Sangue infetto, 60 mila casi in Italia:
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L'Associazione Children Protection World Onlus si occupa di violenze ed abusi sui minori e disabili, inoltre offre un aiuto alle famiglie in situazioni disagiate ed opera anche sul fronte dei soggetti diversamente abili e portatori di malattie debilitanti e rare, mette in atto, il suo operato, dando un supporto di prevenzione a scuole ed istituzioni locali, contribuendo con altre associazioni e realtà che operano con e per i diritti dell'infanzia,dell'adolescenza e dei malati.
04 settembre 2013
SANGUE INFETTO 60 MILA CASI IN ITALIA
MILANO STUDENTE LINCIATO ALL'UNIVERSITÀ 2 ARRESTI
Milano, studente linciato all'università: due arresti
L'aggressione il 14 febbraio. Fermati giovani di 30 e 26 anni
Due studenti universitari del movimento antagonista Assemblea di Scienze
Politiche (che attualmente sta occupando alcuni locali dell'Università
Statale di Milano), L.M. 30 anni e S.D., 26 anni, sono stati arrestati
dai carabinieri del capoluogo lombardo con le accuse di lesioni
personali gravissime e violenza privata aggravata per aver picchiato un
altro studente la notte del 14 febbraio procurandogli anche una frattura
cranica. L'aggressione, a cui avevano partecipato altri studenti non
ancora identificati - hanno spiegato i carabinieri - ha uno sfondo
politico.
PESTAGGIO EFFETTUATO CON «GRAVISSIMA VIOLENZA». Secondo l'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip Cristina Di Censo su richiesta del pm di Milano, Piero Basilone, i due avrebbero avrebbero picchiato con «gravissima violenza» il giovane perché quest'ultimo aveva imbrattato un «manifesto» che avevano appeso colpendolo «ripetutamente con calci e pugni» e «cagionandogli lesioni gravissime consistite in una deformità fronto-orbitaria del capo (deformazione permanente del viso)».
Lo studente era stato aggredito all'interno dell'Ateneo e vicino al portone d'ingresso, dove era stato strascinato e lasciato a terra esanime, con una vistosa frattura cranica, tanto che gli aggressori ritenevano fosse morto.
LA VITTIMA NON AVEVA DENUNCIATO IL PESTAGGIO. Dopo due settimane, la vittima, che non si era fatta medicare, né aveva denunciato il pestaggio, era stata costretta ad andare al Pronto soccorso dell'ospedale San Paolo, dove era stato subito sottoposto ad un importante intervento chirurgico maxillofacciale ricostruttivo per curare le ferite. Lo studente aveva riportato la frattura della parete anteriore del seno frontale con una prognosi di guarigione di 68 giorni.
MINACCIATI ANCHE ALTRI STUDENTI. Nella mattina di mercoledì 4 settembre, i carabinieri di Milano hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip sulla scorta delle indagini del pm Piero Basilone e del procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, a capo del Dipartimento antiterrorismo della procura di Milano. Le indagini, oltre a identificare inequivocabilmente i due arrestati, hanno appurato che questi avevano anche minacciato altri studenti perché non rendessero dichiarazioni alle forze dell'ordine.
PESTAGGIO EFFETTUATO CON «GRAVISSIMA VIOLENZA». Secondo l'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip Cristina Di Censo su richiesta del pm di Milano, Piero Basilone, i due avrebbero avrebbero picchiato con «gravissima violenza» il giovane perché quest'ultimo aveva imbrattato un «manifesto» che avevano appeso colpendolo «ripetutamente con calci e pugni» e «cagionandogli lesioni gravissime consistite in una deformità fronto-orbitaria del capo (deformazione permanente del viso)».
Lo studente era stato aggredito all'interno dell'Ateneo e vicino al portone d'ingresso, dove era stato strascinato e lasciato a terra esanime, con una vistosa frattura cranica, tanto che gli aggressori ritenevano fosse morto.
LA VITTIMA NON AVEVA DENUNCIATO IL PESTAGGIO. Dopo due settimane, la vittima, che non si era fatta medicare, né aveva denunciato il pestaggio, era stata costretta ad andare al Pronto soccorso dell'ospedale San Paolo, dove era stato subito sottoposto ad un importante intervento chirurgico maxillofacciale ricostruttivo per curare le ferite. Lo studente aveva riportato la frattura della parete anteriore del seno frontale con una prognosi di guarigione di 68 giorni.
MINACCIATI ANCHE ALTRI STUDENTI. Nella mattina di mercoledì 4 settembre, i carabinieri di Milano hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip sulla scorta delle indagini del pm Piero Basilone e del procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, a capo del Dipartimento antiterrorismo della procura di Milano. Le indagini, oltre a identificare inequivocabilmente i due arrestati, hanno appurato che questi avevano anche minacciato altri studenti perché non rendessero dichiarazioni alle forze dell'ordine.
USA IL MOSTRO DI CLEVELAND S'IMPICCA IN CELLA
Usa, il mostro di Cleveland s'impicca in cella
Ariel Castro segregò tre ragazze per dieci anni. Le donne, vittime di sistematiche violenze e di abusi, divennero schiave del sesso. Ad agosto era stato condannato a oltre 1.000 anni di carcere per rapimento e stupro
Ariel Castro, il "mostro di Cleveland"
che per dieci anni ha tenuto segregate tre ragazze nella sua casa
trasformandole in schiave del sesso, si è impiccato in carcere. Lo
riporta la stampa americana, citando il Correctional Reception Center di
Orient, nell'Ohio. Il 53enne era stato condannato ad agosto ad oltre
1.000 anni di prigione per rapimento, stupro e sequestro di persona.
I
medici del carcere hanno tentato la rianimazione, ma senza risultato:
l'uomo è stato trasportato quindi all'Ohio State University Wexner
Medical Center, dove è stato dichiarato morto. Il portavoce del
dipartimento di Riabilitazione e correzione dell'Ohio ha affermato che
Castro è deceduto per apparente suicidio. L'uomo, condannato ad
inizio agosto ad oltre 1.000 anni di prigione per rapimento, stupro e
sequestro di persona, aveva scontato solo un mese di carcere ed era
detenuto in un'unità di isolamento per la sua stessa incolumità.
MARILLA DNA CONFERMA BIMBO DI GRIGOLETTO
Marilia, dna conferma: bimbo di Grigoletto
Il presunto killer della 29enne brasiliana ha ammesso la paternità del piccolo che la vittima portava in grembo. L'uomo prima ha comprato dell'acido, poi ha tentato di manomettere la caldaia dell'ufficio
- Claudio Grigoletto, fermato per l'omicidio della brasiliana Marilia Rodrigues,
durante l'interrogatorio si sarebbe detto convinto di essere il padre
del figlio che la giovane aveva in grembo. Il suo legale ha però
spiegato che "sono emerse altre relazioni" che la ragazza aveva. La
conferma arriva anche dalla prova del dna. Intanto, i carabinieri hanno
trovato nell'ufficio dell'uomo lo scontrino di un supermercato con
l'acquisto di candeggina e acido.
Lo
scontrino risale alla mattinata di giovedì, giorno in cui Marilia
Rodrigues è stata uccisa. Per l'accusa, per simulare un suicidio,
l'assassino avrebbe cercato di far ingerire acido alla brasiliana.
In un ufficio che Claudio Grigoletto ha in un campo volo a Bedizzole, nel Bresciano, è stata trovata anche una chiave inglese con tracce del tubo della caldaia che chi ha ucciso la donna aveva manomesso per causare una fuga di gas. Lo si è appreso dopo l'interrogatorio di convalida del fermo di Grigoletto che potrebbe vedersi contestata la premeditazione.
