Bambini sfruttati fino alle lacrime ed al sangue perché quando a lavorare sono i minori le multinazionali dilatano i guadagni
Quando si parla di lavoro minorile non
 si può far a meno di pensare alla Cina. Ma non è l'unica realtà 
mondiale, anzi ce ne sono altre forse peggiori. Ed in fondo... è davvero
 solo la struttura della nazione che obbliga a sfruttare i suoi figli, o
 sono altre le cause scatenanti tale fenomeno? Arrivando a sommare i 
fattori col ragionamento, non si può fare a meno di capire che se un 
piccolo essere umano viene costretto a lavorare, spesso per più di 14 
ore al giorno, la causa va ricercata anche del fabbisogno 
internazionale. Quindi una delle ragioni del fenomeno "sfruttamento 
minorile" deriva dalle multinazionali che necessitano di soddisfare le 
esigenze degli uomini, uomini che pretendono di indossare un determinato
 capo di abbigliamento o gioiello per credersi uguali o migliori di 
altri, e questo permette all'azienda di guadagnare per arricchire i soci
 proprietari ed i vari dirigenti senza scrupoli. In poche parole se 
tanti bimbi restano culturalmente sotto sviluppati, se tanti bimbi 
muoiono mentre lavorano per ingrassare i colossi mondiali, non è solo 
colpa delle multinazionali ma anche nostra che ne seguiamo la linea. Di 
noi esseri comuni che facciamo dell'apparenza il primo obiettivo in 
grado di darci quella sicurezza mentale che pare mancarci quando ci 
troviamo ad essere esternamente diversi dalla "massa". Capita così che 
mentre acquistiamo un paio di scarpe da 200 e più euro, di quelle tanto 
ben reclamizzate che i giovani bramano di indossare, non ci venga 
neppure in mente che siano state cucite da una ragazzina cinese di 
dodici anni e che questa abbia "guadagnato" circa 80 centesimi di euro 
per finirle a dovere.
E non è una cavolata quanto ho 
scritto perché "Nike", "Timberland" e "Puma", i marchi più gettonati 
degli Stati occidentali, sono le multinazionali che pagano dagli 80 ai 
90 centesimi ai ragazzini che finiscono la loro scarpa. E' chiaro che ai
 dirigenti di questi colossi poco importa chi la incolla, chi la cuce, è
 chiaro che preferiscono pagare dai 6 agli 8 euro a paio ai campioni 
dello sport, del calcio, che invoglieranno i nostri ragazzi ad 
acquistarle. Ma non solo le scarpe di marca e non solo l'occidente viene
 coinvolto nel meccanismo macabro del lavoro minorile. Anni fa il 
quotidiano "La Repubblica" ci fece sapere come funzionavano gli affari 
in Asia. Nell'articolo venne inserito quanto visto da due giornalisti 
cinesi, Yan Liang e Lu Zheng, che erano riusciti ad infiltrarsi in un 
distretto dell'industria tessile della contea di Huahu dove il lavoro 
minorile era, ed è ancora oggi, la regola. Lì ebbero a che fare con Yang
 Hanhong, un piccolo imprenditore che reclutava operai dal suo villaggio
 natale. Allora aveva 12 minorenni alle sue dipendenze. Il suo 
investimento in capitale consisteva nell'acquistare forbici e aghi con 
cui i ragazzini tagliavano e cucivano le rifiniture dei vestiti. Ecco 
quanto scrissero: "La maggior parte di questi bambini soffrono di 
herpes per l'inquinamento dei coloranti industriali. Con gli occhi 
costretti sempre a fissare il lavoro degli aghi, tutti hanno malattie 
della vista. Alla luce del sole non possono tenere aperti gli occhi 
infiammati. Lamentano mal di testa cronici. Liu Yiluan, 13 anni, non può
 addormentarsi senza prendere 2 o 3 analgesici ogni sera, ed il suo 
padrone si lamenta perché dice che gli costa troppo in medicinali 
Quanto accade in Cina accade in 
Vietnam, la nuova terra libera delle multinazionali, come in ogni altro 
paese asiatico. Ed il lavoro non finisce mai alla fine del turno perché 
una buona percentuale di ragazzini e ragazzine subiscono anche violenze 
sessuali all'interno delle fabbriche. La legge in quegli Stati non 
prevede altro che una multa di mille euro per le industrie che si 
scoprono far lavorare minorenni, ma tali industrie sono composte anche 
da trentamila, quarantamila dipendenti, ed il controllo dei minori, 
chiaramente in nero, non è la priorità delle istituzioni che lasciano il
 tutto in mano a funzionari corrotti. La stessa cosa capita in India ad 
esempio. Lì i bambini vengono mandati nei campi di cotone e costretti a 
lavorare dalle 12 alle 16 ore al giorno. Le aziende interessate dal 
fenomeno sono la "Unilever", la Bayer, la "Advanta" e altre ancora. 
Tutte sanno bene che nello Stato indiano ci sono almeno 450.000 
ragazzine sfruttate per poter stare nel prezzo finale dalle stesse 
multinazionali stabilito, anche mille volte inferiore al prezzo che le 
stesse stabiliranno per la vendita, ma nessuno pone rimedio a questo 
massacro che costringe le bimbe indiane a non andare a scuola, a vivere 
nei soprusi, a crescere sapendo di non avere futuro.
