India, il computer nel muro
che insegna ai bambini
A New Delhi i pc collegati a Internet installati negli slum hanno permesso ai ragazzi di apprendere senza professori
A piedi scalzi davanti al computer incassato nel muro, lo sguardo
serissimo, Mukesh sta cercando di dirigere la piccola freccia del mouse
sulla cifra 8. La macchina parlante gli ha appena chiesto l’età.
È la prima volta che viene al chiosco informatico di «Hole in the
Wall», Buco nel muro, situato in un quartiere povero di New Delhi. Il
progetto è nato 13 anni fa dalla mente dell’indiano Sugata Mitra,
inventore di un metodo pedagogico autodidatta dedicato a quei Paesi dove
il «digital divide», la differenza d’accesso al digitale si sta
allargando sempre più.
L’idea è che i bambini possono imparare da soli grazie alle
tecnologie informatiche. Un computer collegato a internet non solo
sostituisce l’insegnante, ma dà anche risultati migliori perché stimola
automaticamente la creatività dei giovani cervelli. Con questo concetto,
considerato rivoluzionario, il pedagogo Mitra si è aggiudicato un
premio di un milione di dollari messo in palio da Ted, l’organizzazione
no profit americana che, con piccoli eventi locali, promuove le menti
più innovative del pianeta.
Il «Buco nel muro» del rione di Madangir, dove non è ancora arrivata
la nuova metropolitana di Delhi né i luccicanti centri commerciali, è
una delle 70 stazioni di autoapprendimento infantile create nella
capitale indiana. La maggior parte sono in aree degradate o negli slum,
una è dentro il riformatorio. A livello nazionale ce ne sono circa 200,
soprattutto nelle campagne dove non ci sono neppure elettricità e
gabinetti.
Il prodotto-chiosco, che è stato brevettato, ha avuto successo anche
all’estero. «Abbiamo aperto 100 punti nel Bhutan, il remoto regno
himalayano famoso per aver inventato la felicità lorda interna» dice
Purnendu Hota, uno dei ricercatori del team di Mitra che nel 1999 piazzò
per gioco un Pc nel muro che divideva da una baraccopoli la prestigiosa
scuola Niit (la fucina degli informatici indiani) dove insegnava.
Scoprì così che dopo poche ore i monelli dello slum sapevano muovere il
mouse e dopo poche settimane avevano imparato a usare il computer senza
alcuna guida, solo aiutandosi a vicenda.
Da allora Mitra ha avviato una serie di esperimenti in tutto il mondo
e ha sempre trovato conferma alla sua tesi della «minimal invasive
education», l’educazione minimamente invasiva. Nel 2010 è stato anche in
una classe elementare di Torino dove ha dimostrato che con l’aiuto di
un programma software gli scolari imparavano l’inglese.
L’affascinante storia del «Buco nel muro» è stata raccontata in un
libro dello stesso Mitra (tradotto in italiano) e in un documentario
codiretto da Gill Rossellini, il figlio adottivo del regista Roberto
scomparso nel 2008. E ha ispirato il libro del diplomatico indiano Vikas
Swarup «Le Dodici Domande», dal quale è stato tratto il film «The
Millionnaire» dedicato al genietto dello slum di Mumbai che vince un
celebre quiz a premi.
«Il mio più grande desiderio è rimodellare il futuro
dell’insegnamento. Non voglio degli esseri che siano soltanto pezzi di
ricambio di un grande computer umano» è il leit motiv del professore
indiano, che dal 2006 insegna all’Università di New Castle nel Regno
Unito.
Oggi la facile disponibilità di internet veloce ha rafforzato le sue
convinzioni. Il «buco» può diventare una finestra sul mondo intero. Il
prossimo passo sarà creare un laboratorio virtuale, battezzato «School
in the Cloud», scuola nella nuvola, che sarà finanziato con il ricco
premio. Utilizzando la «nuvola informatica», il pedagogo intende
introdurre in India un nuovo sistema educativo in cui gli allievi
imparano e interagiscono con un network di insegnanti on line. E’ ciò
che aveva sperimentato con le «nonne inglesi» un po’ di anni fa. Il
progetto, chiamato «The Granny Cloud», la nuvola delle nonne, utilizzava
delle pensionate che volontariamente dedicavano alcune ore della
giornata a parlare in inglese via Skype con bambini disagiati in India.
Intanto, a dare una mano a Mukesh, che sembra davvero il piccolo
vagabondo della pellicola di Danny Boyle, è arrivata una giovane donna,
Reshma, la «custode» dei quattro computer del chiosco aperto dalle 10
alle 18. Ma il bambino ha già capito intuitivamente come usare i tasti
di metallo che fanno muovere il cursore.
Fonte la Stampa
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