Legale: "Relazioni non solo con Grigoletto" - Il legale di Grigoletto, Elena Raimondi, ha detto che, dopo l'interrogatorio di convalida del fermo nel carcere di Canton Mombello, il suo assistito "ha rilasciato dichiarazioni spontanee, quindi abbiamo collaborato". Grigoletto ha ammesso la relazione sentimentale con la ragazza ma, a proposito della paternità del figlio che la giovane stava aspettando, il legale ha aggiunto: "Stiamo attendendo anche noi le risultanze degli esami perché sono emerse altre relazioni" che la ragazza avrebbe avuto con un altro uomo.
Il gip convalida il fermo per il datore di lavoro - Il gip di Brescia ha convalidato il fermo di Claudio Grigoletto, accusato dell'omicidio di Marilia. Il giudice ha disposto la custodia cautelare in carcere.
Ris di Parma nell'ufficio di Grigoletto - E' previsto per giovedì mattina un sopralluogo dei Ris di Parma nell'ufficio del datore di lavoro della vittima, per i rilievi di rito sul luogo del delitto.
In un ufficio che Claudio Grigoletto ha in un campo volo a Bedizzole, nel Bresciano, è stata trovata anche una chiave inglese con tracce del tubo della caldaia che chi ha ucciso la donna aveva manomesso per causare una fuga di gas. Lo si è appreso dopo l'interrogatorio di convalida del fermo di Grigoletto che potrebbe vedersi contestata la premeditazione.
Legale: "Relazioni non solo con Grigoletto" - Il legale di Grigoletto, Elena Raimondi, ha detto che, dopo l'interrogatorio di convalida del fermo nel carcere di Canton Mombello, il suo assistito "ha rilasciato dichiarazioni spontanee, quindi abbiamo collaborato". Grigoletto ha ammesso la relazione sentimentale con la ragazza ma, a proposito della paternità del figlio che la giovane stava aspettando, il legale ha aggiunto: "Stiamo attendendo anche noi le risultanze degli esami perché sono emerse altre relazioni" che la ragazza avrebbe avuto con un altro uomo.
Il gip convalida il fermo per il datore di lavoro - Il gip di Brescia ha convalidato il fermo di Claudio Grigoletto, accusato dell'omicidio di Marilia. Il giudice ha disposto la custodia cautelare in carcere.
Ris di Parma nell'ufficio di Grigoletto - E' previsto per giovedì mattina un sopralluogo dei Ris di Parma nell'ufficio del datore di lavoro della vittima, per i rilievi di rito sul luogo del delitto.
SCUOLA DISABILI LE FAMIGLIE FANNO SCUADRA CONTRO IL SOSTEGNO CHE MANCA
SCUOLA DISABILI: LE FAMIGLIE FANNO SQUADRA CONTRO IL SOSTEGNO CHE MANCA
Per il diritto allo studio dei loro
figli, i genitori di alunni disabili si uniscono in azioni collettive e
si ritrovano sui social network
Settembre, tempo di tornare sui banchi. Ma per molte famiglie questo rientro non ha la serenità che dovrebbe: parliamo dei casi, purtroppo sempre più numerosi, in cui agli alunni disabili vengono assegnate insufficienti ore di sostegno, a fronte invece di una loro necessità certificata.
Insomma,
spesso non basta la certificazione di gravità della disabilità, non
basta avere dalla propria parte la legge (la norma prevede che
l'organico di sostegno sia assegnato alla scuola in ragione mediamente
di un posto ogni due alunni disabili - vedi circolare ministeriale n. 61/12 -, inoltre la Corte Costituzionale, con la Sentenza n. 80/10, ha sancito il dovere di assegnare ore in deroga nei casi di gravità). Questa situazione ha aperto la strada a una serie di ricorsi che
le famiglie hanno e stanno presentando ai tribunali amministrativi,
incassando finora sempre vittorie. Tra le più recenti, quella della LEDHA (Lega per i diritti delle persone con handicap) di Milano sul ricorso collettivo per discriminazione.
Per far fronte a questa situazione, l'orientamento delle famiglie è, quindi, sempre più spesso quello di unire le proprie forze,
confrontandosi ed eventualmente agendo in maniera collettiva. In
questo, divengono utili tutti gli strumenti che la rete offre, come i
Social Network. E che è stata lanciata una iniziativa, gestita in primis da due mamme,
che hanno creato un "evento" rivolto a tutti i genitori che si trovino
in questa situazione, per sostenersi, per aiutarsi e per informare.
L'intento del gruppo è quello innanzitutto di fare squadra:
capire quanti si trovano nella situazione di dover agire per vie legali
per far rispettare il diritto dei loro figli, ed eventualmente dare
vita ad un ricorso collettivo nazionale o, se non possibile, molteplici, di tipo regionale e locale, anche per sensibilizzare l'opinione pubblica su questo problema.
Così una delle due mamme promotrici: "l'obiettivo è essere insieme per far presente al MIUR che l'integrazione scolastica è un diritto innegabile e che i nostri figli hanno il diritto di imparare come gli altri bambini:
devono avere le loro stesse possibilità e soprattutto bisogna attuare
tutte le strategie didattico ed educative per promuovere l'inclusione
scolastica e sociale, cosa che non può avvenire se le ore si sostegno e
educative vengono tolte".
In questo caso i social network si rivelano uno strumento utile, che consente di dire ai genitori: non siamo soli.
SPERANZA PER FETO E MAMMA IN FIN DI VITA
Speranza per feto e mamma in fin di vita
Donna ferita in sparatoria. Sospesa sedazione per 30 minuti
NAPOLI- SET - Si accende una piccola speranza per Carolina Sepe, la ragazza incinta che a Lauro (Avellino) è stata ferita con un colpo di pistola al capo durante un litigio nel quale è stato ucciso il padre Vincenzo, e per il feto che porta in grembo, all'11.ma settimana di gestazione. Oggi è stata sospesa per mezz'ora la sedazione della donna, che pur restando in condizioni gravissime ha reagito con piccoli movimenti. Lo rende noto il primario di Neurochirurgia del Cardarelli di Napoli,Michele Carandente.
PREVARRA' IL BUON SENSO DI FRONTE A TANTE PROTESTE ?
Marche: prevarrà il buon senso, di fronte a tante proteste?
Probabilmente non immaginava nemmeno, la Giunta Regionale delle Marche,
quante e quali reazioni avrebbe suscitato quella Delibera prodotta in
luglio e accusata da più parti – ora anche da ENIL Italia (European
Network on Independent Living) – di essere un chiaro segno della volontà
di tornare all’istituzionalizzazione delle persone con disabilità.
Prevarrà a questo punto il buon senso e si farà marcia indietro?«Intervenendo direttamente e unilateralmente sui Livelli Essenziali
di Assistenza, gli oneri sanitari che corrispondono da un minimo del 50%
fino al 70% del costo dell’intero progetto vengono da ora attribuiti a carico dell’utente, nonostante vi sia come obbligo di legge l’attribuzione a carico della Sanità Regionale. Questo primo elemento evidenzia la ricaduta del costo sulle persone con disabilità e le loro famiglie, contro la legge».
Si apre così, senza troppi giri di parole, la lettera inviata da Germano Tosi, presidente di ENIL Italia (European Network on Independent Living) ai principali rappresentanti istituzionali della Regione Marche, intervento con il quale anche tale organizzazione – dopo le dure prese di posizione delle scorse settimane, da parte del CAT (Comitato Associazioni Tutela) delle Marche, dei promotori della Campagna Trasparenza e diritti (cui aderiscono oltre settanta associazioni ed Enti Locali della Regione) e della Consulta Regionale per la Disabilità, oltreché della FISH Nazionale (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e di altre grande Associazioni, pure aderenti a quest’ultima, come l’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) – si è pronunciata contro quella contestata Delibera della Giunta Regionale (n. 1011/13), che ha definito lo standard di personale e i costi dei servizi per la salute mentale, gli anziani non autosufficienti, le persone con demenza e quelle con disabilità, in modo da più parti ritenuto come un chiaro segno di voler tornare «alla logica degli Istituti, che si riteneva conclusa da anni».