Però sbaglieremmo a pensare che 
solo L'Asia sia interessata a questo fenomeno perché non è vero. A 
leggere in modo corretto tutte le informazioni ci accorgiamo che 
l'America è stato il primo continente che sfruttava appieno il lavoro 
minorile. Il fenomeno è oggi largamente diffuso in Guatemala, dove i 
bambini sono grandi raccoglitori di caffè, in Ecuador, dove riempiono 
scatoloni di banane, ma anche in Argentina non si scherza ed i ragazzini
 tagliano mattoni, raccolgono uva e patate. Per far questo nella 
stagione dei raccolti abbandonano la scuola. Ma una fetta enorme di 
ragazzini è destinata a lavorare per strada. In Sud America solo i 
minori distribuiscono la guida telefonica, ed è la maggiore industria 
spagnola di telefonia che controlla il mercato argentino delle 
telecomunicazioni, e solo i minori fanno ancora i lustrascarpe e gli 
strilloni addetti a vendere i quotidiani di tutte le più importanti 
testate giornalistiche. E fino ai primi decenni del 1900 questo capitava
 anche nel nord degli Stati Uniti. Era una situazione talmente tollerata
 che venivano riprodotte scene identiche anche nei film di Hollywood; 
chi di voi non ricorda i bimbi che stazionavano agli angoli delle strade
 urlando di acquistare un determinato giornale? Ma non era la sola piaga
 perché i bambini in quegli anni erano impiegati anche nelle industrie. 
Poi una legge, appositamente creata per combatterla, invece di risolvere
 il problema lo spostò. Infatti le multinazionali cambiarono sede 
creando nuovi stabilimenti al sud, in quegli stessi Stati che avevano 
perso la "guerra di secessione", guerra voluta da  Abraham Lincoln per 
abolire la schiavitù e per unire l'America in una unica confederazione, 
ed erano stati i promotori della "Tratta degli Schiavi", una "industria"
 florida che pagava spedizioni navali per "catturare" i negri 
dall'Africa e venderli a chi aveva i campi di cotone.
Ma ora anche la stessa Africa 
sfrutta i minori. A causa delle continue guerre il numero degli orfani 
aumenta ogni anno a dismisura, questo rende facile il reclutamento dei 
bambini che vengono inviati a legioni irregolari di soldati, armati e 
costretti a sparare. Ma non ci sono solo i bambini soldato e ne muoiono 
di più nelle miniere dove, in cunicoli stretti e non adatti agli uomini,
 i piccoli si inseriscono per scavare e raccogliere diamanti ed altri 
minerali. Oltre un milione di orfani africani si dividono l'onere della 
schiavitù ed ogni giorno cercano oro sui letti dei fiumi, sparano alla 
popolazione inerme o alle bande nemiche, vengono venduti a scopo 
sessuale, in Tanzania il 65% delle minorenni è avviato alla 
prostituzione. I più fortunati lavorano nei campi, i più sfortunati in 
miniera. In Sierra Leone a dieci anni i bambini sono già idonei per 
lavorare nelle cave e trasportano pesanti sacchi di ghiaia e sabbia 
sulla testa. I più piccoli e magri vengono mandati all'interno della 
terra a raccogliere diamanti, e guai se un minimo esemplare di queste 
pietre resta impigliato nelle loro tasche perché il rischio che 
comporterebbe alla loro vita sarebbe enorme. E tutte le "Gemme" raccolte
 in Sierra Leone ed in Tanzania arrivano sul mercato occidentale e sono 
destinate ad abbellire le mani ed il collo di donne facoltose. E mentre 
in Africa chi non muore nei cunicoli percepisce un salario di 2 dollari 
al mese, "Tiffany", la maggiore industria del settore che ha gioiellerie
 in ogni città del mondo con saloni di vendita extralusso a Parigi, New 
York e Londra, paga milioni di dollari affinché i diamanti provenienti 
dall'Africa vengano indossati, è la pubblicità che fa vendere, dai personaggi più famosi del mondo.
Quindi gli scheletri ora sono 
all'aperto, basterà smettere di acquistare scarpe abiti e gioielli dalle
 maggiori multinazionali mondiali per eliminare una piaga che non si 
riesce a debellare? Forse sì o forse no, di certo qualcosa anche ognuno 
di noi può fare, può sensibilizzare gli amici e i conoscenti denunciando
 quanto capita a milioni di bimbi. Non servono molte parole, a volte 
anche una foto fatta a modo può bastare e farci riflettere. Tanti sono i
 fotografi che girano il mondo e denunciano con le immagini. Uno è Steve
 Mc Curry,  che ha immortalato in quadri d'autore i bambini costretti a lavorare. 
Ed a guardarli vien voglia di dire "basta!". Ma facile è il dirlo e 
difficile è il cercare di convincere i tanti che sulla loro pelle creano
 ed ammassano milioni di dollari... in fin dei conti, mancando la 
volontà degli Stati, solo loro possono far qualcosa per quei bimbi.
 


 
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