'uomo li aveva invitati a restituire gli occhiali portati via 

MARINA DI MASSA (MASSA CARRARA) Hanno riempito di calci e pugni un edicolante che li aveva sorpresi a rubare tre paia di occhiali da sole: tre ragazzini, due di 16 anni e uno di 17, sono stati arrestati dai carabinieri di Massa con l'accusa di rapina impropria. I tre ragazzini, dopo una serata di bagordi, avevano dormito qualche ora in spiaggia, poi hanno messo a segno il furto. L'edicolante li ha invitati a posare la merce ma per tutta risposta i giovani si sono avventati contro l'uomo.

DENISE : MADRE CHIEDE AIUTO AL PAPA

Denise: madre chiede aiuto al Papa

Nel nono anniversario della scomparsa, figlia mia dove sei 

MAZARA DEL VALLO (TRAPANI), 1 SETT - ''Chiedo al nostro Papa di intervenire per favorire le iniziative volte alla ricerca dei minori scomparsi che attendono solo una forte spinta per poter essere avviate''. Lo scrive in una lettera al Papa, Piera Maggio, madre di Denise Pipitone, nel nono anniversario della scomparsa della bimba da Mazara del Vallo che, quando fu rapita l'1 settembre 2004,doveva ancora compiere 4 anni.''Denise dove sei, dove ti hanno portata, quando ti riabbraccerò?'' si chiede la donna. 
               LA LETTERA DELLA MAMMA