Proprio su quest’ultimo punto si diffonde successivamente il messaggio del Presidente di ENIL Italia, ove si legge che «il secondo elemento negativo è il ricorso all’istituzionalizzazione conseguente, addirittura con l’istituzione di nuclei minimi di 20 persone in modo promiscuo e senza distinzione di tipologia di disabilità o di età, fino a 60 persone, creando un ambiente sfavorevole e dove è impensabile rispettare i diritti umani delle persone con disabilità o promuovere la loro inclusione sociale. Le stesse persone non potranno disporre di diritto di scelta e tantomeno di un buon livello di qualità della vita, perché avendo necessità ed esigenze diverse, saranno costrette a condividere spazi e condizioni non adeguati».
Si apre così, senza troppi giri di parole, la lettera inviata da Germano Tosi, presidente di ENIL Italia (European Network on Independent Living) ai principali rappresentanti istituzionali della Regione Marche, intervento con il quale anche tale organizzazione – dopo le dure prese di posizione delle scorse settimane, da parte del CAT (Comitato Associazioni Tutela) delle Marche, dei promotori della Campagna Trasparenza e diritti (cui aderiscono oltre settanta associazioni ed Enti Locali della Regione) e della Consulta Regionale per la Disabilità, oltreché della FISH Nazionale (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e di altre grande Associazioni, pure aderenti a quest’ultima, come l’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) – si è pronunciata contro quella contestata Delibera della Giunta Regionale (n. 1011/13), che ha definito lo standard di personale e i costi dei servizi per la salute mentale, gli anziani non autosufficienti, le persone con demenza e quelle con disabilità, in modo da più parti ritenuto come un chiaro segno di voler tornare «alla logica degli Istituti, che si riteneva conclusa da anni».
Proprio su quest’ultimo punto si diffonde successivamente il messaggio del Presidente di ENIL Italia, ove si legge che «il secondo elemento negativo è il ricorso all’istituzionalizzazione conseguente, addirittura con l’istituzione di nuclei minimi di 20 persone in modo promiscuo e senza distinzione di tipologia di disabilità o di età, fino a 60 persone, creando un ambiente sfavorevole e dove è impensabile rispettare i diritti umani delle persone con disabilità o promuovere la loro inclusione sociale. Le stesse persone non potranno disporre di diritto di scelta e tantomeno di un buon livello di qualità della vita, perché avendo necessità ed esigenze diverse, saranno costrette a condividere spazi e condizioni non adeguati».
In sostanza, secondo ENIL Italia, quella Delibera appare «in totale contrasto con la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dal nostro Paese con la Legge 18/09 e con il Programma d’Azione biennale
sulla disabilità, presentato in luglio durante la Conferenza Nazionale
di Bologna», ed è «veramente grave constatare solamente dopo pochi
giorni dal Convegno di Jesi (Ancona) sulla Vita Indipendente [“Niente
su di Noi senza di Noi. Per una vita indipendente delle persone con
disabilità”, Jesi, 4 luglio 2013, all’interno della manifestazione “Equa la festa, diritti al futuro”; se ne legga anche nel nostro giornale, N.d.R.],
dove erano presenti funzionari regionali che affermavano l’intenzione
di voler applicare i princìpi della Convenzione e quelli relativi al diritto all’assistenza in forma indiretta
finalizzata alla Vita Indipendente, che tali diritti enunciati
venissero poi cancellati da quelle Delibera, firmata in pratica nella
settimana successiva».
Della Convenzione ONU, viene in particolare citato l’articolo 19 (Vita indipendente ed inclusione nella comunità), secondo il quale – vale sempre la pena ricordarlo – le persone con disabilità devono avere «la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere» e non devono essere «obbligate a vivere in una particolare sistemazione», oltre ad avere «accesso ad una serie di servizi a domicilio o residenziali e ad altri servizi sociali di sostegno, compresa l’assistenza personale necessaria per consentire loro di vivere nella società e di inserirvisi», impedendo che siano «isolate o vittime di segregazione». Infine, «i servizi e le strutture sociali destinate a tutta la popolazione» devono essere messe a loro disposizione, «su base di uguaglianza con gli altri» ed essere «adatte ai loro bisogni».
Della Convenzione ONU, viene in particolare citato l’articolo 19 (Vita indipendente ed inclusione nella comunità), secondo il quale – vale sempre la pena ricordarlo – le persone con disabilità devono avere «la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere» e non devono essere «obbligate a vivere in una particolare sistemazione», oltre ad avere «accesso ad una serie di servizi a domicilio o residenziali e ad altri servizi sociali di sostegno, compresa l’assistenza personale necessaria per consentire loro di vivere nella società e di inserirvisi», impedendo che siano «isolate o vittime di segregazione». Infine, «i servizi e le strutture sociali destinate a tutta la popolazione» devono essere messe a loro disposizione, «su base di uguaglianza con gli altri» ed essere «adatte ai loro bisogni».
Nel chiedere quindi con forza che «siano ripristinati al più presto sia il diritto di scelta che il diritto di uguaglianza
per le persone con disabilità, previsti dalla Convenzione ONU, dal
Programma di Azione biennale e dagli stessi princìpi della Costituzione
Italiana», il Presidente di ENIL Italia ricorda che tale organizzazione
«ha condensato queste stesse idee fondanti nel proprio Manifesto della Vita Indipendente
e che «secondo tali princìpi, la Vita Indipendente, per le persone con
disabilità, è il diritto di poter vivere proprio come chiunque altro,
con la possibilità di prendere decisioni riguardanti la propria vita e
di svolgere attività di propria scelta, con le sole limitazioni che
hanno le persone senza disabilità. Ciò comporta il diritto all’autodeterminazione
della propria esistenza, per affrontare e controllare in prima persona,
senza nessuna decisione esterna o di altri, il proprio quotidiano e il
proprio futuro. In definitiva: libertà nonostante la disabilità».
«Alla luce di questo documento e delle normative richiamate – conclude Tosi – è del tutto evidente che quella Delibera della Regione Marche è inaccettabile e in tal senso intraprenderemo ogni iniziativa possibile, appoggiando quelle che deciderà di avviare il Comitato Marchigiano per la Vita Indipendente, insieme alle altre organizzazioni presenti nella Regione, per arrivare all’abrogazione o al ritiro del provvedimento».
«Alla luce di questo documento e delle normative richiamate – conclude Tosi – è del tutto evidente che quella Delibera della Regione Marche è inaccettabile e in tal senso intraprenderemo ogni iniziativa possibile, appoggiando quelle che deciderà di avviare il Comitato Marchigiano per la Vita Indipendente, insieme alle altre organizzazioni presenti nella Regione, per arrivare all’abrogazione o al ritiro del provvedimento».
CADAVERE NEL CASERTANO FORSE UNA DONNA TROVATA DA UN BAMBINO
Cadavere col cranio sfondato nel Casertano
Il corpo in avanzato stato di decomposizione trovato nei pressi della stazione ferroviaria di Santa Maria Capua Vetere. Forse si tratta di una donna scomparsa a giugno
Un cadavere in avanzato stato di decomposizione,
forse di una donna, con la parte superiore del cranio parzialmente
sfondata, è stato trovato in nei pressi della stazione ferroviaria di
Santa Maria Capua Vetere (Caserta). Dai primi accertamenti del medico
legale la lesione potrebbe essere compatibile con una ferita da corpo
contundente. Sul posto gli agenti della polizia ferroviaria di Caserta e
del Commissariato di Santa Maria Capua Vetere.
Trovato da un bambino
- Il corpo, nascosto tra i cespugli e coperto da assi di legno in
un'area usata in passato come deposito, è stato scoperto da un bambino
che stava giocando a pallone insieme ad alcuni amici. Alla vista del
cadavere, il ragazzo è corso da un dipendente delle ferrovie piangendo e
indicando il punto del ritrovamento.
I vestiti di una donna scomparsa a giugno - Vicino al corpo, del quale restavano solo lo scheletro e pochi lembi di tessuto, c'erano un paio scarpe da ginnastica e una maglietta verde con le bretelle, simile a quella indossata da una donna di 50 anni scomparsa a giugno dal paese. Si pensa che il corpo appartenga proprio alla donna. Mentre non sono stati trovati i pantaloni. Il pm della Procura di Santa Maria Capua Vetere ha disposto il sequestro dell'area e i resti saranno portati all'istituto di medicina legale di Caserta per l'autopsia.
I vestiti di una donna scomparsa a giugno - Vicino al corpo, del quale restavano solo lo scheletro e pochi lembi di tessuto, c'erano un paio scarpe da ginnastica e una maglietta verde con le bretelle, simile a quella indossata da una donna di 50 anni scomparsa a giugno dal paese. Si pensa che il corpo appartenga proprio alla donna. Mentre non sono stati trovati i pantaloni. Il pm della Procura di Santa Maria Capua Vetere ha disposto il sequestro dell'area e i resti saranno portati all'istituto di medicina legale di Caserta per l'autopsia.
IN ARRIVO IL NUOVO FILM DI PAPA FRANCESCO CONTRO LA PEDOFILIA
In arrivo il film su Papa Francesco
l film sarà realizzato in Argentina, a vestire i panni del Papa sarà Rodrigo de la Serna.
E' in arrivo un film sulla vita di Papa Francesco. Il Pontefice in questi
primi mesi di Pontificato è riuscito ad accaparrarsi l'affetto dei fedeli e a
conquistare quello di migliaia di giovani, che negli ultimi tempi si erano
allontanati dalla Chiesa cattolica, travolta da un'ondata di scandali.
Papa Francesco col suo essere umile, buono e gentile è stato in grado di
portare avanti delle battaglie importanti, come quella contro la pedofilia all'interno
della Chiesa. Pochi giorni dopo il suo insediamento, infatti, Papa Francesco aveva
convocato una serie di cardinali che erano stati accusati di pedofilia e li ha
allontanati dal Vaticano.
Come non ricordare le chiamate spontanee fatte in questi mesi a
persone
bisognose che stavano vivendo un periodo difficile della loro vita.
Qualche giorno fa, per esempio, il Papa ha telefonato ad una donna
argentina
vittima di abusi sessuali da parte di un poliziotto, e l'ha invitata a
non
arrendersi e a non ritenersi sola.
E proprio in Argentina in queste ore si sta mettendo a punto la
sceneggiatura per il primo film su Papa Francesco che ripercorrerà le tappe
salienti della sua vita, dall'infanzia fino al momento dell'elezione avvenuta
lo scorso 13 marzo.
A vestire i panni di Papa Francesco ci sarà l'attore argentino Rodrigo
de la Serna. Il film si intitolerà "Storia di un prelato" e le riprese inizieranno il prossimo ottobre e il film sarà visibile a
partire da gennaio 2014.
E' QUESTO CHE VOLEVAMO ?
È questo che volevamo?
Abbiamo inseguito la libertà totale e ci troviamo immersi in un mondo
di dolore e di diffidenza. Il solito proclama apocalittico? Vediamo i
fatti.
Libero amore tra due persone che vogliono vivere insieme: tolti i
vincoli, della natura non della legge, che partendo dalla persona
precisavano che ci dovesse essere una dimensione senza fine, l’unica che
garantisse che i due fini della relazione – mutuo aiuto e procreazione-
non andassero persi, ci troviamo a dover lottare con femminicidi,
famiglie allo sbando, figli persi, bamboccioni, bambagioni, adolescenti
killer e così via.
L’amore trasformato in possesso, in soddisfazione persone, in
passione produce uomini violenti, fragili, incapaci di rinunciare, di
essere sconfitti, che preferisco dar(si) la morte che accettare il
dolore, che è parte della vita se non credi che l’esistenza sia una
sequenza di diritti personali senza alcun dovere. E donne che rinunciano
all’amore per scimmiottare uomini piccoli piccoli.
Questa degenerazione dell’amore da atto della persona, quindi con il
coinvolgimento di volontà ed intelletto e non solo istinto o emozione,
ha introdotto un nuovo fenomeno noto come pedofilia, cioè la passione
sessuale per quelli che rientrano ancora nella categoria di bambini. Ma
non è di questa depravazione che voglio parlare quanto del fatto che ora
il normale affetto di un adulto per un bimbo, che nella storia di ogni
civiltà è stato visto come un elemento di rispetto e di crescita, è
visto e giudicato come un possibile atto di pedofilia: il maestro che
accarezza l’alunno, il negoziante o il passante che aiuta il bambino
smarrito, l’aiuto che veniva offerto ad un piccolo al supermercato, sul
tram, per strada e del quale io piccolo ho beneficiato con fiducia oggi è
impossibile.
Non che in quegli anni “i mostri” come li chiamavano all’ora non
esistessero, e ci dicevano bene di stare all’erta, ma la fiducia verso
gli adulti era una delle certezze sulle quali costruire la nostra vita.
Uscire a cena con un figlio alla volta è un modo per stabilire una
relazione personale con ognuno di loro, eppure anche questa bella
abitudine viene insozzata dal sentire comune che, se maschera dietro un
“tutto e lecito” la presunta assenza di giudizio, in realtà giudica e
condanna eccome, fingendo di essere politically correct, e ti prende o
per un matricolate e attempato playboy, e questo ormai sia se esci con
la figlia che con il figlio, o per un padre separato a cena con la prole
senza la compagna. E personalmente entrambe le cose mi seccano assai.
Insomma tolto il senso della verità abbia raggiunto la perfetta
condizione di homo homini lupus, siamo riusciti a scatenare l’accusa
preventiva contro ogni situazione. È questo il mondo che desideravamo?
GB WILLIAM ROACHE ATTORE DI TV CORONATION STREET INCRIMINATO X PEDOFILIA
Gb: attore tv di "Coronation Street" incriminato per pedofilia
Londra, 3 set. - L'81enne attore inglese William
Roache, entrato nel Guinness dei primati per la carriera piu'
longeva del mondo nelle soap opera, e' stato incriminato per
violenza sessuale e atti osceni nei confronti di cinque
ragazzine. I fatti risalirebbero agli anni 60: l'attore,
famosissismo protagonista della serie tv "Coronation Steet", a
maggio era stato indagato per lo stupro di una 15enne e gli
atti osceni che avrebbero coinvolto quattro ragazzine tra gli
11 e i 16 anni.
Roache si e' dichiarato innocente e ha annunciato di essere
"profondamente inorridito" per le accuse. Dal 1960 interpreta
Ken Barlow nella soap "Coronation street", la piu' popolare e
premiata d'Inghilterra, ma il suo portavoce ha dichiarato che
Roache non apparira' in tv fino alla conclusione del processo.
03 settembre 2013
BRASILIANA : FORSE STRANGOLATA
Brasiliana forse strangolata
Brescia, segni sul collo dell'impiegata
Marilia Rodrigues Silva Martins, l'impiegata brasiliana trovata morta
venerdì nel suo ufficio in un'azienda a Gambara, nel Bresciano, potrebbe
essere stata strangolata. Dall'autopsia sarebbe emerso che la giovane
donna non è morta per le percosse ricevute alla testa e il cadavere
presentava profondi segni al collo.
BOLOGNA AFGHANO SEGREGA MOGLIE 16 ENNE E LE FA BERE DETERSIVO COME PUNIZIONE
Bologna, afghano segrega moglie 16enne e le fa bere il detersivo per pavimenti come punizione
Un 37enne è stato arrestato dopo che ha malmenato per strada la consorte che tentava la fuga
L'ultimo episodio di violenza domestica si è consumato a Bologna e ha per protagonisti due giovani afghani sposati con nozze combinate in patria. Da un mese e mezzo la moglie 16enne era arrivata in Italia e veniva tenuta prigioniera in casa. Il marito 37enne la teneva chiusa a chiave, la picchiava e la obbligava a bere detersivo per pavimenti quando lei disubbidiva.
La giovane ha tentato la fuga
lo scorso venerdì: è riuscita a scappare dall'abitazione e a recarsi in
stazione perché sperava di salire su un treno e di raggiungere un
parente all'estero. Il marito però, l'ha raggiunta e l'ha malmenata in
strada. La violenza è stata notata da un carabiniere che ha arrestato
l'uomo per maltrattamenti in famiglia e lesioni. Processato per direttissima, ha patteggiato un anno senza sospensione della pena ed è già in cella.
La donna invece, è stata ricoverata all'ospedale Sant'Orsola con una prognosi di quattro giorni. Su di lei però ci sono diversi dubbi. Pare infatti, che l'età dichiarata non corrisponda a quella indicata nel passaporto e all'esame auxologico.
La donna invece, è stata ricoverata all'ospedale Sant'Orsola con una prognosi di quattro giorni. Su di lei però ci sono diversi dubbi. Pare infatti, che l'età dichiarata non corrisponda a quella indicata nel passaporto e all'esame auxologico.
NON LO FA DORMIRE PAPA' FRUSTA LA FIGLIA A CROTONE
Non lo fa dormire: papà frusta la figlia
Crotone, l'uomo è stato arrestato. Ha picchiato anche la moglie
Salvatore Tiano, di 44 anni, disoccupato, è
stato arrestato dai carabinieri di Casabona (Crotone) per maltrattamenti
in famiglia. L'uomo ha frustato la figlia di otto anni con una cintura
perché non lo faceva dormire. Ma non solo, il 44enne ha anche colpito la
bimba con un vaso, rompendoglielo sulla testa. Tiano è accusato,
inoltre, di avere picchiato la moglie che stanca dei soprusi lo ha
denunciato ai militari.
La notizia di reato è
stata presentata alla Procura dai carabinieri che hanno sottolineato
come in quella casa le violenze fossero ripetute e costanti. I familiari
di Tiano - hanno dichiarato i militari - "vivevano in un clima di
insicurezza e paura".
Il gip del Tribunale di Crotone, Raffaele Mazzotta, ha emesso così
un'ordinanza di custodia cautelare che ha portato all'arresto dell'uomo.
La bambina, adessso, a causa delle frustate infertele dal padre, dovrà rimanere sotto osservazione e non guarirà prima di venti giorni.
La bambina, adessso, a causa delle frustate infertele dal padre, dovrà rimanere sotto osservazione e non guarirà prima di venti giorni.
UCCISE IL PADRE MENTRE STAVA SCRIVENDO IL LIBRO DI MEMORIE
Uccise il padre, stava scrivendo libro di memorie
Imperia - Stava prendendo appunti e avrebbe voluto scrivere un libro sulle violenze subite, il trentenne Gabriele Forino, che lo scorso agosto ha ucciso con oltre venti coltellate il padre Eliseo (64 anni) nella loro casa sulle alture di Ventimiglia.
L’omicidio sarebbe avvenuto al culmine di una furiosa lite,
tragico epilogo di un rapporto conflittuale ormai da parecchi anni,
appunto per via di una serie di presunti abusi sessuali commessi da
Eliseo nei confronti di Gabriele. A dare notizia del libro è stata la
mamma del giovane, Alba Giordana, che lo avrebbe aiutato a mettere insieme i vari appunti al computer,
abbozzando la prefazione: «Sono piccolo e a fatica comprendo il mondo -
avrebbe scritto Gabriele - Il mondo dei grandi è così diverso, perché
papà fa certe cose con me? Adesso da grande mi rivedo piccolo e ho
capito cosa il papà faceva, vorrei parlare con lui da uomo a uomo, ma
non posso. Ogni giorno penso come posso farlo...». Ancora: «Papà, perché mi hai violentato???
Ora un cane urla la sua rabbia, nel suo sogno di libertà si è svegliato
legato alla catena e bastonato si è accorto di quanto l’amore malato
del suo padrone lo renda schiavo...».
Nei confronti di Gabriele, il pubblico ministero Antonella Politi ha chiesto una perizia psichiatrica per stabilirne l’effettiva capacità di intendere e di volere.
ACCUSATO DI ABUSI SU MINORI PM VALUTANO RICORSO PER IL CARCERE
Accusato di abusi su minori,
pm valutano ricorso per il carcere
L'uomo, 63 anni, indagato per violenze su due
fratellini, ha il divieto di dimora nel Comune in cui sarebbero
avvenuti i fatti. "La Procura segue con attenzione casi del genere"I pm stanno valutando se fare ricorso al Riesame contro la mancata carcerazione del 63enne accusato di pedofilia nei confronti di due fratellini intorno agli 8 anni. Il giudice per le indagini preliminari, infatti, ha disposto la misura
cautelare del divieto di dimora nel Comune dove si sarebbero svolti i
fatti; a suo carico invece il pm che ha coordinato le indagini della
squadra Mobile aveva chiesto l'applicazione di una misura più pesante,
la custodia cautelare in carcere.Il procuratore aggiunto Massimiliano Serpi ha sottolineato come ''la
Procura segue con attenzione i casi del genere, e fa di tutto affinché
le indagini siano nei più brevi tempi possibili''.
VITTIME MADRI E SICARIE DI CIUDAD JUA'REZ
Le donne di Ciudad Juárez
Vittime, madri e sicarie
La guerra tra narcotrafficanti e gli omicidi sessuali
non hanno risparmiato nessuna famiglia
CIUDAD
JUÁREZ (Messico) — Al cimitero di San Rafael, a pochi chilometri da
Ciudad Juárez (città di confine con gli Stati Uniti, un milione e 300
mila abitanti) sono sepolti i cadaveri di 36 donne — diciotto delle
quali mai identificate— e 19 bambini, tutti vittime della guerra del
narcotraffico. Tra loro una studentessa di appena 16 anni, Rubi, uccisa a
febbraio da un sicario degli Zetas, il gruppo più aggressivo dei
Signori della droga: lo stesso che avrebbe poi provveduto ad eliminare,
dietro ordine del capobanda Hariberto Lazcano detto El verdugo,
il boia, la madre della ragazza, abbattuta a raffiche di mitra mentre
denunciava l’impunità dei banditi davanti al municipio di Chihuahua,
capoluogo della regione. Marzialmente definite chicas Kalashnikov
per l’arnese che portano sempre in spalla quando scendono sul sentiero
di guerra contro i sei gruppi armati dei narcotrafficanti, le amazzoni
messicane se le devono pure vedere con gli schieramenti interni: quale
il Cartello del Golfo, in perenne rivalità (talvolta cruenta) con la
compagine narco-militare degli Zetas. Per Hillary Clinton, i narcos sono
«un’insurrezione criminale», una bestiaccia nata o cresciuta grazie
anche al massiccio contributo degli Usa. Come dimostra il fatto che ogni
anno gli americani mandano in fumo 65 miliardi di dollari per
alimentare il mercato degli stupefacenti, marijuana, coca, eroina,
metanfetamine, provocando stordimenti e deliri di massa. Solo a Ciudad
Juárez vivono (o sopravvivono) 80 mila cocainomani.In questa insurrezione la signora Yaretzi, 27 anni, sposata con due figli, alla vita domestica dopo un intermezzo alla Scuola militare ha preferito quella di guerrigliera, di chica Kalashnikov.
In un’intervista in carcere sfodera tutto l’odio di cui era capace,
«perché alla scuola ti insegnano a non voler bene a nessuno, quando ne
esci hai il cuore di pietra. Del resto in Messico, morte è la parola
favorita». Schietta com’è, Yaretzi non nasconde un breve trascorso «come
puttana», ma è adamantina quando parla del suo impegno
politico-militare: «Signori non si nasce. Si diventa» scandisce con
fermezza. «Però mentre gli uomini lo fanno perché si divertono ad
ammazzare noi donne lo facciamo per il denaro. O almeno questo è il caso
mio. Dire che lo si fa per amore o per un ideale è una cazzata». Entrò
come recluta a 20 anni e il suo primo incarico, come per tutti i novizi,
è di lavare i pavimenti sporchi di vomito o sangue: quindi assumerà il
ruolo di Condor (stanare il nemico nei suoi nascondigli), poi quello di
Lince (che arresta e tortura) e infine «mi misi ad uccidere » diventando
sicario a tempo pieno insieme a ragazze così belle e «con unghie grandi
e affilate come coltelli che ispiravano pensieri inverecondi ».
Analizzando la situazione socio-politica di Ciudad Juárez,
Leobardo Alvarado, uomo di cultura che non ama la definizione di
intellettuale, ricorda che furono proprio le donne ad alzare la voce nel
’93/’94 quando la parola «femminicidio» non era stata ancora coniata.
«Questa—dice—era una città di almeno 10 mila orfani di guerra e di
giovani che non riconoscevano più i valori tradizionali della famiglia o
della Chiesa. Il ragazzino che finiva in carcere, vi trovava la
migliore università possibile del crimine e quando usciva veniva subito
arruolato dalla bande». Sempre più frequenti i delitti contro le donne:
25 le vittime nel 2007, 164 nel 2008 e 50 casi di
quest’anno. Bersagli prediletti degli assassini chi lavora in
organizzazioni per i diritti umani o chi, seguendo il messaggio
evangelico, soccorre vecchi, malati e gente ridotta in condizioni di
estrema povertà. Verdetto o punizioni non cambiano. La Redim (organismo
che si occupa dei diritti dell’infanzia) fa un bilancio agghiacciante
nel suo più recente rapporto, da cui emerge che 1300 minorenni sono
morti ammazzati negli ultimi quattro anni, mentre assomma a 27 mila la
folla dei tossicodipendenti. Non mancano poi episodi di contorno,
macabri, raccapriccianti: come quando i condannati a morte erano
costretti, prima dell’esecuzione, a coprirsi il volto con una maschera
raffigurante il muso osceno di un maiale. Lontano anni luce il Messico
glorioso, cupo e dolente di Pancho Villa, Madero, Zapata: anche se, per
quelli dalla mia generazione, l’unico vero volto di quest’ultimo rimane
quello ombroso di Marlon Brando
Molti villaggi nella zona sono listati a lutto. Bussiamo alla
casupola di Olga Alanis, dove sullo scaffale del tinello, accanto al
televisore, c’è la foto di sua figlia Monica, che avrebbe oggi 20 anni.
«Uscì di casa giovedì 26 marzo di due anni fa—racconta la madre senza
mai staccare gli occhi dal ritratto—e non l’abbiamo più vista. Quel
giorno mi telefonò per dirmi che sarebbe rientrata sul tardi e non
stessi in pensiero. A volte, all’ora di cena, metto ancora quattro
piatti in tavola, come se la porta dovesse spalancarsi da un momento
all’altro. Era una ragazza inquieta ma studiosa, le volevano tutti bene.
Come diciamo noi da queste parti, era povera e bella». Il marito, che
le siede accanto, ogni tanto la stringe forte alle spalle, come per
assecondarla nella speranza che sia ancor viva la sua bambina. Ma lui
non crede alle fate e nel suoi occhi c’è il riverbero della spaventosa
certezza che ha nel cuore, quando ci accompagna a vedere la stanzetta
della figlia, al primo piano. «L’abbiamo lasciata tale e quale il giorno
che è sparita!», sussurra. Il letto sfatto, i cuscini addossati alla
parete, i tre orsacchiotti che «le tenevano compagnia la notte». E
aggiunge: «Sento ancora la voce delle amichette che al mattino la
chiamavano dalla strada; dai, Moni, svegliati dormigliona ».
Sono circa 10 mila i desaparecidos in Messico, di cui la maggior
parte trova rifugio nel Texas e in California transitando
clandestinamente a El Paso, la frontiera con gli Stati Uniti. Questo era
anche l’obiettivo di Israel Arzate, 26 anni, scomparso da casa a fine
gennaio del 2012, ma non ce l’ha fatta. Dopo mesi di ricerche, la madre
riuscì a trovarlo in una caserma messicana dov’era detenuto sotto
l’accusa (mai provata) di aver preso parte al massacro di Villas de
Salvarcar (15 morti). «Quando l’ho visto— ha raccontato la donna— mi
s’è spezzato il cuore, l’avevano torturato brutalmente; i piedi
bruciati, i testicoli sanguinanti, la testa avvolta in una borsa di
plastica, sul petto i segni dalle sigarette spente dai soldati per
tenerlo sveglio. Ma più di tutto lo feriva la battutaccia velenosa dei
carcerieri quando gli dicevano: anche la tua mamma è in prigione,
ragazzo mio. Ma stai tranquillo, non le manca niente. Noi ce la facciamo
a turno giorno e notte».
Le prime donne a pronunciare la parola femminicidio, ricorda la
signora Imelda Marufo, un’autorità nel mondo accademico, furono due
docenti dell’Università, la professoressa Diana Russel e la sua collega
Marcela Lagarre: ma già da oltre 20 anni la catena dagli omicidi stava
sfoltendo la popolazione femminile dì Ciudad Juárez. All’origine della
mattanza, secondo gli esperti, un’incontenibile misoginia diffusa in
tutti i ceti sociali: le prime vittime, maggiorate fisiche con fiumi di
capelli neri, di bassa estrazione e disperatamente povere. Ma i delitti
si consumavano anche tra le pareti domestiche. Ed è più che amara la
conclusione di Imelda quando dice: «Le autorità non intervengono perché
la cosa non le interessa o, peggio ancora, perché sono personalmente
coinvolte in quei crimini». Chi faccia un salto alla fossa comune del
Panteón San Rafael, una trentina di chilometri fuori città, non potrà
sottrarsi a un profondo senso di sgomento, amarezza e perfino di paura.
Qui sono sepolti i morti che nessuno reclama, anche perché nessuno vuole
esporsi alla vendetta dei sicari responsabili della strage. Qualche
croce di marmo o di legno spunta qui e là sul tappeto di terra arida e
rossiccia, ma su poche, pochissime, trovi inciso un nome con le date di
nascita e di morte. Quasi per scusarsi di tanta negligenza, la nostra
guida ci ricorda un detto assai comune da queste parti: «Nella Valle di
Juárez anche il vento ha paura».
Nel camposanto di Guadalupe riposano quattro membri
della stessa famiglia, quella degli Amaya: Omar, sindaco della città,
ucciso nel 2006 a 33 anni, suo padre Apolonio, lui pure primo cittadino,
ucciso nel 2007 cinquantanovenne, Maria ed Aglae, madre e sorella di
Omar, di 57 e 29 anni, eliminate nel 2008 da mano ignota. «Ma tutti
sanno chi c’è dietro quella mano», commenta Ignacio Montea, il becchino,
che aggiunge, indicando un cumulo di terra fresco dove è stata appena
interrata una bara: «Come tutti, noi sappiamo chi ha fatto fuori i
quattro ragazzi che ho appena sepolto la settimana scorsa. Scriva pure
che qui il lavoro non manca ». A Ciudad Juárez e lungo la frontiera i
fucili non tacciono mai e si deve soprattutto alla frenetica attività
dei due gruppi meglio organizzati e costantemente riforniti di materiale
bellico (El Cártel del Pacifico e gli Zetas) se nel territorio del
Messico, avverte lo scrittore Charles Bowden, si stanno espandendo i killing fields di
cambogiana memoria. Sorprende che le autorità militari messicane
avessero inizialmente sottovalutato il fenomeno degli Zetas, che, per
loro, «non esistevano ». Anche il loro capo, Heriberto Lazoano, dato più
volte per morto negli ultimi due anni, è vivo e vegeto e ha trovato un
rifugio sicuro a Potosi.
L’ultima nostra passeggiata (o pellegrinaggio) in Messico è verso
il tempio della Santa Muerte, una piccola grotta scavata nella roccia e
a malapena illuminata dalle fiammelle delle candele. Hai netta
l’impressione che il tuo cammino terreno stia per finire qui. Quasi
nessuno parla. C’è solo quel tenue bisbiglio che senti in chiesa durante
le funzioni, nei momenti culminanti della cerimonia liturgica. La
caverna è quasi tutta occupata da un cupo presepe messicano, con
statuette della Madonna, che però indossa indumenti funerei e tiene la
falce; in una è più bianca dei ceri, un’altra veste una luminosa tunica
gialla, altre ancora sono fasciate da colori gentili come il celeste, il
verde primavera, il rosa dell’alba. La padrona di casa, signora Yolanda
Salazar, ricorda che possono accedere al tempio tutti coloro che
credono in Dio, siano essi cristiani, cattolici o d’altra fede. La porta
(che non c’è) è però severamente sbarrata per chi abbia un qualche
contatto col crimine organizzato. La signora Yolanda raccomanda ai
devoti di non mancare alla Messa solenne che si celebra ogni domenica
alla Santa Muerte, alle dodici in punto, a pregare per il «povero
Messico » che — diceva il dittatore Porfirio Diaz — ha la sfortuna di
essere «così lontano da Dio e così vicino agli Stati Uniti».
INDIA IL GURU FACEVA MEDITAZIONE IN CAMBIO DI SESSO
India, il guru faceva meditazione in cambio di sesso
Un guru indiano, Asaram Bapu, 72enne, è stato arrestato in India con
l'accusa di abusi sessuali contro una 16enne nel suo "ashram", i luoghi
di meditazione. Grazie ai suoi fedeli, il guru era riuscito per giorni a
sfuggire alla polizia che alla fine lo ha pizzicato. Secondo fonti
locali, la ragazza era entrata nell'ashram per ricevere delle cure e si è
opposta alle proposte sessuali del guru.
02 settembre 2013
MOLESTA 19 ENNE ALLA FERMATA DEL BUS ARRESTATO E SALVATO DAL LINCIAGGIO
Molesta diciannovenne alla fermata del bus, arrestato e salvato dal linciaggio
Vittima delle molestie alla fermata di viale di Tor Bella Monaca una 19enne. A finire in manette con l'accusa di violenza sessuale un 24enne di nazionalità romena
settembre 2013- Un romeno di 24 anni, già noto alle forze
dell'ordine, è stato arrestato dai carabinieri del nucleo operativo e
Radiomobile della compagnia di Frascati, dopo aver molestato una connazionale di 19 anni alla fermata del bus 20, a Tor Bella Monaca.
La ragazza, che stava aspettando il bus, accortasi del giovane che la
stava osservando dall'altra parte della strada, ha subito telefonato a
un'amica cercando di far desistere il connazionale da cattive
intenzioni. Dopo pochi istanti, la ragazza è stata sorpresa dal 24enne
che, dopo aver attraversato la strada, l'ha afferrata per un braccio
e ha iniziato a toccarla. La ragazza, con non poca difficoltà, è
riuscita a scappare in strada, attirando l'attenzione di una pattuglia
dei carabinieri in transito.
I militari, dopo un breve inseguimento a piedi, hanno fermato il
romeno che stava cercando di scappare per le campagne, prima che
potessero raggiungerlo i familiari della ragazza, giunti nel frattempo, intenzionati a farsi giustizia da soli.
Arrestato con l'accusa di violenza sessuale, il 24enne accompagnato in
caserma in attesa di essere processato con il rito per direttissima.
A VENEZIA E' CHOC PER MISS VIOLENCE
A Venezia è choc per Miss Violence
Incesto e violenza nel film di Avranas in concorso
VENEZIA- Choc alla Mostra di Venezia per uno
dei film oggi in concorso: Miss Violence del greco Alexandros
Avranas. Fa discutere e angoscia questa storia di violenza
fisica, sessuale e psicologica. Un nonno padrone e i nipotini di
chissà quale padre, se lui stesso o uno dei tanti uomini ai
quali vende la figlia Elena soggiogando tutti a cominciare dalla
moglie. Non c'è modo di ribellarsi al mix di incesto e dominio
assoluto. Ma la nipote di undici anni rompe la catena,
lanciandosi nel vuoto.
STUPRO LIBERO IN 13 GIORNI RIFORMA / AGGIORNAMENTO GIUSTIZIA ORA
Stupro, libero in 13 giorni. Riforma della Giustizia. Ora
Un immigrato irregolare egiziano avrebbe violentato un’operaia di Crema.
Benché la sua difesa ritenga che si sia trattato di un rapporto
sessuale volontario, non ci sono gli estremi per definirlo tale.
L’egiziano è stato arrestato e ha reagito con la forza contro i
Carabinieri. Accusato di violenza sessuale, lesioni personali aggravate e
resistenza a pubblico ufficiale, è stato incarcerato. Dopo appena 13 giorni
di custodia cautelare è stato scarcerato e trasferito agli arresti
domiciliari. E questo nonostante i Carabinieri, che lo hanno arrestato,
siano convinti che fosse in procinto di fuggire all’estero: aveva 1600
euro nel portafogli, al momento dell’arresto e della sua voglia di
fuggire ne aveva già parlato con suoi amici.Un atteggiamento incredibilmente garantista da parte della magistratura
italiana. Nell’era del ministro Kyenge sarebbe troppo facile (e a
tratti populista) fare un panegirico contro la violenza degli immigrati e
il lassismo delle autorità italiane nei loro confronti.
Dimentichiamoci, per un attimo, che stiamo parlando di un egiziano. Un
uomo più che sospetto di violenza sessuale, aggressione
e sicuramente colpevole di resistenza a pubblico ufficiale, molto
probabilmente in procinto di scappare, merita solo 13 giorni di
carcerazione preventiva (pardon: ora si chiama “custodia cautelare”). E tutto questo avviene in un Paese, l’Italia, che è nel mirino di Amnesty International, per l’abuso della carcerazione preventiva. Stride il confronto della durata di questi 13 giorni di custodia in carcere, con i 13 mesi scontati da Lele Mora,
in galera per tutto quel tempo senza un giudizio, dopo essere stato
accusato per reati che non includono né una violenza sessuale, né
un’aggressione fisica, né una resistenza a un pubblico ufficiale al
momento dell’arresto. Altro caso recente: per il crac del pastificio Amato, l’ex deputato dell’Udeur Paolo Del Mese,
dopo otto mesi di arresti domiciliari, è stato incarcerato in custodia
cautelare, nonostante l’età avanzata e le sue precarie condizioni di
salute.
Lele Mora e Paolo Del Mese non sono eccezioni
nell’iter della carcerazione in attesa di giudizio. Guardando ai dati
del 2012, su 66.685 persone detenute, ben 26.804 (il 40,1%) erano in
custodia cautelare. La media dei Paesi del Consiglio d’Europa è
inferiore al 30%. L’Italia è un caso anomalo. L’uomo accusato di
violenza sessuale (e lesioni aggravate e resistenza a pubblico
ufficiale) è dunque lui l’eccezione nel “sistema Italia”. C’è da
chiedersi, dunque, perché costituisca l’eccezione. Viene da pensare che
subentri un ragionamento classista: il ricco che evade
il fisco e procura belle ragazze ai Vip avrebbe “tutti i mezzi” per
fuggire e/o occultare le prove. Un uomo politico avrebbe “tutti i mezzi”
per depistare le indagini. Quindi “meritano” una lunga pena anche senza
giudizio. Il poveraccio che si limita a violentare una donna, non è
evidentemente considerato altrettanto pericoloso. Al massimo scappa di
casa e ne violenta un’altra. Che sarà mai? Abbiamo appena visto
approvare una legge apposita che punisce il reato di “femminicidio” (che
non si capisce perché sia una tipologia diversa rispetto
all’“omicidio”), ma la violenza carnale, evidentemente, è considerata ancora come una reato di seconda categoria. Così subendo, però, a noi comuni mortali cittadini resta un’incertezza in più nell’incertezza generale. Sappiamo che i processi sono lunghissimi,
che la custodia cautelare può durare anche più di un anno, anche se poi
risulta che siamo innocenti. Però, a questo punto sappiamo anche che,
se siamo sospetti di evasione fiscale o di reati economici o di tangenti
(quanto mai se procuriamo ragazze ai Vip!), veniamo preventivamente
puniti in modo molto più severo rispetto a un uomo sospetto di stupro
che aggredisce pure i Carabinieri. Ci conviene diventare violenti, a
questo punto?
INSTALLAZIONE DI ALLARMI ANTIABBANDONO SULLE AUTOMOBILI
Ministro dei Trasporti: Installazione di allarmi anti abbandono sulle automobili
Mi chiamo Maria
Ghirardelli, ho 43 anni e vivo a Esine, un paese della provincia di
Brescia. Sono un medico d'urgenza-emergenza e madre di tre bambini. Come
molti milioni di italiani sono stata tremendamente turbata dalla
tragedia del piccolo Luca di Piacenza, abbandonato in auto dal padre,
per un tragico errore della memoria.
Ho pensato che incidenti come questo possono capitare in condizioni di forte stress a qualsiasi genitore e la prova è che purtroppo esistono numerosi casi identici a quello accaduto in Italia in tutto il mondo.
Ho immaginato un dispositivo semplicissimo da introdurre nell'apparecchiatura elettronica standard di qualsiasi nuova autovettura che determini un segnale di allarme se viene attivato il comando di chiusura mentre una cintura è ancora allacciata e il sensore di peso segnala una presenza. Questo banale accorgimento eviterebbe al genitore di dimenticare il bambino, magari assopito sul seggiolino sul sedile posteriore. In questo modo sarebbe impossibile dimenticare un bambino in auto.
Il mio potere di sensibilizzazione è quello di una persona qualsiasi e non ho alcun conflitto di interessi nel lanciare questa proposta.... soltanto il desiderio che non accada mai più che un bambino muoia in questa maniera.
Per questo ho lanciato questa petizione online rivolta al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi affinché favorisca una modifica del codice della strada in tal senso (art.172 che regolamenta il trasporto dei bambini in auto).
Antonio Tajani, Vice Presidente della Commissione Europea, mi scrive per informarmi che "La Commissione europea si accinge ad iniziare, come previsto, la revisione della normativa sulla sicurezza connessa al regolamento (CE) n. 661/2009 sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore [...]. In questo contesto intendiamo anche tener conto del problema da Lei esposto, per identificare se, alla luce delle nuove tecnologie per la sicurezza, esistono soluzioni tecnicamente possibili, affidabili ed effettive. [...] Questo, affinché i bambini siano meno esposti al rischio di essere lasciati nei veicoli in tali pericolose condizioni da chi si prende cura di loro. Dal nostro punto di vista sosterremo una stretta cooperazione in questo ambito."
Ho pensato che incidenti come questo possono capitare in condizioni di forte stress a qualsiasi genitore e la prova è che purtroppo esistono numerosi casi identici a quello accaduto in Italia in tutto il mondo.
Ho immaginato un dispositivo semplicissimo da introdurre nell'apparecchiatura elettronica standard di qualsiasi nuova autovettura che determini un segnale di allarme se viene attivato il comando di chiusura mentre una cintura è ancora allacciata e il sensore di peso segnala una presenza. Questo banale accorgimento eviterebbe al genitore di dimenticare il bambino, magari assopito sul seggiolino sul sedile posteriore. In questo modo sarebbe impossibile dimenticare un bambino in auto.
Il mio potere di sensibilizzazione è quello di una persona qualsiasi e non ho alcun conflitto di interessi nel lanciare questa proposta.... soltanto il desiderio che non accada mai più che un bambino muoia in questa maniera.
Per questo ho lanciato questa petizione online rivolta al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi affinché favorisca una modifica del codice della strada in tal senso (art.172 che regolamenta il trasporto dei bambini in auto).
Antonio Tajani, Vice Presidente della Commissione Europea, mi scrive per informarmi che "La Commissione europea si accinge ad iniziare, come previsto, la revisione della normativa sulla sicurezza connessa al regolamento (CE) n. 661/2009 sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore [...]. In questo contesto intendiamo anche tener conto del problema da Lei esposto, per identificare se, alla luce delle nuove tecnologie per la sicurezza, esistono soluzioni tecnicamente possibili, affidabili ed effettive. [...] Questo, affinché i bambini siano meno esposti al rischio di essere lasciati nei veicoli in tali pericolose condizioni da chi si prende cura di loro. Dal nostro punto di vista sosterremo una stretta cooperazione in questo ambito."
STALKING CARTELLI OFFENSIVI CONTRO LA EX
Stalking:cartelli offensivi contro la ex
Su segnali stradali con foto e offerte sessuali, indagano i Cc
RIMINI - Ha tappezzato Rimini e Santarcangelo
di cartelli offensivi contro la sua ex: ora i carabinieri stanno
raccogliendo elementi per avviare una mirata indagine per
stalking. E' accaduto a Santarcangelo, nel Riminese, dove una
donna ha trovato su cartelli della segnaletica stradale delle
sue foto, stampate su fogli A4, con frase relative a offerte di
prestazioni sessuali. Analoghe affissioni sono state fatte a
Rimini. La donna ha riferito ai Cc di essere perseguitata da
tempo dall'ex compagno.
PICCHIANO EDICOLANTE 3 MINORI ARRESTATI
Picchiano edicolante, 3 minori arrestati
L'uomo li aveva invitati a restituire gli occhiali portati via
MARINA DI MASSA (MASSA CARRARA) Hanno
riempito di calci e pugni un edicolante che li aveva sorpresi a
rubare tre paia di occhiali da sole: tre ragazzini, due di 16
anni e uno di 17, sono stati arrestati dai carabinieri di Massa
con l'accusa di rapina impropria. I tre ragazzini, dopo una
serata di bagordi, avevano dormito qualche ora in spiaggia, poi
hanno messo a segno il furto. L'edicolante li ha invitati a
posare la merce ma per tutta risposta i giovani si sono
avventati contro l'uomo.
DENISE : MADRE CHIEDE AIUTO AL PAPA
Denise: madre chiede aiuto al Papa
Nel nono anniversario della scomparsa, figlia mia dove sei
MAZARA DEL VALLO (TRAPANI), 1 SETT - ''Chiedo al
nostro Papa di intervenire per favorire le iniziative volte alla
ricerca dei minori scomparsi che attendono solo una forte spinta
per poter essere avviate''. Lo scrive in una lettera al Papa,
Piera Maggio, madre di Denise Pipitone, nel nono anniversario
della scomparsa della bimba da Mazara del Vallo che, quando fu
rapita l'1 settembre 2004,doveva ancora compiere 4 anni.''Denise
dove sei, dove ti hanno portata, quando ti riabbraccerò?'' si
chiede la donna.
LA LETTERA DELLA MAMMA
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